Quando, il 21 dicembre scorso, è morto Alberto Asor Rosa, immediatamente mi sono ricordato di un suo libro che, nel 1992, mi aveva interpellato: Fuori dall’Occidente ovvero Ragionamento sull’Apocalissi, Einaudi: è un libro scritto dopo la prima guerra del Golfo e quindi, evidentemente, datato, ma che in molte pagine ci riserva, ancora oggi, profezie indispensabili per orientarci nelle gravi difficoltà esistenziali e impossibilità interpretative del presente.
Asor Rosa ci dice come, già nel 1991, l’Occidente assumesse la presunzione totalitaria di governare il mondo, che – caduto il muro di Berlino e il regime comunista sovietico – era ridiviso tra chi stava con l’Occidente e chi era fuori dall’Impero, dal mercato, dalla modernità e dall’unico mondo degno di essere considerato civilizzato.
Complici di una guerra che non si presentava come un conflitto tradizionale, ma come una punizione genocida di chi simbolicamente sarebbe venuto a rappresentare, in seguito, tutti i popoli vinti ed esclusi, erano, non solo l’Europa, ma tutti i popoli che, anche senza partecipazione effettiva all’operazione di polizia internazionale, si identificavano con l’Occidente. Trentacinque Stati, con la benedizione delle Nazioni Unite, componevano l’alleanza occidentale.
Complice fu la sinistra al potere in Europa, ma altrettanto complice fu la sinistra che avrebbe dovuto stare all’opposizione, ma che, invece, ammutolì fino a scomparire, più tardi, dalla scena politica.
È un evento di grande rilevanza la prima guerra del Golfo. Chi non si sarebbe identificato con l’Occidente, sarebbe stato considerato nemico e terrorista: si sarebbe così concretizzata la fine della storia ipotizzata da Fukuyama, in cui il capitalismo è darwinisticamente assimilato all’immutabilità della natura umana egoista, concorrenziale e naturalmente diseguale.
Si escluse come illusorio e criminale qualunque tentativo di modificare radicalmente il sacratissimo status quo. Sparita l’Unione Sovietica e l’aspettativa che una politica del bene possa sconfiggere il male del mondo, abbandonata ormai dalle sinistre, queste sposano la difesa dei diritti umani come la nuova trincea di illusorie alternative riformiste, garantite dal sistema. Avviene così l’elezione dello Stato elargitore benefico dei diritti, di prima e seconda generazione: lo stesso Stato che, quando è governato dalle destre, è ostensivamente nemico di chi rivendica diritti e che, quando è governato dalle cosiddette sinistre, difende i diritti al dettaglio e li rende poi vani con la canina obbedienza al sistema capitalista.
Dunque, nel suo libro Fuori dall’Occidente – stranamente assente nelle bibliografie a disposizione –, al controcanto dell’Occidente e della sua guerra, è posto come disegno melodico principale il libro dell’Apocalissi di san Giovanni, la prima voce in un duetto che alterna capitoli sociologici a capitoli teologici.
Asor Rosa incontra nel testo biblico la chiave per comprendere meglio la crisi mortale dell’opposizione al sistema generata dallo stesso Occidente con l’Illuminismo e con il 1789. E sembra trovare risposte al suo interrogarsi sulla possibilità di opporsi guidato dalle parole di Giovanni, accompagnato da Paolo e dall’Agostino della De Civitate Dei.
Faranno qualcosa di simile Hardt e Negri nel capitolo finale di Impero, nel 2013, quando ben piú timidamente di Asor Rosa, ma non meno sorprendentemente si riferiranno a Francesco di Assisi come modello amoroso della militanza antiimperialista: «Questa militanza resiste nei contropoteri e si ribella proiettandosi in un progetto d’amore. C’è un’antica leggenda che potrebbe illuminare la vita futura della militanza comunista: la leggenda di san Francesco di Assisi. L’amore è un evento ontologico nella misura in cui, creando nuovo essere, segna una rottura con ciò che esiste. L’essere è costituito dall’amore. […] Affermare che l’amore è ontologicamente costitutivo, significa semplicemente che esso produce il comune» (M. Hardt, A. Negri, Impero, Rizzoli, Milano 2003, pp. 381-382).
L’amore, l’agape, la sororità e la fraternità cosmica di Francesco: tutto questo è teologicamente corretto, ma manca ciò che è fondamentale, e che in Asor Rosa diventa esplicito, ossia Francesco sconfitto e stigmatizzato nella croce.
Anche Asor Rosa ci ha detto che l’amoroso desiderio di fraternità e di giustizia è fondamentale, senza dimenticare che solo l’Agnello crocefisso può aprire e spiegare il libro della storia, insieme ai due testimoni sacrificati, ai 144.000 «che vengono dalla grande tribolazione, hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello», in compagnia di tutti i martiri, di ogni stagione della storia, che, testimoniando il Messia anche nella morte, sconfiggono, insieme alla morte, il potere degli imperi, con il loro corteo di guerre, di odio e di menzogna.