Dehon ha scritto molto e non sempre in modo originale, critico e scientifico. Il materiale disponibile online e curato dal Centro Studi dehoniani dovrebbe stimolare la ricerca condotta in modo scientifico, in modo da fare emergere l’immagine di un uomo cristiano e santo che ha molto da dire a ognuno di noi e alla Chiesa.
In occasione della nascita di P. Dehon non risulta siano stati registrati quei “fatti particolari” che costituivano la delizia di agiografi del tempo che fu e la croce degli storici seri. Le uniche cose che sappiamo sono quelle de relato[1], raccontate da lui stesso. Quando dunque ricorre il giorno del suo compleanno, come suggeriva anni fa una lettera dell’allora Superiore generale[2], ricordiamo il fatto di quella nascita in rapporto alla sua e nostra vocazione.
La teologia morale – là dove declina verso spiritualità e ascetica[3] – sostiene che l’imitazione di Cristo consiste non tanto nel fare ciò che Gesù ha fatto, ma come egli ha fatto. La cosa è vera anche con i Fondatori e le Fondatrici di Ordini e Congregazioni religiose dei quali si dice che occorre imitare lo spirito e, se santi, festeggiarne il dies natalis, cioè il giorno della morte.
Compleanno e dies natalis
Tra le singolarità invalse tra i Sacerdoti del Sacro Cuore, alias dehoniani, a partire da un certo periodo, quella della solennizzazione del compleanno di Dehon è, mio avviso, la più sorprendente o cospicua. Complice una qualche approssimazione della prassi di “postulatori” volenterosi, soprattutto di ieri, il giorno della nascita del Fondatore è infatti diventato via via persino più rilevante di quello della morte. La cosa ha a sua giustificazione soprattutto pezze d’appoggio, per così dire, stagionali, almeno in quella parte del mondo in cui la Congregazione è nata, ha avuto l’iniziale sviluppo e dove il 12 agosto coincide con il periodo delle vacanze/ferie/chiusure temporanee di scuole e imprese.
Il fatto è – e la cosa non paia un altro iconoclasmo dopo quello di cui si disquisì la scorsa estate[4] – che tale consuetudine scardina la certezza con la quale enciclopedie e manuali di agiografia danno, da sempre, per assodato che solo il Battista, insieme alla Vergine Maria, sarebbe (il condizionale è d’obbligo almeno finché la beatificazione di Dehon resta il lista d’attesa) l’unico santo di cui si celebri con il dies natalis (morte) in senso canonico anche la nascita terrena (compleanno). Nelle Chiese che ammettono il culto dei santi la nascita del Battista il 24 giugno ha infatti la sua bella rilevanza non solo liturgica. Sant’Agostino ci ha tramandato addirittura che nella Chiesa d’Africa la celebrazione in quel giorno aveva già antiche radici…[5]
Il 14 marzo di ogni anno, ricordando il compleanno del Fondatore forse gioverebbe riandare – non sembri singolare – al 19 agosto1925, giorno del funerale di P. Dehon a Saint-Quentin. L’allora vescovo di Soissons, Charles-Henri-Joseph Binet, poi cardinale, iniziò l’omelia dicendo «Si chiude una pagina della grande storia religiosa; la penna è caduta dalle mani stanche di colui che la usava da sessanta anni». Un omaggio grazioso e meritato, come certe rappresentazioni iconiche reperibili nelle nostre case e nel sito della Congregazione per non dire delle tante narrazioni agiografiche moltiplicatesi nel tempo, su opuscoli e pubblicazioni tutte encomiabili e volenterose, alcune storicamente accurate e persino attente sotto il profilo critico, in primis ora quella recente di David Neuhold[6].
Possiamo dirci, ora che la grande parte degli scritti di Dehon è facilmente reperibile sul web, che se scrittore fu senza dubbio, magari teologo, studioso, esperto in spiritualità… lo fu con qualche beneficio di inventario[7]. Charles Kanters, primo biografo, lo paragonava a «un’ape che raccoglie e non va fino in fondo al calice; non un teologo…». Ricordava, in compenso, che era «Molto buono come conciliatore. Lo chiamiamo il Très bon Père».
Chi negli anni ha analizzato le sue opere in modo critico conferma che non fu uno studioso[8]; chi ha frequentato gli originali dei suoi scritti può aggiungere, senza imbarazzo o protervia, che anche per la sua attività di scrittore qualche puntualizzazione non guasterebbe per amore di correttezza storica anche a costo di turbare gli agiografi che, spesso, sono pessimi storici.
