Bartolomeo Sorge e la “Primavera di Palermo”

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I numerosi articoli che, nei giorni scorsi, hanno ricordato la figura di padre Sorge – soprattutto collegando la sua figura alla cosiddetta “Primavera di Palermo” –, hanno dato di quella stagione un quadro inevitabilmente sommario, che forse vale la pena di integrare, proprio per capire meglio il ruolo del fondatore del “Centro Arrupe”.

Quale che sia la valutazione di questo momento storico, non c’è alcun dubbio che ad esserne il primo protagonista è stato Leoluca Orlando – un giovane professore universitario, di non comuni doti e cultura, cresciuto alla scuola di Piersanti Mattarella – divenuto sindaco di Palermo nel 1985.

La (prima) stagione di Leoluca Orlando

Il quadro in cui il nuovo sindaco muove i primi passi non è certo rassicurante. Una serie di omicidi di chiara matrice mafiosa ha scandito gli anni immediatamente precedenti: il commissario Boris Giuliano (1979); il giudice Cesare Terranova (1979); il giornalista Mario Francese (1979); il presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella (1980); il procuratore della Repubblica Gaetano Costa (1980); il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa (1982); il segretario regionale del Partito comunista Pio La Torre (1982). Per citare solo i più noti…

Di fronte a questo massacro, è vero, si è levata la voce del vescovo di Palermo, il card. Salvatore Pappalardo, il primo pastore siciliano a rompere il silenzio della Chiesa nei confronti mafia. Un’eco enorme ha avuto la sua omelia, detta «di Sagunto», ai funerali di Dalla Chiesa, in cui paragonava l’inerzia delle autorità nazionali di fronte alla mafia a quella di Roma di fronte ai cartaginesi.

La Democrazia cristiana, il partito di Orlando, è quello dei fratelli Piersanti e Sergio Mattarella, schierati decisamente per il rinnovamento e contro la mafia, ma anche quello di un terzetto molto «chiacchierato» – Giovanni Gioia, Salvo Lima e Vito Ciancimino –, che aveva esordito nella corrente di Fanfani, per passare poi a quella di Andreotti, e il cui potere sulla città era consolidato (Lima e Ciancimino erano anche stati sindaci alla fine degli anni Sessanta e all’inizio degli anni Settanta).

Per uscire da questa paralizzante ambiguità, Orlando, a partire dall’agosto 1987, spariglia le carte e dà vita a una “giunta anomala”, il cosiddetto pentacolore, con una maggioranza costituita dalla parte più innovatrice della DC, dalla sinistra indipendente, dai verdi, dai socialdemocratici e dalla lista civica cattolica di “Città per l’uomo”. Vengono lasciati fuori l’ala democristiana più restìa al cambiamento e i socialisti. Nell’aprile 1989 la maggioranza viene allargata anche al Partito comunista, che entra, per la prima volta, nel governo della città.

L’esperimento si concluderà nel 1990, quando Orlando sarà costretto a lasciare la carica di sindaco per l’opposizione strenua di Andreotti. Nel 1991 lascerà la DC e fonderà un nuovo movimento, “La Rete”, che avrà negli anni successivi un’ampia diffusione nazionale, per poi conoscere una parabola discendente e chiudere nel 1999.

Palermo e l’Istituto «Pedro Arrupe»

Intanto, anche dopo la provvisoria uscita di scena di Orlando (che peraltro ritornerà sindaco nel 1993), sono diventati simboli della lotta contro la mafia due magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Cadranno, vittime di attentati mafiosi, rispettivamente nel maggio e nel luglio 1992. Ma la loro morte susciterà una reazione fortissima nelle coscienze dei palermitani, di cui proprio padre Sorge fu testimone e da cui fu profondamente colpito: «L’esperienza più drammatica e bella della mia vita apostolica è stata quando ho visto una catena umana di tre chilometri, uomini e donne, giovani e vecchi che si davano la mano attraversando la città e dicendo “basta con la mafia” dopo le stragi del 1992».

È in questo clima che va situata l’opera di padre Bartolomeo Sorge. Era arrivato a Palermo nel 1985, lasciando la carica di direttore di Civiltà Cattolica, con la fama di uomo molto vicino al precedente papa Paolo VI e circondato dalla notorietà di protagonista del primo grande convegno delle Chiese d’Italia sul tema “Evangelizzazione e promozione umana”, del 1976.

