Helmut Krätzl era nato a Vienna il 23 ottobre 1931. Fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1954 e consacrato vescovo il 20 novembre 1977. Ausiliare di Vienna, vi rinunciò il 6 marzo 2008.
Abitava a due passi dal celebre duomo. Non mancavo mai, quando mi recavo a Vienna, di fargli visita. Amava conversare e ricordare la sua grande passione per la liturgia, l’amicizia profonda con il cardinale König e, come il cardinale Hume di Westminster, raccontava i suoi sogni.
Me lo ripeteva di continuo: «Che la Chiesa si liberi dalla sua insicurezza quasi paralizzante e che coraggiosamente si rinnovi mi sembra la cosa più importante nel passaggio da un millennio all’altro».
Si fermava, si chiudeva in attimi di silenzio e poi a sé stesso e a me che lo ascoltavo, la domanda: « Ma in quale modo la Chiesa si deve rinnovare?». Si dava la risposta: «Proprio questo interrogativo è oggi motivo di grande insicurezza e di tensione nella Chiesa. A mio avviso, l’intero programma di rinnovamento ecclesiale è già presente da lungo tempo nei testi del concilio Vaticano II». Vi aveva partecipato come stenografo. E continuava: «Ma la Chiesa si è rinnovata ancora troppo poco in questo spirito, corre anzi il pericolo di abbandonare di nuovo, per paura, la direzione che, per ispirazione dello Spirito Santo, ha impresso a sé stessa nel concilio».
Era un appassionato della sacra Scrittura: «La Bibbia diverrà “libro della vita” se non farà soltanto memoria del passato, ma sarà invito al colloquio con Dio e sfida per un agire “politico”».
La liturgia era il suo forte e non vi era conversazione che non lo manifestasse con espressioni appropriate, con i gesti, con un linguaggio accattivante. «La liturgia – sosteneva – deve essere “adattata” in modo tale che possa aiutare l’uomo di oggi ad approfondire la sua fede, possa servire all’unità dei cristiani e, nella parola e nel simbolo, usi un linguaggio che l’uomo di oggi, nei suoi molteplici problemi, capisca». E osservava, con evidente rincrescimento, che «di fatto, ci siamo fermati ad alcune innovazioni esteriori. La liturgia oggi offre soltanto in rari casi un aiuto alla vita di fede e, dove questo tentativo è stato fatto, è più facile che siano state rivendicate delle rubriche piuttosto che sia stato espresso un incoraggiamento a compiere ulteriori tentativi. Il rinnovamento liturgico, con i suoi intenti, è ancora al suo inizio».
Non poteva l’ausiliare Krätzl non risentire dell’apertura del card. Franz König, una delle figure più eminenti del concilio e del postconcilio. Come l’arcivescovo, chiedeva spazio ai carismi, ai ministeri, alle varie forme di partecipazione del popolo di Dio. Se la prendeva con coloro, paurosi, che vogliono ignorare il fecondo e reciproco incontro del “sacerdozio comune” con il “sacerdozio ordinato”, «permettendo la partecipazione dei fedeli soltanto in maniera passiva, negando una genuina corresponsabilità».
«Le Chiese locali – osservava – non hanno ancora acquisito autonomia, come invece insegnava il concilio, e i vescovi, in quanto soggetti di magistero, sono ancora troppo poco consapevoli della loro corresponsabilità per la Chiesa universale. L’ecclesiologia di comunione era ovvia nel primo millennio cristiano; essa dovrebbe segnare anche la vita e l’immagine della Chiesa nel terzo millennio».
Non mancava mai di toccare un tema a lui molto caro: lo stile dei rapporti tra Chiesa e mondo. «La Chiesa – diceva – è ancora troppo abituata a “mettersi in cattedra”, a porre troppo presto dei limiti al dialogo, a ritirarsi timorosa nei propri ambiti, dopo molte delusioni, di cui spesso è essa stessa la causa. Il mondo ha bisogno di un interlocutore consapevole sì dei suoi tesori religiosi, ma che va incontro pieno di rispetto a chi la pensa diversamente. Per i cristiani è un dovere verso Gesù, che ci manda continuamente nel mondo per fare tutti suoi discepoli».
L’arcidiocesi di Vienna, alla morte di König, l’avrebbe voluto suo arcivescovo, ma erano i tempi della restaurazione. Le idee di Krätzl sul conferimento del sacerdozio agli uomini sposati, l’accesso ai sacramenti dei divorziati, la presenza delle donne nella vita della Chiesa e altro ancora non erano gradite alla curia romana di Giovanni Paolo II.
Helmut rimase ausiliare, molto amato e stimato.