In questi giorni, ha richiamato la mia attenzione vedere come, in varie parti del mondo, la beatificazione del dr. José Gregorio Hernández sia stata una notizia importante. Ho ricevuto alcune chiamate dall’estero e quello che soprattutto mi chiedevano era perché tutti i venezuelani fossero così felici per la sua beatificazione.
Non intendo dilungarmi in una biografia, perché queste informazioni si possono reperire in più parti sul web. Voglio invece sottolineare che la sua vita è stata e rimane importante per i venezuelani di ieri e di oggi.
Medicina e prossimità
Francisco Salas Pérez pubblicò nel 1893 un’intervista a José Gregorio, sulla rivista culturale El Cojo Ilustrado, in cui descrive il nostro beato come un importante e illustre caraqueño: «Sa tutto quello che può sapere un uomo che ha trascorso i suoi 26 anni nell’apprendimento, ma conosce anche una scienza che non si impara in nessuna accademia. Sa farsi amare. Da medico diventerà una celebrità, la sua fama ormai è consolidata: è solo questione di tempo perché si diffonda».
José Gregorio non era solo un medico, era un amico, qualcuno vicino e preoccupato per la vita e la salute di coloro che si facevano visitare. Oltre al lavoro in ospedale, aveva un suo studio privato, dove si prendeva cura anche dei poveri con la stessa attenzione di chi poteva pagarlo. La sua religiosità e il carattere andino si combinava con l’eleganza del caraqueño di fine Ottocento e inizio Novecento e con la visione del mondo che aveva studiato a Parigi, Berlino e Madrid.
Il suo successo nel mondo della medicina non lo ha spogliato della sua prossimità a tutti. La gente lo conosceva come un uomo buono, alla mano, umile e molto saggio. Si è lasciato amare ed è per questo che il giorno della sua sepoltura le strade di Caracas si sono riempite per vedere passare il corteo funebre.
Un’occasione per la Chiesa venezuelana
La beatificazione di José Gregorio è di grande importanza per la Chiesa venezuelana, non perché abbia uno in più sugli altari, ma perché con essa viene beatificato il modo popolare di intendere e vivere la fede tipico dei venezuelani.
Per il venezuelano, uomo di fede non è quello che si caratterizza per le sue numerose devozioni e pratiche religiose, ma per la sua bontà e vicinanza. In effetti, le devozioni in Venezuela sono un luogo di incontro e celebrazione e non di riti formali e studiati. Solo per menzionare alcune di queste devozioni, dovremmo parlare della Croce di Maggio dove le persone recitano e cantano fulías;[1] del Corpus Domini con i diavoli tradizionali che danzano davanti al santissimo Sacramento, e di san Giovanni Battista con il suono del tamburo e danze attorno all’immagine del santo. Non c’è devozione popolare senza relazioni e non c’è relazione senza festa.
Questo stile di vita, in cui le relazioni sono l’asse attorno al quale si articola l’esistenza, è inscritto nel DNA dei venezuelani. Nessuno è riuscito a vivere tanto questo ideale relazionale come il dottor José Gregorio Hernández; infatti il modo di rapportarsi con gli altri di José Gregorio ha lasciato un segno così profondo nella vita e nella memoria dei venezuelani che la sua vita è diventata un ideale da raggiungere. Si capisce, quindi, come non sia un caso che questo nuovo beato sia amato non solo dai cattolici, ma anche dai venezuelani appartenenti ad altre confessioni religiose e, addirittura, dagli atei.
Il rispetto che il mondo accademico porta per questo famoso beato non è dovuto soltanto all’apprezzamento per il suo contributo alla scienza, ma alla sua bontà. Luis Razzeti, illustre medico venezuelano, ateo per convinzione, critico intellettuale della fede e oppositore accademico di José Gregorios, ha sorpreso molti venezuelani quando, dopo la morte del beato, ha riconosciuto José Gregorio come un autentico sacerdote di medicina.
Da parte sua, Rómulo Gallegos, lo scrittore più in vista della storia del Venezuela e che, inoltre, ha ricoperto la Presidenza della nazione, ha detto con sgomento: «Beata la morte di quest’uomo che ci ha fatto vivere intense ore di elevazione spirituale. (…). Lacrime d’amore e di gratitudine, tremore angosciato di cuori spezzati dal colpo assurdo e brutale che ha infranto un’esistenza preziosa, dolore, stupore, tutto questo ha composto attorno alla salma del dottor Hernández il più bel tributo che un popolo possa rendere ai suoi grandi uomini (…) Non era un uomo morto che portavano a sepoltura; era un ideale umano che passava in trionfo, elettrizzando i nostri cuori. Si può essere certi che al seguito del feretro del dottor José Gregorio Hernández abbiamo sperimentato tutti il desiderio di essere buoni».
La sfida di una beatificazione
La beatificazione pone alcune sfide all’istituzione ecclesiale venezuelana. La figura di José Gregorio riunisce venezuelani di diverse tendenze politiche, che è una grande opportunità per costruire ponti e impegnarsi in dialoghi fino ad ora negati dalla cocciutaggine degli attori politici.
Un altro fronte aperto con la beatificazione è quello dell’evangelizzazione.
Non c’è dubbio che il venezuelano sia un cristiano con un suo proprio stile, e questo spiega perché non si sia mai lasciato controllare dalle istituzioni ecclesiali. È tempo di metter mano a una Chiesa che riconosca e comprenda la fede popolare del comune venezuelano. Il cristianesimo in Venezuela è popolare piuttosto che istituzionale.
Se i pastori della Chiesa riescono a cogliere la ricchezza della fede che è racchiusa nella vita quotidiana dei venezuelani, si genereranno nuove forme liturgiche dove le persone si vedono riconosciute e sentono di celebrare; proposte etiche più incentrate sulla bontà che sul peccato e rapporti fraterni basati sulla bontà e la solidarietà.
La sfida per la Chiesa istituzionale è grande. Va detto che chi davvero non ha mai dimenticato o abbandonato la causa di José Gregorio sono stati i fedeli del popolo. L’istituzione ecclesiastica, al contrario, non si è impegnata nel tempo.
Dobbiamo riconoscere che dall’inizio del processo di beatificazione ci sono stati momenti nei quali la causa è stata dimenticata e abbandonata. La gente dei campi e dei quartieri popolari non lo ha mai fatto.
Per questo è il santo del popolo venezuelano, quel popolo che dal momento della sua morte lo ha canonizzato ponendolo su altari improvvisati nelle case dei nostri quartieri popolari, dipingendolo sui murales della città e attaccando la sua immagine sopra i letti d’ospedale a proteggere e curare i malati del posto.
[1] Il termine fulías fa riferimento a una serie di cantate folk in Venezuela, eseguite in particolare durante la vigilia della festa della Croce di Maggio.