Così, ad esempio, in un Cahier custodito nell’Archivio del Centro Studi di Roma, non datato, che porta in copertina l’intestazione Institution Saint Jean e il relativo logo, si legge il titolo Elisée Reclus, a pagina 1, tuttavia, un altro titolo recita Le Brésil vue général[9]. Il Cahier consta di 131 pagine, i cui testi sono inframmezzati da vari sottotitoli. Tutte le pagine sono scritte con la grafia di Dehon. Grande parte dei testi raccolti nel Cahier è ripresa in NQT XXI o XXII/1906 e anche, o solo, in MLA[10] . Spesso le parti riprese sono identiche, talora ci sono tagli e qualche diversità. Altre volte il tema è presente ma è molto diverso rispetto agli appunti del Cahier. Alcuni testi del Cahier non si ritrovano in NQT e MLA. Nel lavoro di digitalizzazione sviluppato al Centro Studi Dehoniani di Roma per l’allora Dehondocs.it, ho segnalato in nota la cosa con il simbolo seguito dalla sigla delle opere e l’indicazione delle pagine relative in cui in NQT e MLA i testi sono ripresi, puntualizzando, se del caso, differenze o variazioni.
Quanto alla loro origine, i testi del Cahier rimandano a Élisée Reclus, Nouvelle Géographie Universelle, volume XIX, Amérique du Sud […], Paris, Librairie Hachette et Cie, 79, Boulevard Saint Germain, 1894. La copia informatica da me consultata è oggi alla Bibliothèque Nationale de France[11]. Il testo digitalizzato del Cahier oggi reca le aggiunte di vari rimandi agli scritti in cui Dehon li ha ripresi citando ma anche – il più delle volte – non facendolo. Esso inizia a pagina 91, termina a pagina 495 della copia informatica ricordata. In NQT XXI/1906, 67, Dehon introduce il paragrafo “Histoire” con la frase «Aperçu historique d’après Reclus»: onesta dichiarazione della paternità altrui su ciò che segue. Altre volte in MLA ed NQT/1906 XXI e XXIII è citato tra parentesi (Reclus). In un paio di casi nel Cahier, si trovano preceduti dal segno +, sottotitoli aggiunti che ricorrono identici o “aggiustati” anche in NQT e MLA nei luoghi che sono stati indicati in nota nel testo digitalizzato.
Questo, così come i rimandi a Reclus, fanno pensare che il Cahier potesse essere una raccolta di appunti, utilizzati per la stesura di passi di NQT e MLA. Qua e là si incontrano anche alcuni punti interrogativi [?] dopo affermazioni nel testo, come se lo scrivente (Dehon) si fosse proposta una verifica successiva. Infine l’errata grafia di nomi geografici è identica sia nel Cahier, sia in NQT e MLA, ed evoca una delle mende ricorrenti nei testi di Dehon.
Quanto vi sia di lavoro redazionale in questi appunti è, ora, possibile dirlo dopo il riscontro effettuato con le singole parti del testo originale. Alcuni passi del testo di Reclus sono ripresi tali e quali, altri sono tagliati, altri in parte sintetizzati, magari riprendendo per esteso una sola frase. Troviamo personalizzazioni, sintesi, inserimenti e commenti di Dehon. Dove interviene, il Nostro mantiene stile, caratteristiche e anche propensioni e idiosincrasie sue proprie. In breve, non mancano rielaborazioni redazionali, ma le parti “riprese” come sono in originale sono senz’altro più ricorrenti.
La digitalizzazione del CGS ha indicato, dove possibile, sia le pagine del volume di Reclus da cui i testi sono ripresi, sia, preceduti dal segno ►, i riferimenti a NQT e MLA dove sono riportati. L’indicazione dei numeri di pagine separate dal punto, segnala righe o passi isolati e anche distanziati; l’indicazione di pagine successive con trattino segnala testi che continuano per più pagine. In un articolo su questo Cahier apparso su CUI della Provincia ITS[12] e, prima nel testo elaborato per il Centro Studi, è stata riportata una serie di esempi, riprendendo le note aggiunte in calce in varie pagine del Cahier al momento del lavoro di confronto e digitalizzazione. Leggendole, è possibile verificare come nel suo lavoro di riproduzione Dehon abbia seguito criteri non sempre identici e anche come nelle due diverse opere in cui le sue “riprese” ricorrono si diano diversità rispetto all’originale nonché autocitazioni delle rirese in opere diverse.
In sintesi si è di fronte a materiale identificato nell’originale di Reclus, ripreso nel Cahier e che talora si ritrova in NQT e MLA. Il Cahier, così, era una sorta di brogliaccio di appunti da utilizzarsi alla bisogna tenendo conto che nella Nota 10 di NQT XXI/1906 un ignoto redattore attribuisce a «Onésime le Reclus» (sic) La terre à vol d’oiseau un riferimento di Dehon presente anche in questo testo, aggiungendo che egli si era servito anche di un altro manuale portoghese di storia del Brasile[13].
