È morto il 2 settembre 2023, a Torino, all’età di 88 anni, mons. Giuseppe Ghiberti, conosciuto soprattutto per i suoi studi sulla Sindone e punto di riferimento per la Chiesa torinese (e non solo) per quel che la tradizione cattolica ha sempre considerato un’importante reliquia.
Uomo, prete e docente
Per molti anni mons. Ghiberti ha, infatti, curato la preparazione, pastorale e organizzativa, delle ostensioni pubbliche del telo sindonico del 1998, 2000 e 2010, facendo parte del Comitato preparatorio. Fino alla fine della sua vita è rimasto Presidente d’onore della Commissione diocesana per la Sindone e assistente ecclesiastico della Confraternita del santo sudario. Si può dire che tutta la sua vita è stata spesa per Dio, per la sacra Scrittura, ma soprattutto per quello che considerava «l’affascinante mistero della Sindone».
Nato a Murello, in provincia di Cuneo, ma in diocesi di Torino, il 16 settembre 1934, è stato ordinato sacerdote nel 1957. Dopo aver approfondito gli studi biblici presso l’Università Gregoriana e il Pontificio Istituto Biblico, ha frequentato anche la Facoltà teologica di Monaco di Baviera (dove ha conosciuto Joseph Ratzinger, diventato poi papa Benedetto XVI, di cui divenne amico).
Mons. Ghiberti è stato docente di Nuovo Testamento presso la Facoltà teologica torinese e all’Università Cattolica di Milano. Tra i suoi allievi anche l’attuale arcivescovo di Torino, Roberto Repole, che lo ricorda con grande affetto e stima: «Mons. Ghiberti è stato in ogni senso un maestro. Come insegnante ci ha trasmesso la passione profonda per la conoscenza della Parola di Dio; come uomo e come prete ci ha testimoniato, con grande semplicità e delicatezza, la gioia di una vita condotta “davanti agli occhi del signore”, animata dalla fede nella salvezza di Gesù Cristo».
Una vita dedicata alla Sindone
La passione per l’uomo della Sindone, flagellato e crocifisso, ha sempre caratterizzato la vita e l’opera di mons. Ghiberti.
Lui era profondamente convinto dell’autenticità del telo conservato a Torino, ma ha avuto sempre il coraggio di confrontarsi, con umiltà, pacatezza e rispetto con tutti coloro che la pensavano diversamente.
Ricordo un dibattito di qualche anno fa tra il prof. Odifreddi, «ateo e matematico impertinente» (come amava definirsi) e mons. Ghiberti. Il professore parlava di «inganno della Sindone» sostenendo che «si può affermare con ragionevole certezza che quello di Torino non è il lenzuolo in cui fu avvolto Gesù, ma un telo medioevale su cui è stata impressa un’immagine allo scopo di spacciarlo per reliquia del fondatore del Cristianesimo».
Mons. Ghiberti, con molta pacatezza, rispondeva che «le obiezioni poste sono certamente interessanti», ma che è sua opinione che «non sia stata ancora dimostrata la non autenticità della Sindone», aggiungendo che, comunque, l’interesse fondamentale della Sindone «consiste nell’essere un segno e questo funziona indipendentemente dalla consistenza della sua natura».[1]
Come dimostra questo episodio, mons. Ghiberti era una persona non solo acuta e preparata nel suo campo, ma anche attenta a dialogare con tutti quelli che incontrava. Lo dimostrano anche il suo forte impegno in campo ecumenico, gli incontri da lui animati dell’Amicizia ebraico-cristiana e nell’ambito del dialogo interreligioso.
Anche nel mio piccolo, posso testimoniare la sua grande disponibilità a confrontarsi con tutti quelli interessati – non importa se pro o contro – alla Sindone.
Nel 2015, quando gli chiesi un’intervista,[2] spiegando che la mia casa editrice voleva un’indagine a tutto campo (con interviste a studiosi favorevoli o contrari) sul telo di Torino, lui si era dimostrato subito disponibile, senza obiezioni. Ecco da quella intervista alcune risposte che tratteggiano bene non solo lo studioso ma anche il “maestro”.
