In ricordo di Aldo Giordano

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Ci sono persone il cui semplice ricordo trasmette un brivido di cielo che, accarezzandola con tenerezza, risveglia l’anima a ciò che solo vale e resta. Aldo Giordano è una di queste.

Lo attesta l’eco commossa che spontanea è risuonata dal cuore di tanti all’apprendere la notizia della sua morte prematura, a 67 anni, per il Covid-19 contratto nel corso della partecipazione alla visita di papa Francesco in Ungheria, lo scorso ottobre.

Eco molteplice ma concorde: risuonata non solo da personalità della Chiesa e della vita politica del vecchio continente, ma anche da tanti altri che lungo gli anni l’hanno conosciuto godendo per qualche tratto di tempo della sua compagnia e della sua cura. «Un maestro del dialogo», «un amico vero», «una persona intera», «un grande», «un profeta di pace e speranza», «uno salito sul calvario con Gesù»… − ecco alcune frasi ricorrenti.

Un percorso di vita

Ebbene sì, a rileggere le tappe e gli eventi che hanno ritmato la sua vita e il suo ministero, così ricchi di frutti e promesse, con quell’evidenza che solo a posteriori si riesce a intuire, si staglia un filo d’oro.

Il primo tratto in esso disegnato è quello da lui percorso, dopo l’intenso e felice periodo di formazione in famiglia e nel seminario di Cuneo, sua indimenticata città natale, nel corso di studi (coniugato con l’impegno in parrocchia) seguito presso l’Università Gregoriana di Roma e poi nell’insegnamento impartito presso lo Studio Teologico Interdiocesano e la Scuola di Scienze religiose di Fossano, in Piemonte.

L’esercizio della filosofia era stato da sempre nelle sue corde: perché vi sperimentava l’appassionante ricerca del senso dell’esistere, personale e sociale, specie in un tempo come quello della dopo-modernità piagato dalla ferita aperta e incalzante dell’interrogativo, del desiderio, del dubbio, dell’attesa.

Non è un caso che il testimone di tale ferita che egli scelse a ideale compagno di viaggio nella sua mai conclusa, eppure da sempre già pacificata ricerca sia stato Friederich Nietzsche, col quale intrattenne lungo tutta la sua traiettoria intellettuale ed esistenziale un’«amicizia stellare» (Sternenfreundschaft) – come l’ha definita, da fine interprete di questa nostra interpellante stagione, Herbert Lauenroth riprendendo l’espressione di Nietzsche stesso.

Perché Nietzsche – scrive Aldo nella pagina finale del suo vibrante e originale saggio dal rivelativo titolo: Nietzsche: dissonanza e illusione (1992) – «ha cercato di vedere la realtà dal punto di vista dell’uno passando radicalmente dentro alla lacerazione tragica del reale. E questo è un nuovo sapere, una sapienza più originaria della separazione tra pensare e vita. (…) Nietzsche è stato afferrato dalla nostalgia di un amore, di una festa, di un eterno, ma non ha trovato il Volto. (…) Ha tentato sentieri che scorrono nel cuore dell’uomo di oggi. Nel dialogo con lui un desiderio e una responsabilità: non tanto confutare le sue idee in termini astratti (Nietzsche ha fatto della vita un pensiero e dei pensieri una vita), ma mostrare una risposta che è vita, capace di affrontare la questione del dolore, dell’inesorabilità del tempo, della libertà, del desiderio, del fascino dell’attimo, della sete di bellezza e di eterno»[1].

Parole da cui si sprigiona il sapore intenso e inconfondibile di una meditazione filosofica e performativa sul destino del moderno e sulla chance, oggi, d’un nuovo e più vero inizio: e proprio a partire dalla crisi che lo segna ed è consegnata alla nostra creativa e conviviale responsabilità.

Questa l’intuizione di Aldo, tutt’uno con un sincero e generoso slancio verso quest’inedito che ne anima l’insegnamento dal 1982 al 1996: lasciando tracce profonde in chi frequenta le sue lezioni, ogni volta – ancora lo ricordano grati – un evento che non lascia indenni.

Si occupa intanto con intensità e larghezza d’interessi della pastorale diocesana, a Cuneo, per gli ambiti culturale e socio-politico, che coltiva anche in relazione col laboratorio di pensiero e incontro cui insieme con altri – tutti giovani e, col senno di poi, decisamente intrepidi – in quegli anni s’era dato il via a Roma: “Teologia in dialogo[2]. Ricordo tra tutti, nel 1992, il vivace convegno su Cristianesimo ed Europa: la sfida della mondialità, da lui organizzato e condotto in quel di Cuneo: vi parteciparono Massimo Cacciari, Gianni Vattimo, Francesco Tomatis, Enrique Cambón, Celestino Migliore, coinvolgendo l’intera cittadinanza con in testa gli studenti delle scuole superiori di città e provincia[3].

L’Europa e le Chiese

Si può comprendere di qui perché – ecco il secondo tratto della sua avventura – nel 1995 l’abbia raggiunto l’invito ad abbandonare l’insegnamento e l’animazione diretta della creativa esperienza culturale che in quegli anni aveva promosso, per assumere il delicato ufficio di Segretario Generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), trasferendosi nella sede del Segretariato a St. Gallen, in Svizzera.

Inizia così un cammino di 13 anni in cui collabora con intelligenza, visione, perseveranza, coi vescovi e le Chiese d’Europa che si ritrovano – dopo il crollo dei muri del 1989 e la prima Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Europa del 1991 – a intraprendere la strada nuova e senza meno impervia dell’incontro e della cooperazione, nello scenario d’una società decisamente cambiata, spesso confusa e contraddittoria.