In uno studio senza pretese per il Corso dei formatori[14] tenuto a Roma un paio di anni prima del Capitolo Generale del 2015 citavo Perroux: «Padre Dehon scrive molto, spesso in fretta, salvo poi a sovraccaricare il suo manoscritto di cancellature, correzioni, aggiunte, sovrascritture… Spesso riutilizza testi composti in altre circostanze, li adatta, sfuma, aggiunge l’uno o l’altro dettaglio.[15] Prende a prestito da molte fonti che non sempre cita, di molte se ne infischia o se le cita lo fa solo in modo approssimativo, se ne serve insomma molto liberamente. Le ricerche per identificarle sono certo utili, soprattutto se fondate su una seria conoscenza della letteratura dell’epoca e una reale competenza per un’interpretazione senza dubbio delicata. Lo studio di Paul Airiau, a proposito delle «fonti testuali del pensiero giudeofobico del P. Dehon»,[16] ne è un buon esempio, che ci si augurerebbe di vedere applicato ad altri settori della sua opera.
Tutto ciò per dire che, pur restando notevole, la quantità degli scritti del Fondatore è da ridimensionare… almeno per ciò che concerne gli aggettivi con i quali spesso la indicano biografie, saggi diversi, scritti divulgativi e anche interviste non abbastanza documentate. Scritti di “Le Règne …” compaiono infatti anche in OSP, OSC, ADP, ASC, NQT, NHV, Le Règne di Louvain-Brussel, le Règne di Brugelette. Che Dehon li abbia ripresi da un testo (libro o rivista, suo o altrui o che da esso siano confluiti in altri volumi, indica un modus operandi possibile. Oggi, in questi casi, si segnala che uno scritto, tutto o in parte, è già apparso altrove o che una pubblicazione contiene pezzi già pubblicati, oltre a segnalare doverosamente quando un testo è di altri. Non così Dehon ma, più che di lui, mette conto dolersi dei calcoli frettolosi di agio/biografi entusiasti ma non sempre bene informati.
Le cose che Dehon deve a Réclus, dopo la verifica fatta sul testo recuperato in consultazione informatica sulla copia della Bibliothèque Nationale de France[17] sono di un certo interesse anche solo a livello di pura curiosità storico-geografica ma deve essere chiaro che non sono di Dehon. La selezione che ne ha fatto il Fondatore in ambedue gli scritti citati, a partire dalla raccolta effettuata sul Cahier ricordato, oltre a dire che cosa di non… dehoniano vi sia in quei testi, dice qualcosa anche del criterio che lo ha guidato nella selezione, nei tagli, nelle integrazioni, insomma del suo lavoro redazionale. Si tratta magari di curiosità per iniziati… se però servissero anche solo a ridimensionare la diffusa opinione sulla enorme quantità delle cose scritte dal Fondatore non sarebbe poca cosa in ordine alla verità storica della sua figura.
Dehon non ha nulla da perdere a essere se stesso, se non altro perché – riprendiamo ancora A. Perroux nel paragrafo intitolato En guise de conclusion “une œuvre écrite, surtout le témoignage d’une vie”[18] l’opera scritta di Dehon è vasta e tratta i soggetti più diversi, essa soprattutto rimanda all’insieme della sua vita attiva. Gli scritti costituiscono qualcosa di unico, spesso sono contemporanei quanto alla composizione e complementari nella intenzionalità dell’Autore. Inseparabili da avvenimenti e situazioni della sua vita, tutti testimoniano la ricchezza della sua personalità, la sua multiforme partecipazione alla vita del suo tempo, così come l’evoluzione della sua esperienza spirituale. Quanto, dopo perdite, cancellazioni e distruzioni (incendi, guerre, eliminazioni da parte sua…), è pervenuto è un insieme cospicuo, ai più noto ancora solo in parte[19], ed è « surtout le témoignage d’une vie», la testimonianza di una vita.
Per quanto poi riguarda le sue opere spirituali, in età avanzata quando si fa la verità con se stessi, scrisse: «Sono lavori un po’ superficiali […]».[20] Nel 1970, quando nella Congregazione si dibatté l’ipotesi di procedere alla pubblicazione dell’opera omnia[21], da più parti si obiettò che le sue opere esistevano in diverse biblioteche, che l’ipotesi di una riedizione completa era dettata dal desiderio di averle anche in biblioteche di altre case più che dal bisogno di leggerle («Informationum Nuntius/9.2.1970»).
