Il nuovo presidente Pedro Paulo Kuczinsky – PPK come viene familiarmente chiamato – è un uomo d’affari e di impresa, in politica da quando era molto giovane. Formatosi in collegi rinomati (Markham College di Lima) e in alcune università di prestigio (Oxford, Princeton), ha studiato economia, filosofia e musica. Ha lavorato nei governi di Belaunde e Toledo e per questo gli viene rimproverata una certa ambiguità. Considerando fondamentale la libertà di impresa, ha favorito l’accesso di imprese straniere e ha incentivato la modernizzazione dell’industria in Perù. Per questo gli rimproverano di favorire le lobby. D’altra parte, gli si riconosce il merito di essere partigiano di uno sviluppo egualitario con l’avvio di opere in campo sociale, come l’acqua potabile nei quartieri poveri; soprattutto gli si dà atto di essere un democratico.
Figlio di padre tedesco di origine polacco-ebrea e di madre francese, non ha mai perso l’accento “statunitense” con cui il quale si esprime, per essere vissuto in Inghilterra e negli Stati Uniti. Il padre medico lo educò, fin da bambino, al servizio dei lebbrosi e alla libertà religiosa. Egli stesso dice: «Mio padre era luterano e mia madre calvinista, cosicché mi hanno battezzato in una Chiesa anglicana», sottolineando con questo lo spirito di libertà che respirato. Si è sempre posto a servizio di governi democratici, non prestandosi alla dittatura, ragione per la quale commise l‘“errore” di appoggiare Keiko Fujimori contro Humala nelle elezioni del 2011, pensando che Humala costituisse realmente un pericolo di deriva dittatoriale.
Data la sua grande esperienza in campo economico, è possibile prevedere che lavorerà per un risanamento dell’economia peruviana, cresciuta di molto anche nella crisi, che però deve fare continuamente i conti con difficoltà sempre in agguato. Il suo programma agisce alle radici economiche della società peruviana in riferimento all’ecologia (piani riguardanti l’acqua) e alla finanza (la rivoluzione sociale del credito). Il nuovo presidente promette una società più egualitaria, nel bel mezzo di un’ondata di conflitti sociali, dovuti a un’economia che ha favorito una minoranza, mentre i settori più poveri sono drammaticamente emarginati.
Il suo genio, sotto un profilo di “ semplicione”, non lo fa apparire come un politico esperto, mentre problemi come sicurezza, corruzione, narcotraffico, così come il vastissimo problema della povertà, i diritti dei lavoratori e la mancanza di educazione, richiedono tutta la saggezza della sua esperienza per essere affrontati con intelligenza e senza mettere tra parentesi la democrazia. Il suo governo dovrà essere un’opera d’arte di armonia musicale su un rigo delle peggiori note, specialmente quelle di un fujimorismo strettamente legato ai capitali del narcotraffico, penetrato in profondità nello Stato.
Sulla sua appartenenza religiosa non è molto loquace, però mantiene una certa vicinanza con tutte le Chiese, e insieme una distanza prudente da tutte, specialmente nei confronti del card. Cipriani, arcivescovo di Lima, con il quale è andato d’accordo su certi temi. Ha manifestato simpatia per papa Francesco e ha preso contatto con gli evangelici, consapevole che nel 2050 saranno la metà dei peruviani.
Il suo spirito democratico lo avvicina di più alla Conferenza episcopale, nel complesso più aperta e libera, che al card. Cipriani. Se ne distanzia comunque per avere incluso tra i suoi collaboratori Carlos Bruce, un politico omosessuale. Appoggia le unioni civili tra persone dello stesso sesso, e questo, si sa, i settori conservatori della Chiesa non glielo perdonano. Un presidente dialogante, bene formato e intelligente dovrebbe essere affiancato a tutti i livelli da una direzione della Chiesa cattolica allo stesso livello. Riferimento esplicito al card. Cipriani, notoriamente su posizioni di esasperato integralismo.
Tempi duri per il presidente. Il governo è fortemente condizionato da un Congresso a maggioranza fujimorista; il paese è spaccato in due. Tutto dipenderà dalle riforme del modello neo liberale, che un neo liberale democratico dovrà intraprendere con coraggio favorendo soprattutto la maggioranza della popolazione povera del paese, che Keiko Fujimori ha portato dalla sua parte negli anni della propaganda clientelare con il denaro e il narcotraffico.
Saprà il presidente Kuczynski liberarsi di quella parte “diabolica”, che gli viene rimproverata per aver favorito le grandi imprese nelle quali ha lavorato e per le quali gli hanno affibbiato l’appellativo di lobbysta?