Il calabrese don Mimmo Battaglia (a cui vanno gli auguri di pronta guarigione) è il nuovo arcivescovo della diocesi di Napoli. La scelta di papa Francesco si inserisce nel solco della recezione conciliare ancora in corso, definita da egli stesso come «una rilettura del Vangelo nella prospettiva della cultura contemporanea».
Ha prodotto un irreversibile movimento di rinnovamento che viene dal Vangelo. E adesso, bisogna andare avanti»[1]. Il pontefice gesuita si attende dai pastori che sceglie un ministero episcopale in grado di accompagnare creativamente lo sviluppo delle istanze del Concilio Vaticano II ad ogni livello ecclesiale: don Mimmo Battaglia in virtù della sua esperienza umana e presbiterale sembra percorrere i passi di questo sentiero utile al rinnovamento dell’identità ecclesiale meridionale.
Già lo stile e il linguaggio che gli è proprio sin dai tempi in cui si spendeva nel servizio presso il Centro Calabrese di Solidarietà (una comunità di recupero per le vittime delle varie dipendenze in Catanzaro), esprimono un modo di vivere leadership ecclesiale ispirato al Vangelo sine glossa. Il suo ministero episcopale (fino a qualche giorno fa presso la diocesi di Cerreto-Telese-Sant’Agata de’ Goti) tenta di sviluppare in pratiche ecclesiali le indicazioni emerse dal Vaticano II attraverso uno stile umano e ministeriale in dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo[2].
In cammino tra le speranze e le angosce degli uomini di oggi
Non casualmente lo scorso 2 febbraio iniziando il ministero episcopale nell’arcidiocesi di Napoli don Mimmo Battaglia ha intrapreso un pellegrinaggio silenzioso prima di celebrare in Duomo la S. Messa. Un pellegrinaggio che richiama la scelta di vivere la fede in cammino: compiendo l’esodo dalle forme convenzionali e conniventi del credere a quelle più credibili e coerenti con l’annuncio evangelico.
L’immagine del Vescovo che inizia il ministero percorrendo le “periferie” esistenziali della città indica nello stesso tempo una forma ecclesiale capace di stare in mezzo alla realtà umana così com’è, secondo la prospettiva cara ai padri conciliari: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore»[3].
Una Chiesa povera per i poveri
La scelta di farsi accompagnare nel suo ingresso in Cattedrale dai volti e dalle storie delle persone incontrare durante il pellegrinaggio simbolico confermano l’opzione evangelica a favore dei più indifesi. Memorabili le parole di papa Giovanni XXIII alla vigilia del Vaticano II: «In faccia ai paesi sottosviluppati la Chiesa si presenta quale è, e vuol essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri»[4].
Don Mimmo Battaglia, già da Vescovo di Cerreto, in un documento dell’11 ottobre 2019 (nel 56° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II) indicava ai fedeli e ai presbiteri le linee orientative per l’uso cristiano del denaro nella comunità cristiana[5]. Il segno evangelico (Lc 14,12-14) di far accomodare al primo posto in Duomo le persone più svantaggiate e non le autorità racchiude la chiara volontà di iniziare da loro e con loro la costruzione di una comunità a misura delle Beatitudini senza «compromessi e carrierismi»[6].
Sul Discorso della montagna infatti si è concentrato il Discorso che don Mimmo ha rivolto alle autorità civili e militari prima di celebrare la S. Messa: «Beati quindi, felici noi,se sapremo sognare insieme, e se sapremo lottare per quel sogno condiviso. Abbiamo tutti la responsabilità “in solido” di quel sogno: Chiesa, politica, istituzioni, cultura, cittadini, nessuno escluso»[7].
Tutti sulla strada
Rifiutando l’appellativo giornalistico “prete di strada”[8] il nuovo Vescovo di Napoli si pone in continuità con l’ecclesiologia del popolo di Dio, in cui non emerge il protagonismo di un solo soggetto bensì la reciprocità poliedrica di tutte le battezzate e i battezzati. Il Vescovo non è il centro della vita pastorale e spirituale di una diocesi, ma il visibile strumento della sua unità in grado di verificare e valorizzare i doni e i ministeri di ciascuno.
In tale direzione don Mimmo Battaglia ha affermato la volontà di avviare processi di discernimento sinodale alla luce di un evidente segno dei tempi: «La pandemia ci ha messi di fronte ai passi di una conversione possibile che tocchi davvero la nostra vita concreta, i criteri con cui attuiamo le nostre scelte, i nostri stili di vita»[9].
La promozione e l’esercizio di pratiche sinodali all’interno di un contesto ecclesiale ancora largamente clericale costituirà un riferimento importante per la Chiesa italiana proiettata timidamente verso un sinodo nazionale in cerca di coraggiose e radicali intuizioni.
[1] Papa Francesco, Lettera al Gran Cancelliere della Pontifica Università Cattolica Argentina nel centesimo anniversario della Facoltà di teologia, 3 marzo 2015.
[2] Direbbe G. Routhier che le rappresentazioni più o meno implicite della recezione conciliare in merito alla teologia dell’episcopato ( di quella ministeriale in genere) si evincono anche dall’osservazione dei libretti dell’ordinazione episcopale, dai discorsi, dalle partecipazioni e dalle immagini utilizzate (cfr. Il Concilio Vaticano II. Recezione ed ermeneutica, Vita e Pensiero, Milano 2007, 125.
[3] Gaudium et spes, 1.
[4] Giovanni XXIII, Radiomessaggio ai fedeli di tutto il mondo ad un mese dal Concilio Vaticano II, 11 settembre 1962.
[5] Domenico Battaglia, Una Chiesa povera per i poveri, 11 ottobre 2019.
[6] Dall’Omelia in Duomo di don Mimmo Battaglia, 2 febbraio 2021.
[7] Dal Discorso rivolto alle Autorità, 2 febbraio 2021.
[8] Come ha precisato egli stesso durante l’omelia del 2 febbraio. (Cfr. http://www.settimananews.it/chiesa/chiesa-dona-quello-non-ha/)
[9] Dall’Omelia in Duomo di don Mimmo Battaglia, 2 febbraio 2021.