La storiografia moderna, dove tratta di Dehon abbé démocrate, quasi non parla dei suoi scritti spirituali.[22] Una equilibrata valutazione dello scrittore Dehon si può avere approcciando lo scritto di Neuhold, ricordato sopra, riguardo al quale Carlos Suàrez Codorniù nella Prefazione allo stesso ha annotato con equilibrio «Chi legge il testo potrà verificare che è stato realizzato con la necessaria libertà scientifica. Il fatto che alla fine non si sia prodotta una biografia classica, ma un’opera storico-critica orientata in senso biografico, corrisponde agli attuali standard metodologici del lavoro storiografico».[23]
Intelligenti pauca…[24]
Annunciare il Vangelo fu lo scopo della sua vita e anche dei suoi scritti. Di questi, per amore di verità, oltre che per correttezza storiografica, occorre evidenziare pregi, limiti e riconoscere serenamente che mancano di originalità, di personale intuizione delle cose. Dehon, a detta di G. Manzoni, non fu nemmeno un «elaboratore di idee altrui», cosa che presuppone originalità; fu un assimilatore,[25] uno che prendeva da altri e metteva insieme, ahimè anche ciò che magari sarebbe stato opportuno sottoporre a critica preventiva, come nel caso dell’antisemitismo[26], a proposito della qual cosa va aggiunto che peraltro non fu nemmeno originale[27], facendo perlopiù da «cassa di risonanza di altri autori[28] che cita più o meno rigorosamente, indicando fonti che sono solo indirette e dimenticando le opere da cui ha veramente attinto».[29]
Si intravedono nella sua opera dipendenze, limiti, prese di posizione frettolose, poco controllate, talora in contrasto tra loro sullo stesso argomento.[30] Non fu né teologo di professione, né esegeta.[31] Dehon descrive l’esistente, seleziona dalla grande tradizione spirituale precedente che trova ripresa nell’ambiente ecclesiale del suo tempo, ne propugna le idee, ma non innova né lo statuto della teologia né quello della spiritualità.[32]
Amava la Sacra Scrittura e la citava molto. Spesso tuttavia le sue citazioni sono accomodate; ignora l’esegesi specialistica e i suoi commenti non sono scientifici, ma quelli di chi usa la Bibbia per la preghiera e la vita spirituale. “Usava” la Scrittura in senso letterale e ha scritto: «Mi servivo, come fa la liturgia, del senso accomodatizio per i diversi testi della Scrittura».[33] Prediligeva l’interpretazione simbolica. Dorresteijn lo dice un «simbolista appassionato»[34] che si sarebbe trovato a suo agio nella scuola alessandrina. Quando Dehon aveva tra i 50 e i 70 anni si era in pieno Modernismo, possiamo capire la sua diffidenza verso la critica biblica testuale che, del resto, liquidava dicendo «la critica interna e le sue fantasie».[35]
Con i limiti e le caratteristiche giova ricordare l’elemento fondamentale e unificante dei suoi scritti spirituali: l’amore e l’oblazione. L’originalità di Dehon sta nel «cuore», scrive con il cuore. Compendia la rivelazione dell’amore di Dio nei tre misteri incarnazione, passione, eucaristia.
Tutti gli eventi salvifici sono spiegati da lui con l’amore. Al centro della storia della salvezza sta il Cuore di Cristo: «Il Cuore di Gesù è tutto il Vangelo».[36]
In un dossier relativo alla documentazione presente al Sant’Ufficio conservato[37] fortunosamente anche al Centro Generale Studi sono stati raccolti diversi testi in cui vengono evidenziati i rilievi che a suo tempo (Consummatum est) furono mossi agli scritti di Dehon. Non gli si fa torto oggi a dire che i suoi scritti “spirituali” sono da collocare tra la letteratura edificante che mira al progresso spirituale del lettore. Ha scritto che la Provvidenza gli ha fatto tracciare vari solchi; due, secondo lui, avevano lasciato una traccia profonda «l’action sociale chrétienne et la vie d’amour, de réparation, et d’immolation au Sacré-Cœur de Jésus».[38]
La sua produzione spirituale riguarda essenzialmente la devozione al Sacro Cuore.[39] Si era proposto di scrivere una summa, raccolse e scrisse molto. Gli esiti sono modesti: luoghi comuni, personalizzazione fuori posto del Sacro Cuore. La sua cristologia, così come la devozione al Sacro Cuore, si ispira a Saint-Jure.[40] Qualche accentuazione esagerata rimanda a scritti di altri, Suore Ancelle incluse. Nel Dossier del Sant’Ufficio ricordato alcune sue sottolineature sul culto del Sacro Cuore furono dai censori dette singolari e addirittura un po’ oltre rispetto al sentire della Chiesa.
