Il vento freddo di dicembre stacca le ultime foglie dai rami dei tigli lungo i viali cittadini e dai filari dei pioppi e dei gelsi che costeggiano le strade di campagna, rivelandone i profili in tutta la loro nuda essenzialità. L’inverno è vicino.
La natura ci appare come bloccata, contratta, ritirata in sé stessa. È il tempo del riposo e del silenzio, il tempo di una stasi che sembra quasi preludio della morte: e le stecchite piante/ di nere trame segnano il sereno.[1]
Mi avvicino ad un albero di gelso dai rami ormai completamente spogli; lo guardo, lo tocco, ne sfioro con dita leggere la scorza intirizzita dal freddo. Sembra morto, davvero. Ma sotto le dita la sento, palpitante seppur muta, la forza viva che a primavera tornerà ancora a raccontare una storia fatta di gemme, di germogli e di foglie nuove; sotto le dita la sento, la forza della Viriditas.
Il pensiero ildegardiano
Viriditas, uno dei concetti più suggestivi e potenti elaborati dalla riflessione teologica di Ildegarda di Bingen (1098-1179), luminosa, straordinaria figura della Chiesa medievale.
Santa da sempre per il popolo, ma mai ufficialmente canonizzata fino al pontificato di Benedetto XVI che, nemmeno dieci anni fa, nel 2012,[2] l’ha proclamata dottore della Chiesa, Ildegarda ci si presenta, attraverso la sua biografia e i suoi scritti, come donna di intensissima qualità umana.
Basta una semplice scorsa alle righe d’apertura della pagina di Wikipedia a lei dedicata per inquadrarne tutta la genialità: la Sibilla del Reno vi viene definita, infatti, non solo come «monaca, mistica, teologa e santa», ma anche come «profetessa, guaritrice, erborista, naturalista, cosmologa, gemmologa, filosofa, artista, poetessa, drammaturga, musicista, linguista e consigliera politica».
Da qualche decennio soltanto il pensiero ildegardiano ha iniziato ad essere esplorato in tutta la sua straordinaria vastità e profondità, e il nostro tempo ha colto, in tanta ricchezza, numerose e vivide risonanze rispetto a temi che oggi toccano la sensibilità e la coscienza di molti, giovani soprattutto: il rapporto dell’uomo con la natura e delle creature con il Creatore, la corrispondenza microcosmo-macrocosmo, la relazione di cura, l’armonia interiore. Ed è proprio nel cuore di queste tematiche, fra loro legate nella prospettiva di ciò che oggi definiamo “ecologia integrale”, che troviamo il concetto di Viriditas. Ma qual è il significato di questa parola?
Il significato di “viriditas”
Viriditas, così come l’aggettivo viridis (verde) da cui deriva, condivide la stessa radice etimologica di parole quali vis/forza, vir/uomo, virgo/giovane donna, ver/primavera, virtus/valore, virga/virgulto, vita/principio vitale: parole tutte che rimandano all’idea di un principio energetico che agisce e opera nella natura e attraverso la natura, nel mondo, nell’umanità.
Il vocabolario di latino indica un uso molto limitato e circoscritto del termine: viriditas è – nel latino di Cicerone – in primo luogo la qualità cromatica propria del colore verde; per metonimia può poi passare a significare la vegetazione; infine, in senso figurato, può tradursi come freschezza, energia, rigoglio.
Il latino medievale conosce una particolare piegatura del termine in senso teologico. Gregorio Magno, nel suo commento al Libro di Giobbe, associa per contrasto l’immagine della ariditas, ossia della desolazione priva di vita e spiritualità, a quella della viriditas, la vitale freschezza che comunica l’idea di un accrescersi del vigore spirituale e della forza della spiritualità: se terra desolata è il cuore che ancora non ha incontrato il Dio-che-viene, terra verde è il cuore bagnato da quella pioggia feconda che è la venuta di Cristo.[3]
Ma, mentre in Gregorio Magno la parola viriditas si ritrova quasi esclusivamente nei Moralia in Job, in Ildegarda il termine ritorna con significativa frequenza tanto nelle opere di carattere teologico-profetico come nei testi di carattere naturalistico.
