Riportiamo il primo capitolo del volume di Johann Wolfgang Goethe, Il Santo spiritoso. Breve biografia di Filippo Neri. Nota di lettura di Vito Punzi, Collana «Lampi», EDB, Bologna 2017, pp. 64, € 8,50. 9788810567548
A ben vedere, è cosa certamente da approvare che ci siano così tanti santi; ora, ciascun credente può scegliere il suo e rivolgersi con piena fiducia a quello che meglio gli si confà. Oggi è stato il giorno del mio santo, che difatti ho celebrato onorandolo alla sua maniera e, secondo il suo insegnamento, in devota allegria.
Filippo Neri è tenuto in grande considerazione e allo stesso tempo se ne ha un ricordo gioioso; si è edificati e consolati quando si viene a sapere di lui e del suo grande timore di Dio, ma si sente raccontare moltissimo anche del suo buon umore. Fin dai primi anni della sua giovinezza nutriva dei desideri religiosi appassionati, e nel corso della sua vita si svilupparono in lui i più alti doni dell’ardore religioso: il dono della preghiera spontanea, dell’adorazione profonda, silenziosa, il dono delle lacrime, dell’estasi e per ultimo perfino quello di sollevarsi da terra e di librarsi nell’aria, che viene ritenuta la cosa più sublime.
A così tante misteriose e rare espressioni della sua interiorità egli accompagnava la più lucida intelligenza, il più puro apprezzamento – o meglio disprezzo – per le cose terrene, la più fattiva assistenza verso il prossimo, alle cui necessità corporali e spirituali era votato. Osservava strettamente tutti i doveri religiosi, come la santificazione delle feste, le visite alle chiese, le preghiere, i digiuni e altri, che sono richiesti all’uomo di fede e di chiesa. Inoltre, era impegnato nella formazione dei giovani, nell’esercizio della musica e degli oratori, proponendo non solo temi spirituali, ma anche temi arguti, che davano luogo a conversazioni e dispute di grande interesse. Ma di certo la cosa più straordinaria parrebbe essere che faceva e compiva tutto ciò di propria iniziativa e autorità, che continuò per la sua strada per molti anni con costanza, senza appartenere a un qualche ordine o congregazione, anzi senza neanche avere la consacrazione religiosa.
Ancor più significativo è che ciò avveniva al tempo di Lutero e che nello stesso periodo, proprio in Roma, un uomo capace, timorato di Dio, energico, attivo aveva avuto anche lui l’idea di mettere insieme il sacro, anzi il santo con il profano, di introdurre le cose del cielo in quelle del mondo e di preparare così anche lui una riforma. Solo e soltanto qui infatti si trova la chiave per aprire le prigioni papali e ridare al mondo così liberato il suo Dio.
La corte papale, tuttavia, che aveva vicino e sotto la sua cura, in Roma stessa, un uomo così ragguardevole, non si diede pace finché costui – che comunque conduceva una vita da religioso, già dimorava in conventi e là stesso insegnava, dando esortazioni, e che non aveva intenzione di fondare un ordine, ma una confraternita libera – non si persuase di farsi consacrare, ottenendo così tutti i vantaggi che gli erano mancati nella vita che aveva condotto fino ad allora.
Se si vuole, si può anche mettere in dubbio la sua miracolosa levitazione del corpo da terra, ed è giusto; però nello spirito era tanto elevato al di sopra di questo mondo che, pertanto, nulla lo infastidiva di più della vanità, dell’apparenza e della presunzione, contro cui agiva sempre con vigore ritenendoli i maggiori ostacoli a una vera vita devota, e in ogni caso, come ci è stato tramandato in qualche storia, sempre con buon umore.
Mentre ad esempio si trovava presso il papa, a costui venne raccontato che nelle vicinanze di Roma vi era una suora che si distingueva per ogni sorta di doni spirituali miracolosi. Neri, dunque, ricevette l’incarico di appurare la veridicità di quanto si andava dicendo. Così, salì subito sul suo mulo e, nonostante il tempo e la strada pessimi, giunse presto al convento. Introdotto, si intrattenne con l’abbadessa che, pienamente convinta, gli raccontò nel modo più preciso tutti questi segni di grazia. Entrò la monaca in questione e lui, senza neanche salutarla, le porse lo stivale infangato pretendendo che glielo sfilasse. Quella vergine, santa e pulitissima, si ritrasse atterrita e con parole forti manifestò la sua irritazione per quella pretesa. Neri si alzò con la massima calma, montò sul mulo e si ripresentò davanti al papa, prima di quanto questi se l’aspettasse; infatti, ai confessori cattolici è prescritta la massima precauzione nell’esaminare tali doni spirituali, poiché la chiesa ammette certamente la possibilità di siffatti favori celesti, ma non ne conferma la veridicità senza un esame più minuzioso. Al papa stupito, Neri manifestò succintamente il risultato: «Non è una santa», esclamò, «e non fa miracoli! Le manca infatti la qualità principale: l’umiltà».
Questa massima può essere considerata come il principio ispiratore di tutta la sua vita; infatti, per raccontarne un’altra, quando ebbe fondato la congregazione dei Padri dell’Oratorio –— che si guadagnò presto una grande considerazione e infatti ispirò in molti il desiderio di diventarne membri – venne un giovane principe romano, chiedendo di essere ammesso: gli fu concesso di fare il noviziato e di indossare l’abito previsto a tale scopo. Ma quando costui dopo un certo tempo chiese di entrare in modo definitivo, gli si disse che prima si dovevano superare ancora alcuni esami, che egli si dichiarò pronto ad affrontare. Allora Neri trasse fuori una lunga coda di volpe, chiese al principe di lasciarsela attaccare alla lunga veste e poi di girare con la massima serietà per le strade di Roma. Il giovane inorridì, come la monaca di sopra, e fece sapere che si era presentato non per ottenere vergogna bensì onore. Allora Padre Neri disse che non era questo ciò che ci si doveva aspettare dalla loro cerchia, dove la prima legge resta la massima rinuncia. Quel giovane allora si congedò.
Neri aveva riassunto in un breve motto il suo insegnamento principale: Spernere mundum, spernere se ipsum, spernere se sperni.[1] E così aveva detto tutto. Se infatti un ipocondriaco poteva certamente ritenere di adempiere talvolta i primi due punti, per decidersi al terzo si doveva essere sulla via della santità.
[1] «Disprezzare il mondo, [spernere nullum / non disprezzare nessuno] disprezzare se stessi, disprezzare di essere disprezzati» [ndt].