Il 26 giugno si sono compiuti 30 anni dalla morte di Urs von Balthasar. Discepolo di Henri de Lubac e autore di una quantità impressionante di scritti, è stato definito uno dei maggiori teologi del secolo 20°. La pagina web di katholisch.de gli ha dedicato la seguente breve riflessione commemorativa scritta a due mani.
Balthasar non ha mai avuto una cattedra e per molti anni ha vissuto una relazione tesa con le autorità ecclesiastiche. Quando, alla fine, il 28 giugno 1988, fu nominato cardinale da Giovanni Paolo II, non fece in tempo a ricevere il berretto cardinalizio perché morì due giorni prima, a Basilea, all’età di 83 anni.
Le lunghe vie verso la teologia
Nato a Lucerna nell’agosto del 1905, Balthasar giunse alla teologia per vie traverse. Tanto sfaccettata è la sua biografia teologica, quanto controversa è fino ad oggi la classificazione della sua posizione. Ma è difficile ignorare la sua opera costituita da 100 volumi e circa 500 saggi.
Il card. Joseph Ratzinger, più tardi Benedetto XVI, ebbe a scrivere nei suoi ricordi, «mai più capiterà di incontrare persone con una formazione teologica e storica spirituale così vasta» come Balthasar e il suo maestro Henri de Lubac.
La forza motrice del pensiero di Balthasar è l’interrogativo sul retto cammino della Chiesa. Con avvincenti immagini verbali e pensieri brillanti ha attirato l’attenzione sulla Communio: i cristiani dovrebbero essere fratelli e sorelle di tutti gli uomini.
In quanto ideologo precursore del dialogo diede un fondamento teologico alla sua preoccupazione: la classe dei teologi aveva per troppo tempo preteso di rappresentare il giudizio universale e non aveva sufficientemente pensato che Dio in Gesù Cristo è il medesimo che si riserva questo giudizio verso tutti coloro che, a qualsiasi comunità appartengano, sono caduti nell’abisso della solitudine antidivina e disumana.
Inizialmente von Balthasar studiò a Zurigo, Berlino e Vienna germanistica e filosofia. Da giovane ormai cresciuto, in possesso di un’assoluta sensibilità musicale, idolatrava Mozart e Mahler. Suonava il pianoforte a quatto mani con il teologo protestante Karl Barth. L’amore alla musica gli aprì la porta al suo modo di parlare di Dio. Cercando sempre la prospettiva olistica, elaborò una teologia con l’aiuto delle categorie musicali.
La sua teologia si sviluppò più tardi in un «teodramma» attraverso l’assunzione di forme tratte dal teatro. Lo stesso Balthasar ebbe a dire che la Rivelazione «nel piccolo e nel grande è drammatica»; «è la storia di una missione di Dio verso il mondo, di una lotta tra Dio e la creatura per il suo significato e la sua salvezza».
Dopo gli studi, nell’ottobre 1929, Balthasar entrò come novizio dai gesuiti. Descrive il suo studio a Lione come «una lotta accanita contro la desolazione della teologia». La teologia è chiusa in una corazza di pensiero neoscolastico. Per questa ragione i giovani studenti si riunivano, pieni di entusiasmo, attorno a Henri de Lubac (1896-1991) da cui irradiava un grande fascino. In particolare, con il suo interesse per gli scritti dei Padri della Chiesa e la conseguente concentrazione sul cristianesimo, Balthasar aprì un nuovo orizzonte teologico
Dai gesuiti a un istituto secolare
La sua opera Abbattere i bastioni, apparsa nel 1952, è stata scritta in questo senso e fu accolta da molti come una liberazione – alcuni anni prima dal concilio Vaticano II (1962-1965) – che spalancò la finestra verso l’esterno. Scrisse che una Chiesa non completamente aperta al mondo ha smesso di essere la Chiesa di Cristo.
Dopo una lunga attività come assistente spirituale degli studenti a Basilea, abbandonò l’ordine dei gesuiti per fondare con Adrienne von Speyr un istituto secolare, la Comunità di San Giovanni. Inoltre, aprì una propria editrice che, tra l’altro, pubblicava le sue opere e quelle della Speyr.
A Zurigo, senza un reddito fisso, abitò in un misero alloggio, mantenendosi con le conferenze che teneva durante i suoi viaggi. Rifiutò sempre le cattedre. Nell’ottobre 1956 fu incardinato come prete nella sua diocesi e il vescovo del luogo acconsentì al suo ritorno a Basilea.
Dal punto di vista programmatico, von Balthasar si fece promotore di un dialogo ultraconfessionale e oltre i fossati ideologici – anche con i militanti atei comunisti – ma non da una posizione di superiorità dogmatica o di «un possesso capitalistico delle verità di fede». Balthasar ha molto apprezzato il dialogo letterario con l’opera di Bertolt Brecht.
Da teologo importuno a cardinale
Con il concilio Vaticano suonò la grande ora di Henri de Lubac, il grande maestro di Urs von Balthasar: il presunto modernista de Lubac fu riabilitato ed esercitò un influsso decisivo sulle discussioni conciliari.
Balthasar negli anni del Concilio, a cui non era stato invitato, modificò la sua richiesta di un’apertura della Chiesa al mondo. Il cristiano non deve conformarsi al mondo. Chiese con grande insistenza una riflessione su ciò che distingue l’elemento cristiano. Il suo biografo Thomas Krenski scrive: «Per molti suoi contemporanei era chiaro che Balthasar pensava di essere andato troppo oltre, così da sentirsi costretto a ritornare dietro ai bastioni protettivi di cui aveva un tempo chiesto l’abbattimento».
Con vent’anni di anticipo
Diversi teologi del concilio videro in lui un teologo conservatore del papa. Secondo Krenski, ciò rese difficile «la recezione della teologia di un uomo che compì di sicuro polemicamente delle correzioni di rotta, ma che non pensava minimamente di innalzare di nuovo i bastioni abbattuti. La sua sorte fu di avere intrapreso un cammino vent’anni prima degli altri».