Lo studioso e il “maestro”
– Monsignore, lei è considerato uno degli esperti della Sindone. A suo giudizio, il lino conservato a Torino ha veramente avvolto il corpo martoriato di Gesù?
Sottolineo “per me”, e rispondo francamente: ritengo molto probabile che la Sindone sia il lenzuolo funebre che ha avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro. Mi pare che la scala delle risposte vada dall’impossibile all’improbabile, poi al possibile, al probabile e, in fine, al sicuro. Nel mio cuore il “molto probabile” coincide con il moralmente sicuro, ma questa è evidentemente una posizione personalissima, che non mi impedisce di dialogare con chiunque si pone in uno stadio inferiore.
Noto ancora che il “moralmente sicuro” non è l’assolutamente sicuro o il matematicamente sicuro: penso che quest’ultimo appartenga a un livello, almeno per ora, non raggiungibile.
La mia convinzione personale mi spinge però, ad esempio, a esprimere una particolare venerazione, scrivendo sempre Sindone con la maiuscola. Son sicuro che questo corrisponde al sentire della stragrande maggioranza di quanti si accostano a essa.
– In passato, lei ha partecipato anche a dibattiti con chi sostiene che la Sindone è certamente un falso medioevale. Non ha mai pensato che avessero ragione?
Quando discutiamo, possiamo anche essere irragionevoli, ma di solito si parte da qualche argomento rispettabile. Praticamente è stata questa quasi sempre la mia esperienza e ho trovato sempre i miei interlocutori appassionati ma impegnati nella ricerca del vero. Fatto salvo il rispetto per la serietà e la buona fede dei contraddittori, si deve concentrare l’attenzione e la discussione sulle prove.
Tra le prove, non mi pare che abbiano valore i tentativi di riproduzione della realtà sindonica, perché tutti insoddisfacenti. Anche le ricostruzioni storiche della sua vicenda sono pura fantasia. Sarà, invece, argomento di ricerca nel futuro la datazione col metodo dell’analisi del carbonio 14, che non ha ancora raggiunto il grado di maturazione perfetta. Questo è, per ora, il discorso più impegnativo.
Ma, personalmente, ritengo che il “falso” medioevale non abbia seri argomenti di sostegno: la realtà sindonica non è quella di un “falso”.
– Perché l’esame con il metodo del radiocarbonio, effettuato nel 1988 in tre laboratori internazionali e che ha datato la Sindone in epoca medioevale, di fatto non è stato mai accettato da molti studiosi?
Il modo come si è realizzata la preparazione e l’esecuzione dell’esame è stato singolare e non tanto corretto. L’ambiente dei ricercatori dava già per scontata la datazione medioevale e la richiesta di effettuare questo esame contestualmente ad altri esami pur necessari (per conoscere meglio la natura di questo reperto del tutto eccezionale) non fu accettata.
Durante gli esami, le condizioni di isolamento da osservatori esterni, interessati ai risultati, non furono realizzate. Questo non vuol dire che i risultati denunciati non corrispondano a quanto fosse possibile raggiungere allora, in quelle condizioni, bensì che i risultati non potrebbero essere considerati l’ultima parola assoluta.
Il dottore Ramsey, allora aiutante del direttore del progetto, il dottor Tite del laboratorio di Oxford, e ora suo successore nella direzione dello stesso laboratorio, ha ammesso che il metodo deve essere verificato: lavoro che si attua in continuazione, nel ripetersi di questi esami.
– Quali sono, a suo avviso, le “prove” a favore dell’autenticità della Sindone di Torino?
Ogni ricercatore ha una sua attenzione e una propria sensibilità ad argomenti per lui più significativi. Io parlerei anzitutto dell’unicità di tante caratteristiche della Sindone: si tratta di un reperto che non ha nessun esemplare simile nel mondo; alcune sue caratteristiche sono assolutamente uniche e ogni tentativo di riprodurle è semplicemente fallito.