A Palermo i gesuiti avevano già un Centro di studi sociali, animato da padre Ennio Pintacuda, che nel 1980 aveva anche fondato, insieme ad alcuni laici cattolici, “Città per l’uomo”, movimento politico di ispirazione cristiana che si poneva come alternativa alla Democrazia cristiana. E fu insieme a padre Pintacuda che Sorge, nel 1986, diede vita all’Istituto di formazione politica “Pedro Arrupe”, di cui fu direttore dalla fondazione fino alla sua partenza da Palermo, nel 1996.

L’Istituto, peraltro, doveva diventare un modello. Ad esso, infatti, si sarebbe ispirata poi una lunga serie di “scuole di politica” promosse dalle diocesi italiane, nella speranza implicita di contenere il degrado della classe politica democristiana, culminato nei primi anni Novanta negli scandali di tangentopoli.

Nell’ambito cittadino, esso costituì il retroterra intellettuale dello sforzo di rinnovamento politico operato da Orlando, di cui la nascita della giunta comunale del 1987, che segnava una rottura del quadro politico esistente, e il suo allargamento al Partito Comunista del 1989, furono l’espressione istituzionale.

Il dissenso e la frattura

Dietro queste iniziative comuni maturava però un crescente dissenso tra padre Pintacuda e padre Sorge. Il primo, fin dall’iniziativa di “Città per l’uomo”, tendeva alla creazione di un’alternativa politica alla DC e, quando Orlando se ne staccò per fondare “La Rete”, lo sostenne e lo accompagnò in questo progetto. Il secondo, invece, mirava a una «ricomposizione dell’area cattolica» che vedeva ancora in primo piano il ruolo della Democrazia cristiana.

Anche i rispettivi rapporti con Leoluca Orlando erano molto diversi. Il sindaco considerava Pintacuda il suo consigliere. Da una testimonianza diretta mi risulta che, negli anni della “Primavera di Palermo”, alla fine della giornata passava ogni sera dal “Centro Arrupe” per conferire con lui. Con Sorge il dialogo era più formale e l’intesa più limitata.

La frattura fra i due gesuiti diventò pubblica quando, nel 1992, padre Sorge decise di allontanare padre Pintacuda dall’“Istituto Arrupe”, considerandolo troppo apertamente schierato per “La Rete”. In realtà, a dividere i due erano anche le rispettive personalità. Padre Sorge, come è stato detto di lui in questi giorni, era «un intellettuale raffinato», che filtrava l’impegno politico attraverso una lucida prospettiva culturale e teorica; padre Pintacuda era assai più politico che uomo di pensiero.

La differenza tra i due è evidenziata anche dalle loro rispettive posizioni negli anni successivi. Padre Sorge è rimasto sempre coerentemente fedele a una prospettiva che lo ha portato ad opporsi decisamente alla deriva populista dilagante nella Seconda Repubblica, già a partire da Berlusconi, mentre padre Pintacuda, negli ultimi anni della sua vita, ha finito per confluire nelle file della destra berlusconiana.

Un compito urgente per il laicato

Oggi possiamo dire che, se il mondo cattolico fosse stato più ampiamente disponibile al messaggio del fondatore dell’“Istituto Arrupe”, accogliendo il suo invito a recuperare un patrimonio di valori comuni da investire in politica, avrebbe evitato di cadere in quella condizione di irrilevanza in cui è stato confinato dopo la fine della DC e, pur superando (anzi proprio superando) la logica del “partito cattolico”, avrebbe potuto dare un decisivo apporto nel superare la tentazione del populismo.

Soprattutto i laici hanno pagato questo declino, nella lunga (e per essi mortificante) stagione dei «valori non negoziabili» e della loro gestione, nell’ambito politico, da parte della CEI. E proprio ai laici, oggi, è chiesto di riprendere l’eredità spirituale e intellettuale di padre Sorge, in un momento storico in cui l’educazione alla democrazia è più urgente che mai.

Giuseppe Savagnone è editorialista e scrittore, responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell’arcidiocesi di Palermo (www.tuttavia.eu). Ha ricordato la figura del gesuita padre Bartolomeo Sorge anche nella rubrica I chiaroscuri che firma abitualmente sullo stesso sito.

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Un commento

  1. Andrea Turchini 14 novembre 2020

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