Questa spiritualità non era per lui una cosa a sé stante, ma una lettura privilegiata del mistero di Cristo,[41] ideale per realizzare la santità. Egli la legge, non solo in chiave personale ma “sociale” e “politica”; dice che il Cuore di Gesù non vuole solo il regno nei cuori, nelle famiglie, nella Chiesa, ma un regno sociale e nazionale. Al Cristo sono state date in eredità le nazioni,[42] il suo regno si deve ristabilire nel mondo…
Accentuazioni lontane dalla sensibilità odierna, come quella nazionalistica e l’utopia di una politica basata su questa devozione per promuovere carità, giustizia, uguaglianza sociale, pace universale. Resta vero, però, che la fede e la devozione esigono le opere, l’impegno morale che dà verità al rapporto con Dio e determina il credente devoto a ricercare la giustizia.[43] La sua insistenza sull’amore non è tuttavia sentimentalismo[44]. Parlando di Le Mois du Sacré-Cœur, dice che deve essere dottrinale e pratico, evitare sentimentalismo e pietismo, perché l’autentica devozione al Sacro Cuore non si limita a sentimenti e impressioni. Ne aveva fatto la fonte a cui attingere per la sua vita spirituale. Insomma, scriveva ciò che viveva: la sua unione con Cristo, la contemplazione del Cuore: volgere lo sguardo «a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37), è lo stimolo migliore per rispondere all’amore di Dio. Magari gli sfugge la centralità del mistero pasquale… d’accordo, ne tratta in L’année avec le Sacré–Cœur,[45] ma nel tempo pasquale medita soprattutto sul precetto della carità e sulla preghiera.[46]
A proposito di ascetica e mistica, ripensando alle difficoltà che gli toccarono a seguito delle presunte «rivelazioni» e dei lumi di orazione, scrisse[47] di avere rimpianto la sua mancanza di formazione in questo campo. E, dopo la lettura di Giovanni della Croce, ammise che, se lo avesse fatto nel 1878, avrebbe evitato molti errori. Anche in questo ambito scrisse secondo la grazia che dava significato alla sua vita, presentando la vita interiore come vita d’amore.
«Informationum Nuntius» del 1970 dice che i suoi scritti spirituali non ebbero la diffusione di quelli sociali… noi però non sappiamo cosa essi abbiano prodotto nelle anime. E, comunque, «sono preziosi per l’informazione che ci consegnano […] sulla sua vita interiore, le sue concezioni, il suo ideale […]».
Aveva scritto: «Lascerò davvero la mia dottrina nel mio Année avec le Sacré-Cœur »,[48] e indubbiamente ci sono pagine «piene di ispirazione e vedute sintetiche, ma senza rigore di composizione e informazione scientifica….».[49]
Forse però, non è tanto importante che sia stato teologo o grande scrittore. Dai santi non si richiede quello che è doveroso attendersi dai teologi, cioè di dire la fede con consapevolezza critica nel tempo in cui vivono. Ai santi si chiede che realizzino le virtù cristiane in modo eroico. Dagli uni e dagli altri (santi e teologi) si richiede che siano in primo luogo uomini.
Uomo, Dehon lo fu pienamente[50]: virtù naturali, onestà, senso del lavoro, solidarietà, discrezione, rispetto degli altri, dei legami familiari e sociali; cristiano, visse queste virtù imitando e amando Cristo nel senso ricordato; santo, fece ciò in modo eroico come la Chiesa ha riconosciuto[51]. Il materiale documentario, ora in grande parte disponibile per una ricerca condotta in modo scientifico, potrà fare emergere l’immagine di un uomo cristiano e santo che ha molto da dire a ognuno di noi e alla Chiesa.
Anni fa, in occasione dell’incontro su “Il Cuore di Cristo nel futuro dell’Europa”[52] ci si è chiesti quale fosse il lascito della spiritualità dehoniana per un tempo secolarizzato in cui occorre dire in modo nuovo Dio, divenuto meno evidente nella nostra cultura. Le ipotesi[53] avanzate in quel contesto sono interessanti ma è importante verificare sempre se davvero attribuiscano a Dehon qualcosa di autentico[54]. Le possibilità di declinare la sua spiritualità per l’uomo di oggi sono tante, ma è bene dirsi che, se anche Dehon non ha presentato un programma spirituale ben definito, ha però lasciato varie parole chiave ed è a quelle che occorre risalire, rinunciando a facili stereotipi di certe derive verificatesi negli anni e, in quegli stessi anni, rispettabili, ma da rileggere oggi alla luce di un sentire diverso.
Azzardo per azzardo, si potrebbe ipotizzare l’incarnazione di quelle tradizionali, riparazione, immolazione, oblazione, sacrificio in umanità, solidarietà, compassione, misericordia, donazione… alla luce di Cristo che ha amato e si è donato per l’uomo (cfr. Gal 2,20).