In compenso, è innegabile una corrispondenza strettissima tra quanto “mostra” la Sindone e quanto narrano i vangeli a proposito della passione, morte e sepoltura di Gesù.
Questo doppio fatto contemporaneo porta ad aprire con serietà l’ipotesi della coincidenza di questo lenzuolo funebre con quello che è stato usato per la sepoltura di Gesù.
La formazione dell’immagine è tuttora inspiegata; l’“effetto negativo” (del “negativo fotografico”) non può esser frutto di artificiosità intenzionale, perché la sua esistenza è stata scoperta molto dopo l’epoca della sicura presenza della Sindone tra di noi; la tridimensionalità dell’immagine è ancor oggi difficile da spiegare; l’analisi dei pollini rinvenibili sul telo sindonico dimostra che la Sindone ha percorso un itinerario compatibile con la tesi dell’autenticità; la perfetta corrispondenza fra la somma dei particolari narrati dai vangeli e quelli riscontrabili nell’immagine sindonica suggerisce una prossimità unica tra i due vettori.
In particolare, la coesistenza della cosiddetta corona di spine e del colpo di lancia al petto del crocifisso dopo la sua morte costituisce un unico assoluto, di cui non ho trovato cenno in alcuna descrizione antica di crocifissione.
A me, studioso del Nuovo Testamento con i racconti della finale della vita di Gesù, questa corrispondenza fa un’impressione grandissima, al punto da inclinarmi a un giudizio di unicità di rapporti e, conseguentemente, a spiegare l’origine della Sindone proprio dal contatto di questo telo con il corpo senza vita di Gesù.
Lo stupore
Questa è una parte dell’intervista che mons. Ghiberti mi aveva gentilmente concesso in occasione dell’esposizione pubblica del telo nel 2015.[3] L’ho voluta riportare perché mi pare che esprima bene la sua forte personalità, ma soprattutto la sua grande passione per quello che considerava il sudario di Gesù.
Certo, l’indagine sulla Sindone di Torino continua e farà ancora discutere. Ma credo che, al di là della domanda se sia “vera o falsa”, rimane il fatto che sia comunque un’icona altamente significativa, proprio per la nostra era multimediale piena di simboli.
È un’immagine che ci fa riflettere sulla sofferenza umana di tutti i tempi, aiutandoci a “rimanere umani”.
Ben venga, quindi, ogni riflessione seria, non arrogante, come quella di mons. Ghiberti, sulle tante sfumature del volto della Sindone che ci ricorda i tanti volti sofferenti che compongono la nostra società…
Come diceva Luca Goldoni, giornalista e scrittore: «La ragione ci porta fino ai piedi di un muro, ma poi ci lascia lì. Credo che l’ultima risorsa sia lo stupore; non bisognerebbe stancarsi mai di provare un attimo di sbalordimento di fronte alle cose che sembrano sfuggirci».
La Sindone, effettivamente, ha molte sfumature che sfuggono alle nostre indagini, ma è ancora capace di suscitare stupore… E questo è un bel dono.
Riposa in pace, caro mons. Ghiberti. Ora, come credente, avrai modo certamente di completare i tuoi studi e di contemplare quel Mistero che tanto ti ha affascinato.
- Torino, 5 settembre 2023, giorno dei funerali di mons. Ghiberti.
[1] “L’inganno della Sindone”, in Micromega 4/2010.
[2] S. Bocchini, Indagine sulla Sindone. Controversie su un’icona cristiana, EDB, Bologna 2015.
[3] Per l’intervista si veda op.cit, pp.197-204.
Visto che si parla di rigore scientifico, è bene ricordare che il telo sindonico torinese è una icona e non è una reliquia
Ho avuto modo di conoscerlo quando studiavo all’Università Cattolica grazie ad un amico che frequentava le sue lezioni. Pur facendo un’altra facoltà, ogni tanto, se avevo possibilità andavo alle sue lezioni. Mi colpiva per il suo grande rigore scientifico unito ad una semplicità e affabilità davvero rare. Il Signore la accolga nel suo regno!!