Nel giro di poche ore sono venute a mancare due figure che hanno segnato il cammino politico e culturale dell’Europa contemporanea. Il 26 dicembre è morto Wolfgang Schäuble, ex ministro degli interni e delle finanze dei governi Kohl e Merkel. Il 27 dicembre è morto a Parigi Jacques Delors, ex presidente – per tre mandati – della Commissione europea (1985-1995).
In questo momento, sulla stampa, abbondano i riconoscimenti e gli elogi per questi due politici che hanno contribuito, in diverso modo, alla costruzione dell’Unione europea e alla sua sopravvivenza in momenti di crisi.
Dell’Unione, così come essa è oggi, Delors fu certo il grande architetto, guidandola nel passaggio da un’alleanza economica di stati alla creazione, ancora in divenire, di una vera e propria cittadinanza europea. Schäuble immaginò un rapporto tra l’Unione quale realtà politica e istituzionale e l’Europa come dimensione geografica – fino al Bosforo (Turchia) e gli Urali (Russia). Ritenendolo centrale per la riuscita dello stesso progetto europeo.
Entrambi declinarono con rigore e stile il proprio essere cristiani, l’uno cattolico l’altro luterano, in politica.
Fu proprio al tempo della presidenza Delors che una Comunità europea, fino ad allora disattenta, iniziò a mettere a tema la presenza delle religioni nella vita del continente come elemento che andava a costruire un tassello del progetto che andava a realizzare passo dopo passo. Visione, questa, condivisa anche da Schäuble, che vedeva nelle Chiese cristiane e nelle comunità religiose forze sociali che dovevano essere chiamate al compito di edificare, insieme ad altre forze, il vissuto civile della Germania e dell’Europa.
Entrambi condivisero un realismo del possibile e necessario ora, per gettare le basi del raggiungimento di mete più ampie e più alte. Delors e Schäuble furono due interpreti politici della grande tradizione dell’umanesimo europeo – e della segnatura che il cristianesimo e la fede ha disseminato in esso.