Molti di quanti lo conobbero furono colpiti dalla sua umanità. «Très bon Père» era qualcosa di più di un complimento, era la sintesi di una personalità di prete, direttore spirituale, educatore, conferenziere e divulgatore della dottrina sociale della Chiesa; di un uomo che si distingueva per «classe», intelligenza, cuore, semplicità, bontà, accoglienza, comprensione, rispetto e cordialità, fedeltà nell’amicizia, fede e amore per il Cuore di Cristo, il cui Vangelo viveva e annunciava, dopo averlo incontrato nell’Eucaristia, nella preghiera personale, negli altri.
La sua «vita interiore» non fu intimismo. Animava il suo zelo a servire il Signore nella quotidianità, nell’impegno per la giustizia dappertutto, in primo luogo tra i poveri… ultimi e penultimi
Nella cronaca dei suoi funerali «Le Guetteur de l’Aisne» (26.08.1925), lo ha ricordato come un «gentilhomme», aggiungendo che lo era «jusqu’au bout des ongles».
- In collaborazione con l’Ufficio comunicazioni della Curia Generale dei dehoniani.
[1] Brocardo che in lingua italiana equivale a riferito da altri.
[2] Cfr. Prot. 0066/2014 Lettera per il 14 marzo, nascita di p. Leone Dehon: “…è il giorno nel quale ricordiamo non soltanto la nascita del nostro fondatore (…) ma anche la nascita della nostra vocazione(…) preghiamo che questa vocazione continui a vivere negli altri e ci viene ricordato di aiutare altri (…) a trovare la vocazione racchiusa nel loro mondo interiore (…) il 14 marzo è il giorno della nostra vocazione(…) Questo giorno ci chiede di parlare ad altri della nostra vocazione” (cfr. Informationum Nuntius n. 1/2014, n. 3).
[3] Cfr. Tanquerey, P. A. P.S.S. Compendio di teologia ascetica e mistica, passim. Uscito nel1930 a lungo in uso nei seminari, assegnava a oggetto della Teologia ascetica e mistica la perfezione della vita cristiana. Optatam totius puntualizzò: «Si ponga speciale cura nel perfezionare la teologia morale, in modo che la sua esposizione scientifica, più nutrita della dottrina della sacra Scrittura, illustri la grandezza della vocazione dei fedeli in Cristo e il loro obbligo di apportare frutto nella carità per la vita del mondo». Dehon notava : «Les dogmes sont les principes; la morale en est l’application. C’est dans les dogmes que la morale trouve son autorité et sa sanction. […]. C’est la foi, ce sont les dogmes qui ont eu la part la plus active à la transformation des nations et à l’établissement de la civilisation chrétienne. Là où la foi est fortement établie, la morale règne facilement. C’est à l’abandon du dogme qu’il faut faire remonter les ruines morales et intellectuelles de notre pauvre société». Si veda anche Zamboni S., “Elementi per una lettura delle Couronnes d’amour dal punto di vista della teologia morale”, Dehoniana 2020, 63-72 Per la citazione: DEH2020-07-IT.
[4] Cfr. Dehoniani.org 09 agosto 2021: “Costituzioni dehoniane ’82: distruzione della devozione Sacro Cuore?”.
[5] Si veda https://www.augustinus.it/italiano/discorsi/discorso_568_testo.htm – Discorso 293/A augm. Discorso di sant’Agostino sul giorno della nascita di san Giovanni Battista…: “1. Il Signore ha voluto che oggi fossimo di persona presenti qui fra voi, fratelli carissimi, e vi tenessimo il discorso del quale vi eravamo debitori. […] Il privilegio di Giovanni Battista. 2. Di chi potremo parlare oggi se non di colui del quale oggi celebriamo la nascita? ,[…] Dev’essere senz’altro segno di una qualche grandezza il fatto che non passi inosservato il giorno della sua nascita, come non passa inosservato il natale del suo Signore […]”.
[6] Mission und Kirche. Geld und Nation. Vier perspektiven auf Léon G. Dehon, Gruender der Herz-Jesu-Priester, Edizione italiana EDB 2020 . La stesura di una biografia critica era stata richiesta nel 2000 dal 22° Capitolo generale cfr. Documenta XXI. Capitulum Generale XXII, p. 308 :«La produzione biografica al riguardo è preziosa, ma insufficiente. Il “lungo dilata” con cui è stata per ora sospesa la beatificazione di p. Dehon ci diche anche che a tutt’oggi, forse, non disponiamo ancora di una biografia critica del nostro fondatore. Una più ampia e approfondita conoscenza del contesto storico, religioso, sociale, politico dell’opera e della figura di p. Dehon è indispensabile per una sua urgente contestualizzazione».
