Gerhard Larcher: con memoria grata

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Il 18 dicembre è morto nella sua casa di Absam il teologo austriaco Gerhard Larcher (1946-2022). Dopo il dottorato con Karl Rahner e Peter Hünermann, con una tesi sulle prime opere di M. Blondel e la questione modernista, Larcher ha lavorato come docente collaboratore di H.J. Pottmeyer a Bochum (1978-1985) e poi come professore per questioni filosofico-teologiche di confine presso l’Accademia della diocesi di Essen (1985-1989). Dal 1990 fino al 2014 è stato ordinario di teologia fondamentale presso la Facoltà di teologia cattolica dell’Università di Graz. Insieme a Franz Grabner iniziò un lavoro pioneristico nell’ambito dell’arte, della filmografia e dei media. Tra le molte collaborazioni con gli artisti, ricordiamo quelle con l’Azionismo viennese e Marina Abramovic, con il regista Michael Haneke e con il pittore Arnulf Rainer.

Con la morte di Gerhard Larcher la teologia cattolica europea perde una delle figure più nobili della declinazione culturale del Vaticano II tra il XX e il XXI secolo. Per la sua curiosità e onestà intellettuale, che lo hanno spinto a praticare, come un pioniere, terreni inediti per la ricollocazione del sapere teologico nell’epoca incerta, ma feconda, della postmodernità.

Per la sua capacità di cercare, in questa impresa, sempre dei compagni di avventura con i quali condividere lo scavo teologico nel confronto con le arti e i media. Soprattutto, per la sua squisita umanità che condivideva a piene mani con chiunque varcasse la soglia del suo ufficio, delle aule di lezione, e della sua casa – in un angolo del Tirolo, dove, insieme alla moglie Elisabeth, dispensava sempre la sapienza e il calore dell’ospitalità.

La sua estetica teologica va ben oltre i libri, gli articoli e le curatele che ha dedicato a questo tema. Arrivando ai confini dei rapporti che ha intrattenuto con gli artisti non solo europei, ma anche alle innumerevoli mostre e cataloghi a cui ha collaborato – con una percezione della forma capace dell’incanto di un bambino che apre i suoi occhi sulla realtà promettente del mondo.

Un’arte non da imbrigliare dentro canoni precostituiti di una teologia che sa sempre di più, ma da riconoscere come fonte contemporanea a cui il sapere della fede può e deve attingere per apprendere i luoghi e i modi in cui il Dio di Gesù si attesta negli slanci dello spirito, nella fatica dei corpi, nei colori e nelle forme – anche quelle più sfigurate, la cui bellezza sembra essere solo l’azzardo di un desiderio tradito.

Quella di Gerhard Larcher è stata una teologia che impara – sì, anche e soprattutto dal mondo a cui Dio non fa mai mancare gli slanci e le ideazioni del suo Spirito. Una teologia rara, nella sua umiltà e competenza. Una teologia sempre in cerca dell’altro, consapevole di quella parazialità che le impedisce di risolversi in sistema. Una teologia fatta di abbozzi, alla ricerca paziente di una forma che non fosse né totale né totalizzante.

Quella di Larcher è stata una vera e propria arte teologica per abbozzi, capace di portare con letizia il peso dell’incompiutezza – perché solo così poteva essere fedele a questo nostro tempo: amato da Dio e consegnato alla finezza intelligente della fede. Quella che ci lascia è una “Pietà Rondanini” del sapere teologico – un’incompiuta, appunto, capace proprio per questo di attraversare i tempi e le storie: affidando alla percezione dell’altro le chiavi per entrare nelle scheggiature del suo mistero più profondo.

Un’esistenza teologica che viveva per consegnarsi e pensare insieme – fuori da ogni gerarchia accademica, da ogni retorica ecclesiastica e teologica, da ogni presunzione di un sapere più alto. Le sue lezioni, i colloqui dei dottorandi, i suoi interventi a convegni e mostre, erano occasione per apprendere insieme, per azzardare il pensiero sotto lo sguardo critico altrui, per condividere con generosità la sua passione per la fede.

La passione (estetica e teologica insieme) per l’arte e per le lingue, lo ha portato a guardare con interesse fuori dai rigidi confini di quella tedesca: con una predilezione particolare per la Francia e l’Italia. Culture e teologie che stimava e rispettava, che desiderva frequentare e conoscere.

Larcher è stato un teologo credente, nel profondo del proprio animo e del proprio corpo. Ha attraversato l’avanzamento, lento e subdolo, della malattia in un modo che ha fatto della sua vita una preghiera che parlava con un corpo che sempre più gli sfuggiva di mano – e del suo desiderio della parola/Parola un fruscio strascicato più eloquente di qualsiasi concetto. Fino a una trasparenza di quel logos fatto carne che è l’unica ragione dell’impresa teologica e della fede cristiana.

Da lui ed Elisabeth molti sono stati amati, accolti, coccolati – nella loro capacità di far sentire ciascuno a casa propria entrando nella loro storia e nel loro amore. Con i loro gesti hanno ricostruito e accompagnato esistenze che, altrimenti, si sarebbero probabilmente perse.

Nella sua capacità di tratteggiare insieme il calore dell’umanità e il rigore del pensiero è stato un grande della teologia a cavallo dei due secoli. Spargendo nelle accademie e nelle Chiese locali del mondo una discendenza che oggi sente solo la memoria grata di essere stata toccata dalla benedizione di averlo avuto, magari anche solo per poco, come compagno di via.

Pubblicazioni di Gerhard Larcher in italiano

Estetica della fede. Un abbozzo teologico-fondamentale, Milano, Glossa 2011.
Teologia e arte nella società mediatica: nuove immagini, in Il Regno Attualità (2001) 415ss.
Arte e spiritualità: configurazioni del religioso nella modernità, in RTE (2008) 51-86.
Arte e fede: nell’orizzonte dei media e della medialità, in Il Regno Attualità (2011) 60ss.

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