Particolare è, poi, la rilevanza che il concetto di viriditas acquista all’interno della Symphonia harmonie celestium revelationum, la Sinfonia dell’armonia delle rivelazioni celesti, una raccolta di antifone, sequenze, responsori e inni a carattere liturgico, composti e musicati da Ildegarda attorno alla metà del XII secolo.[4]
Un’armonia risanatrice
La musicologa e cantante Barbara Thornton (1950-1997), co-fondatrice con Benjamin Bagby dell’ensemble vocale e strumentale Sequentia, specializzato in musica medievale, iniziò a dedicarsi allo studio delle composizioni ildegardiane a partire dagli anni ’80 del Novecento, giungendo a inciderne l’intero repertorio. L’ascolto delle sue incisioni ci restituisce in pienezza lo spirito di Ildegarda.
Ascoltare la musica di Ildegarda, meditando le parole dei suoi componimenti, apre l’anima alla dimensione di una armonia profonda e risanatrice. Sinfonia è, per Ildegarda, accordo non solo di linee melodiche vocali e strumentali, ma anche consonanza di vita interiore e spirituale; il canto viene perciò, in questa prospettiva, ad acquistare un carattere sacramentale, in quanto compie ciò che simboleggia: nel canto, spirito, voce e strumenti operano “sinfonicamente” e in questo operare sinfonico l’armonia di cui l’uomo è in continua ricerca, e che è essa stessa essenza della Presenza divina, viene trovata e realizzata.
Nell’antifona O viridissima virga, all’immagine di Maria si sovrappone poeticamente l’immagine del virgulto fresco e verdeggiante, germogliato nel grembo dell’attesa anelante dei giusti.
Nella compiutezza della sua fioritura fisica e spirituale, la Virgo-virga dischiude il mistero dell’incarnazione: è Cristo il bel fiore profumato sbocciato sui suoi rami. Il dato visivo si concretizza nel dato olfattivo, e il profumo si fa simbolo di quella vita buona cui tutti, in Cristo, possono attingere, anche laddove l’esistenza appaia spenta e disseccata: il buon profumo che viene da Cristo restituisce fragranza agli aromi inariditi, che possono così tornare ad esprimersi in viriditate plena – nella pienezza feconda della verdeggiante, divina, energia vitale.
O viridissima virga
ave, que in ventoso flabro sciscitationis
sanctorum prodisti.
Cum venit tempus quod tu floruisti in ramis tuis,
ave, ave fuit tibi, quia calor solis in te sudavit
sicut odor balsami.
Nam in te floruit
pulcher flos qui odorem dedit
omnibus aromatibus que arida erant.
Et illa apparuerunt omnia in viriditate plena.O verdissimo virgulto,
ave, tu che spuntasti nel fremito desideroso
dell’anelito dei santi.
Quando giunse il tempo in cui tu fioristi sui tuoi rami,
ave, ave a te, poiché il calore del sole in te trasudò
come profumo di balsamo.
In te infatti fiorì
il bel fiore che diede profumo
a tutti gli aromi inariditi.
Ed essi apparvero tutti in pienezza di viriditas.
Anche nel cuore degli inverni più aridi e freddi, con fremiti silenziosi, come linfa, scorre la Viriditas.
[1] Giovanni Pascoli, Novembre.
[2] https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/apost_letters/documents/hf_ben-xvi_apl_20121007_ildegarda-bingen.html
[3] A Theological Interpretation of Viriditas in Hildegard of Bingen and Gregory the Great; in: https://www.bu.edu/pdme/jeannette-jones/#_edn10
[4] Ildegarda di Bingen, Carmina. Symphonia harmonie celestium revelationum, a cura di M.E. Tabaglio, Gabrielli Editori, Verona 2014.
Bello, bello, bellissimo.
Grazie.
bellissimo articolo, grazie