[7] In italiano l’espressione sta per “riservandosi di controllare verità o fondatezza di un racconto o informazione”, credere solo in parte a ciò che dice qualcuno che notoriamente esagera, ma anche di ciò che si dice di qualcuno in contesto encomiastico o agiografico.
[8] Cfr. de B. Braga J., “Dehoniana” 1(1999), 71; Denis, M. SD 5(1973), 4s.; Pisarek, G. “Dehoniana”, Anno XI/2013, p. 108.
[9] Inv. 89.01 B 13/3.
[10] Mille lieux dans l’Amérique du Sud. Cfr. Mille lieues dans l’Amérique du Sud : Brésil, Uruguay, Argentine, L. Dehon, 1909.
[11] La copia consultata si trova alla Bibliothèque Nationale de France (indirizzo informatico: ark:/12148 bpt 6k 31425 j.
[12] Gelardi, A.“La terre à vol d’oiseau”. Uno strano cahier, CUI 478, Luglio 2016, 10 ss.
[13] Quanto ad altre fonti, nel paragrafo “Les indiens” è annotato tra parentesi (Voir Francis de Castelnau, Expédition dans l’Amérique du Sud), mentre nel paragrafo “Découverte” è citato Luciano Cordeiro, L’Amérique et les Portugais. Insomma, Dehon stesso non manca, talora, di indicare le fonti di cui si è servito nei suoi scritti di viaggio e geografici.
[14] Gelardi, A. “Gli scritti di P. Dehon. II. Spunti per una lettura critica. Una vasta produzione, ma non esageriamo…”. Il testo fu pubblicato pro manuscriptu come dispensa per gli studenti del Corso formatori e, poi, di quello economi; la citazione è approssimativa; puntuali sono invece le note relative a Perroux e Ledure là riprese e qui riportate.
[15] Cfr. Perroux, A. “Le Père Jean-Léon Dehon (1843 – 1925), Fondateur de la Congrégation des Prêtres du Sacré-Cœur de Jésus (Saint-Quentin), Le témoignage d’une vie”, Manoscritto [d’ora in poi Témoignage…], Première Partie, II. L’œuvre écrite Du Père Dehon. Ora SD 59/2014, p. 82
[16] Cfr. Ledure, I. Catholicisme social et question juive. Le cas Léon Dehon (1843 – 1925), Lethielleux/DDB, Paris 2009. pp. 111-126. (Ed. it. Antisemitismo cristiano ? Il caso Leone Dehon, EDB 2009, pp. 93ss). Cf. Perroux, A. Témoignage…, Première Partie, II. L’œuvre écrite du Père Dehon. Traduzione e riduzione nostra.
[17] Indirizzo informatico: ark:/12148 bpt 6k 31425 j.
[18] Cfr. Perroux, A. Témoignage… pp. 81s.
[19] Cfr. Perroux, A. Témoignage…, Première Partie, II.,. “L’œuvre écrite du Père Dehon”, p. 82s, traduzione e riduzione nostra.
[20] NQT XVI, 45: décembre 1900. Preme qui scusarsi con il lettore che dovesse eventualmente dolersi del mancato adattamento di diverse note di NQT e OSP alla sistemazione informatica più recente.
[21] Opera omnia locuzione neutra plurale latina («tutte le opere»), usata in italiano come sostantivo femminile plurale e più spesso come singolare, indica la raccolta che comprende tutte (o quasi tutte) le opere di uno scrittore, ordinate secondo un criterio cronologico o suddivise per generi e presentate, in uno o più volumi, in veste editoriale generalmente uniforme:
[22] Cfr. Tertünte, S. “Leone Dehon e la storiografia attuale”, Dehoniana 2000/ Volume 3°.
[23] In Neuhold, D., Mission und Kirche… cit. p. 5.
[24] Locuzione latina equivalente a «a chi sa intendere, poche [parole bastano]»), corrisponde a quella italiana a buon intenditor poche parole e, come questa, usata sia in senso proprio (chi è pronto a capire non ha bisogno di lunghe spiegazioni), sia come avvertimento, ammonizione o minaccia (sai cosa voglio alludere; ci siamo già capiti, regolati…).
[25] Cfr. Manzoni, G. Leone Dehon e il suo messaggio, EDB 1989, pp. 459.
[26] Cfr. Airiau, P. “Le fonti testuali del pensiero giudeofobico di p. Dehon”, in Ledure. I. (a cura), Antisemitismo cristiano?. Il caso di Leone Dehon, tr. R. Fabbri, EDB 2009, pp. 93-106.
[27] Airiau, P. nel testo citato a p. 106 gli attribuisce, come unica originalità, l’espulsione dall’aria antisemita del tempo “solo il razzismo biologico”.
