Il 20 maggio, a Tokyo, è mancato il p. Adolfo Nicolás, già Preposito Generale della Compagnia di Gesù dal 2008 al 2016. Dopo il padre Pedro Arrupe (1965-83) e il padre Peter-Hans Kolvenbach (1983-2008), è stato il terzo Generale dei gesuiti nel periodo successivo al Concilio Vaticano II, periodo di profondo aggiornamento e rinnovamento della Chiesa universale e quindi anche della vita religiosa, tanto che si comincia a definirlo il tempo della “Terza Compagnia”, dopo la “Prima Compagnia” da sant’Ignazio alla soppressione nel 1773, e la “Seconda Compagnia” dalla restaurazione nel 1814 fino al Concilio Vaticano II.
Un’esperienza internazionale
Il p. Nicolás era europeo, ma, dopo la prima “formazione”, aveva trascorso tutta la sua attività apostolica nelle “missioni extraeuropee”, come era avvenuto già per i suoi due ultimi predecessori: Arrupe in Giappone, Kolvenbach in Libano. Infatti il p. Adolfo – nato a Palencia (Spagna) nel 1936, entrato in noviziato nel 1967, ordinato sacerdote nel 1967 – era stato inviato in Giappone già durante gli studi e vi aveva esercitato vari servizi, sia pastorali sia di insegnamento della teologia ed era stato Provinciale. Poi, passato nelle Filippine come Direttore dell’Istituto Pastorale dell’Estremo Oriente a Manila, vi aveva anche ricoperto la carica di Presidente della Conferenza dei Provinciali gesuiti dell’Asia Orientale e dell’Oceania.
Avendo partecipato ad una delle Congregazioni “dei Procuratori” ed avendo svolto egregiamente il servizio di Segretario della Congregazione Generale XXXIV (1995), a cui era stato eletto, la sua figura era diventata familiare e assai apprezzata da molti gesuiti a livello internazionale, cosicché la sua elezione a Generale nella Congregazione Generale XXXV, che aveva accettato le dimissioni del P. Kolvenbach, non fu una grande sorpresa.
La sua personalità cordiale, aperta e amichevole nei rapporti con i confratelli e con tutti, la sua vasta conoscenza della Compagnia di Gesù sparsa nel mondo, la sua esperienza del mondo contemporaneo e in particolare del dialogo con le culture dell’Asia, accompagnata da un’approfondita riflessione teologica e pastorale, lo fecero scegliere dai gesuiti come la persona giusta per guidarli nella loro missione di evangelizzazione, pur avendo già superato la soglia dei 70 anni.
Il suo generalato, in confronto a quello dei predecessori, è stato quindi relativamente breve (poco più di 8 anni). Pur essendo eletto a vita, come tuttora avviene per tutti i Generali dei Gesuiti, analogamente ai suoi predecessori aveva previsto di presentare le sue dimissioni in modo che, svolgendo tutta la non breve procedura dovuta, esse potessero venire accolte da una nuova Congregazione Generale intorno al suo 80° anno di età.
Così è infatti avvenuto nel 2016, quando è stato eletto l’attuale Generale, p. Arturo Sosa, ed è stata prova di grande saggezza perché, negli ultimi tempi, egli aveva percepito chiaramente i primi segni di quella senescenza che si è poi gradualmente aggravata in questi ultimi anni, trascorsi nuovamente nelle Filippine e infine nella residenza dei gesuiti anziani in Giappone.
Tutti i gesuiti, in particolare quelli che hanno avuto modo di collaborare con lui più da vicino, ricordano il p. Nicolás con grande affetto e simpatia: lo hanno sentito vicino e fraterno. Il suo stile di vita e di rapporti appariva più accattivante di quello un po’ “monacale” del p. Kolvenbach. Il suo sguardo era sempre sorridente e il suo buon umore preveniva il nascere di tensioni non necessarie anche quando i problemi erano seri. Insomma, dai comportamenti e dalle parole traspariva una saggezza umile e serena e il suo modo di governare tendeva a favorire la partecipazione e la corresponsabilità dei suoi collaboratori, lungi da ogni forma di centralismo dirigistico.
Universalità e profondità
Nella memoria dei suoi confratelli, le due parole chiave dei discorsi che rivolgeva loro rimangono: “universalità” e “profondità”. Esprimono bene la larghezza degli orizzonti della missione di evangelizzazione e il dovere di rifuggire da ogni superficialità e formalismo nell’impegno spirituale, culturale, apostolico. Effettivamente si può dire che queste due parole abbiano ispirato l’opera del p. Nicolás. Le sue indicazioni sulla vita religiosa e le osservazioni sui limiti e le manchevolezze nel comportamento dei confratelli erano concrete, pertinenti e coraggiose.
Nell’azione come Generale, il p. Nicolás si è impegnato in particolare nella riorganizzazione delle strutture di governo della Compagnia, non solo tenendo conto della riduzione del numero dei religiosi, ma ancor più per rendere possibili il discernimento e le risposte apostoliche adatti alle nuove dinamiche e domande del mondo in via di “globalizzazione”, superando confini tra province e nazioni e vivendo la Compagnia di Gesù – quale dev’essere fin dalle origini – come un unico corpo apostolico al servizio del Vangelo e della Chiesa, sotto la guida del papa.
Naturalmente si dovrebbero ricordare molti altri aspetti del generalato del p. Nicolás, come il suo impegno per rispondere efficacemente alla crisi degli abusi sessuali, che ha toccato anche i gesuiti, e come la sua cura nel favorire il corretto e sincero “sentire nella e con la Chiesa” dei suoi confratelli. Né vanno dimenticati il suo ruolo apprezzato alla vicepresidenza e poi alla presidenza dell’Unione dei Superiori Generali e le sue partecipazioni ai Sinodi dei vescovi.
Il “papa bianco” e il “papa nero”
Ma il motivo principale per cui il periodo di governo del p. Nicolás passerà certamente alla storia è che, durante esso, un gesuita è stato eletto papa: Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco.
Si è trattato di una situazione assolutamente inedita e, diciamo pure, imprevista. Il modo in cui si sarebbe sviluppata non era per nulla scontato, anche perché – com’è noto –, in anni passati, l’itinerario del nuovo papa in rapporto al suo ordine religioso non era stato completamente sgombro da ombre di attrito. Ebbene, non solo l’atteggiamento del nuovo papa rispetto alla Compagnia di Gesù è stato subito, fin dall’inizio, pienamente cordiale e incoraggiante, ma ha trovato immediatamente nel p. Nicolás la sponda pronta e totalmente disponibile per accoglierlo e rispondervi nel modo più pieno e costruttivo. L’immagine dell’abbraccio fra Bergoglio e Nicolás, il “papa bianco” e il “papa nero”, in occasione del loro primissimo incontro lascia trasparire la sincerità di un affetto umano ed ecclesiale intenso e senza incrinature.
La qualità di questo rapporto si è conservata nel corso del tempo, così come la volontà del p. Nicolás di corrispondere alle attese del papa. Non si dovrà dimenticare quanto questo sia stato importante per i gesuiti che, in decenni precedenti, avevano vissuto passaggi non sempre tranquilli nel rapporto con il papato. Perciò i membri della Compagnia di Gesù ricorderanno sempre con gratitudine e con amore la bella figura del loro 30° Superiore Generale, loro modello nella gioia nell’annunciare il Vangelo, nel riconoscere la presenza e l’opera di Dio nelle profondità della storia, fino ai confini del mondo.