Sorridente, sereno, sempre con la sua tonaca lisa e il rosario in tasca. Una vita interamente dedicata ai bimbi disabili e abbandonati, alle prostitute, ai tossicodipendenti, agli emarginati. Dieci anni fa, il 2 novembre 2007, moriva don Oreste Benzi. Per tutto il 2017 si sono susseguite in tutta Italia le iniziative in memoria del prete di strada riminese, ricordato da molti per la sua lunga tonaca nera, sempre lisa e consumata.
Gli “altri” nel cuore
Il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII era entrato a 12 anni in seminario a Rimini e venne ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Si impegnò da subito a favore dei giovani, a cui aveva iniziato a proporre Un incontro simpatico con Cristo: in centinaia da tutta Italia accorrevano ai suoi momenti di spiritualità.
In quegli anni maturò in don Oreste una fondamentale convinzione: «Nella pre-adolescenza si formano i valori che diventano pressoché definitivi; io vedevo che i ragazzi si incontravano con tanti disvalori e non si incontravano con l’unico valore: Cristo», ha raccontato in più occasioni.
Nel 1968 con un gruppetto di giovani e alcuni altri sacerdoti ha dato vita alla Comunità Papa Giovanni XXIII, pensata come comunità di fedeli riuniti dalla voglia di condividere la vita con gli ultimi. Nel 1972 guidò l’apertura della prima Casa Famiglia a Coriano, sulle colline riminesi; da allora l’Associazione di fedeli di diritto pontificio si è occupata di tutte le forme della marginalità sociale, sempre rimanendo fedele alla vocazione della condivisione diretta della vita con i poveri, e nella la lotta per la rimozione delle cause delle ingiustizie.
Un fiorire di opere
Negli anni sono fiorite comunità terapeutiche per tossicodipendenti, centri diurni per disabili, cooperative sociali, case per l’accoglienza dei senza fissa dimora, delle donne vittima di tratta.
Don Benzi ha sempre lottato contro l’aborto, pregando di fronte agli ospedali. Ha promosso missioni nei paesi poveri. Ha accompagnato i giovani nel servizio civile e i volontari per la pace nei paesi in guerra.
Negli ultimi anni lo si incontrava lungo le buie strade della prostituzione per chiedere alle donne che si prostituivano Do you love Jesus? Ami Gesù? Alle donne di strada proponeva sempre la liberazione immediata. Quella che ancora cercano i tanti poveri lungo le strade delle nostre città. Era sempre di corsa; per questo, alla fine della sua vita terrena, papa Benedetto XVI lo definì «infaticabile apostolo della carità».
La sua parola oggi è mantenuta vita nei commenti al Vangelo e alle letture del giorno che sono raccolti dal messalino di Pane Quotidiano: ogni giorno migliaia di persone rileggono don Oreste e il suo costante invito a vivere “come avrebbe fatto Gesù” la propria quotidianità.
Sin dal 2001 aveva cominciato ad occuparsene personalmente, scrivendo per ragioni di stampa le sue meditazioni con largo anticipo. Ma mai nessuno si sarebbe potuto aspettare quanto successe il giorno della sua salita al cielo. Grande fu lo stupore quando, il mattino di quel 2 novembre 2007, i suoi più stretti collaboratori, riuniti al suo capezzale, presero in mano il libretto di Pane Quotidiano e lessero il suo commento alla lettura del giorno. Ecco quello che vi era scritto: «Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste, perché appena chiudo gli occhi a questa terra, mi apro all’infinito di Dio».
Contro la prostituzione
Don Benzi è stato il primo in Italia a lottare contro la cultura della prostituzione e a denunciare la tratta delle donne. È riuscito ad affrontare lo scabroso tema della prostituzione, senza moralismi, dal punto di vista delle vittime. Durante il Giubileo del 2000 andò da papa Wojtyla insieme ad una giovane prostituta nigeriana, Anna. «Papà – chiese la giovane a Giovanni Paolo II –, libera le ragazze come me: io mi sono ammalata di aids sulla strada. Lì la vita è schifosa, è brutta, è dura… Papà, sulla strada ci sono molte giovani, ma anche tante bambine. Papà, libera le bambine».
Quella foto fece il giro del mondo. Le sue parole commossero non solo l’anziano pontefice, ma tutta l’opinione pubblica. Anna morì pochi mesi dopo.
Don Benzi era riuscito a svelare l’orrore che si cela dietro i finti sorrisi delle donne costrette a prostituirsi. Durante la sua vita riuscì a liberare circa 6.000 donne vittime di tratta per lo sfruttamento sessuale. Oggi il suo impegno per la liberazione delle vittime di tratta è raccolto dai volontari delle unità di strada che ogni settimana incontrano migliaia di donne in tutta Italia, e dalla campagna Questo è il mio corpo: sostiene le proposte di legge che intendono contrastare la prostituzione di strada agendo sul fronte della domanda e scoraggiando i clienti.
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