[28] Airiau, P. nel testo citato a p. 106 elenca Gougenot des Mousseaux, l’Abbé Chiarini, il canonico Rohling,, Eisenmerger, Puffendorf, Drumont e i suoi epigoni cattolici.
[29] Idem, o .c. p.106
[30] Cfr. Perroux, A. Témoignage… Première Partie, II. L’œuvre écrite du Père Dehon. L’opera, all’epoca del mio sermone (cfr. qui l’ultima nota) ancora in lavorazione, è stata successivamente pubblicata in STD 59/2014. Per quanto riguarda questo giudizio cfr. oggi pp. 81ss.
[31] Cfr. Manzoni, G. citato p. 460.
[32] Cfr. Neri, M. “La posizione di Israele nella spiritualità devozionale di p. Dehon”, in LEDURE, Y. (cur.), Antisemitismo cristiano? Il caso di Leone Dehon, EDB 2009, pp. 149ss; p. 150.
[33] NHV IX, 180-181.
[34] Dorresteijn, H. Vita e personalità di P. Dehon. Note e studi di Manzoni G., EDB, Bologna 1978.
[35] NQT XXIII, février 1907, 49.
[36] Cfr. OSP V, 447.
[37] DOSSIER « RERUM VARIARUM » 1884 N° 5, N° de protocole du dossier : 579/1951 [Introduction et notes du Père André Perroux, SCJ] : “Il fascicolo è composto da 7 parti, numerate : Parte I, II, III, IV, V, VI, VII. Le parti I e II consistono in grandi raccoglitori, solidamente rilegati, con un titolo in copertina. Le parti da III a VII sono “camicie” (cartelle); in copertina è riportata la descrizione del contenuto, quindi l’elenco dei documenti presenti nella cartella. Nella presentazione che segue, per ogni parte troveremo prima una descrizione di ciò che contiene, poi una panoramica dei testi, e la ripetizione più spesso letterale di molti documenti. Questi documenti, spesso originali, lettere, relazioni di commissioni, pareri di consultori e decisioni del Sant’Ufficio, ecc., sono molto preziosi per una conoscenza più precisa della storia della Congregazione, della personalità del Fondatore. di Monsignor Thibaudier suo Vescovo, e di altri attori coinvolti in modo particolare nella complessa vicenda del “Consummatum est”.
“Seguo [è A. Perroux che scrive] l’ordine corrente della documentazione così come appare nel file, anche se spesso questo ordine non segue quello cronologico dei documenti”.
Per una storia più precisa di questo periodo, secondo la sequenza di eventi e interventi, sarebbe necessario ristabilire questo ordine cronologico e collegare questa documentazione ad altre fonti, in particolare le « Notes sur l’Histoire de ma Vie » e la Corrispondenza di Dehon.
[38] NQT XXV/1910 33.
[39] Cfr. Ledure, Y. Un prete con la penna in mano. Leone Dehon, EDB 2005, pp. 196 ss.
[40] Cfr. Témoignage…, anno 1904, quart’ultimo capoverso; cf. STD 59/2014, pp. 523s.
[41] Cfr. OSP V, 447.
[42] Cfr. OSP V, 575.
[43] Cfr. Neri, M. citato, p. 154.
[44]Cfr. in dehoniani.org/it 09 agosto 2021: “Costituzioni dehoniane ’82: distruzione della devozione Sacro Cuore?” le mie considerazioni discordanti rispetto ad alcune accentuazioni di M. Neri come espresse in dehoniani.org/it del 05 luglio 2021 “Sacro Cuore e Costituzioni dehoniane”.
[45] Cfr. OSP III, 273-393.
[46] Cfr. OSP III, 403-495.
[47] Cfr. Prefazione a La vie intérieure… (1919).
[48] NQT XXXV, 7.
[49] «Informationum Nuntius», 9.2.1970.
[50] Cfr. Dorresteijn, H. citato, pp. 429ss.
[51] Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Capitolo Generale della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani), Venerdì, 30 Maggio 1997: «In questo intento, nella comunione dei santi, vi è certamente accanto il vostro venerato Padre Fondatore, Léon Jean Dehon, del quale ho avuto la gioia di promulgare il Decreto sull’eroicità delle virtù…» .
[52] Incontro dei superiori maggiori e delegati di Europa sci “Il cuore di Cristo nel futuro dell’Europa” Albino (BG), 4-8 marzo 2013.
[53] Cfr. Neri, M. “Estetica della fede e spiritualità dehoniana”. Manoscritto, cfr. “Vinculo “n. 383/Junio 2013, pp. 61ss.
[54] Cfr. S. Zamboni, S. – “Osservazioni su Giustizia della misericordia di M. Neri” – EH2019-04-IT – Dehoniana 2019/1, 35-40.