Aldo matura via via una visione strategica della presenza e missione della Chiesa in Europa in singolare consonanza – lo possiamo costatare oggi – con le linee maestre del futuro magistero di papa Francesco: che quest’anno, forse proprio per questo, lo chiama a Bruxelles come Nunzio presso l’Unione Europea. Due parole esprimono l’intenzionalità profonda, declinata con fervida immaginazione, del suo servizio: unità plurale di un’Europa dalle frontiere aperte e impegno senza sconti nella costruzione della pace, coi piedi ben piantati nello scenario sfidante del presente e lo sguardo spalancato sull’orizzonte di una fraternità a livello mondo[4].

In particolare è il dialogo ecumenico che si profila ben presto e con determinazione come una priorità della sua azione, con risultati apprezzabili e duraturi. Aldo, ad esempio, conservava vivo il ricordo di quel 22 aprile del 2001 in cui era stata firmata la storica Charta Oecumenica a Strasburgo: una tappa miliare nel cammino verso la piena unità delle Chiese d’Europa, di cui egli è stato a detta di tutti un vero protagonista.

All’uscita della chiesa di Saint Thomas, l’allora metropolita Daniel (ora Patriarca della Chiesa ortodossa di Romania) gli si era rivolto con queste parole: «Il cielo nuvoloso di questi giorni si è aperto con uno squarcio di azzurro su di noi: è un segno che Dio benedice ciò che abbiamo realizzato».

Commenta Herbert Lauenroth, dischiudendo uno spiraglio sulla profonda e robusta spiritualità di Aldo, attinta con gratitudine e convinzione dal carisma dell’unità di Chiara Lubich: «Per lui questo cielo “squarciato” era ospitale per tutti gli uomini e tutto il creato: un orizzonte aperto che dice profeticamente il ritorno di tutte le realtà al seno del Padre propiziato dalla ferita del Figlio nella sua Pasqua di morte e risurrezione».

Aldo lo illustrava così: «Gesù entra dentro la ferita e diventa Lui ferita. La ferita è qualcosa che (ti) divide, in altre parole crea uno spazio nuovo, che prima non c’era. Gesù lascia entrare in sé la ferita e diventa spazio, ma siccome Egli è Dio, la ferita diventa spazio divino, quindi enorme, abissale, infinito. E questo significa che tutti gli uomini trovano casa in Lui»[5]. Come discepoli di Gesù si tratta, per Aldo, di entrare per grazia e con responsabilità dentro questo spazio: creando a propria volta luoghi praticabili di dialogo, ascolto, incontro, riconciliazione.

Diplomazia vaticana

Intanto, in maniera del tutto imprevista – ma con scelta lungimirante, che dice l’apprezzamento e la fiducia per lo stile del suo lavoro –, nel 2013 viene ordinato vescovo e inviato Nunzio in Venezuela. Vi resterà con empatia e fattivo coinvolgimento – come sempre del resto – per 7 anni e 4 mesi, nel bel mezzo delle convulse e drammatiche ben note vicende che il Paese attraversa.

Lo rievoca con precisione – e con una punta di nostalgia – in una delle sue ultime interviste, rilasciata nel luglio scorso di passaggio al Santuario di Sant’Anna di Vinadio: il più alto d’Europa, incorniciato da quelle montagne piemontesi svettanti verso l’alto che spesso ritornavano nel suo dire.

In Venezuela infatti, succedendo a mons. Pietro Parolin appena nominato in Vaticano Segretario di Stato, Aldo si era impegnato in un’azione diplomatica tessuta di rapporti e mirata a superare le contrapposizioni, a sostenere le fragilità delle fasce di popolazione più colpite dalla disgregazione della società, dalla mancanza di mezzi di sussistenza, dall’incertezza circa il futuro. Così concludeva quell’intervista: «Come dice il papa, abbiamo bisogno della preghiera di tutti, perché abbiamo bisogno di miracoli, e i miracoli si ottengono con la preghiera. (…) Con quest’amicizia nel cuore parto, e la mia fede mi dice che il Cristo risorto mi precede e mi aspetta a Bruxelles. Conto su questo».

La parola che illuminava il suo ministero e che aveva scelto come motto episcopale era: «Praecedit vos in Galilaeam» (Mc 16,7). Una parola che dice tutto. Empatia col proprio tempo, condivisione della ferita, sguardo all’orizzonte, amicizia, dialogo, occhi di Pasqua capaci di scoprire la luce anche nella notte più fonda, generatività della compassione imparata da Maria: ecco lo stile che ha impregnato e ora ci restituisce trasfigurati il pensiero e l’azione di Aldo Giordano.


[1] In P. Coda – A. Tapken (edd.), La Trinità e il pensare. Figure percorsi prospettive, Città Nuova, Roma 1992, pp. 65-122, qui p. 122.
[2] Cf. ad es., La questione etica: una sfida dalla memoria, a cura di A. Giordano, Città Nuova, Roma 1990.
[3] Cf. gli Atti: Cristianesimo ed Europa: la sfida della mondalità, a cura di A. Giordano – F. Tomatis, Città Nuova, Roma 1993.
[4] Cf. A. Giordano con A. Campoleoni, Un’altra Europa è possibile. Ideali cristiani e prospettive per il vecchio continente, San Paolo, Cinisello Balsamo 2013.
[5] Cf. A. Giordano, “Riconciliazione ed Europa”, conferenza a Brescia del 31.1.1997, su invito della Cooperativa Cattolico-Democratica di Cultura.

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3 Commenti

  1. Ricardo 13 dicembre 2021
  2. Enrico Cassago 9 dicembre 2021
  3. p. Claudio Monge 8 dicembre 2021

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