Sarà sepolto nel cimitero di Sihlfed (Coira) il 14 giugno il vescovo Peter Henrici. Era nato a Zurigo, diocesi di Coira, il 31 marzo 1928. Fu ordinato presbitero il 23 luglio 1958 e consacrato vescovo il 31 maggio 1993. Divenne ausiliare di Coira per esplicita scelta di Giovanni Paolo II. Rinunciò il 5 febbraio 2007. Insegnò per oltre trent’anni filosofia all’Università Gregoriana, molto stimato.
Lo incontrai nell’agosto del 1993 a Zurigo e mi impressionarono la profondità del suo pensiero, la passione per la filosofia, soprattutto per il filosofo francese Maurice Blondel, l’acutezza nel trattare i problemi teologici (era cugino di Hans Urs von Balthasar), la signorilità dei tratti, la volontà di dialogare in un clima reso incandescente dalla presenza e dall’attività pastorale del vescovo Wolfgang Haas, notoriamente ultratradizionalista, che, al dire del teologo benedettino di Einsiedeln, Magnus Lohrer, docente al Sant’Anselmo di Roma e al seminario di Coira, godeva di forti appoggi nella Curia romana, anche se la situazione nella diocesi di Coira era diventata insostenibile e pericolosa.
Henrici era stato nominato ausiliare insieme con mons. Vollmar: entrambi avevano ricevuto la consacrazione episcopale nella celebre abbazia di Einsielden e non nella cattedrale di Coira.
Gli feci osservare: «Tre vescovi per ritrovare una certa unità». Aggiunse sorridendo: «Per ritrovare la piena unità», osservando subito che, nella situazione della diocesi di Coira, «unità» vuol dire «riconciliazione»: «Occorre colmare i fossati e abbattere i muri che si sono creati in questi ultimi anni».
Wolfgang Haas era vescovo coadiutore di Coira dal 1988 e poi vescovo titolare dal 1990. «Profondi soprattutto i fossati dei malintesi e della poca comunicazione. E, come avveniva nelle fortificazioni medievali, dietro il fossato si è eretto il muro del rifiuto del dialogo. Sarà nostro primo compito, di mons. Vollmar e mio, ripianare le vie della comunicazione. Grazie a Dio, sembra che questo stia già avvenendo in qualche misura».
La nomina lo sorprese perché membro della Compagnia di Gesù. I gesuiti erano banditi dalla Svizzera da più di un secolo, in seguito all’ultima guerra civile del 1848, di cui erano ritenuti responsabili e furono riammessi solo nel 1973.
Mi delineò a grandi linee il suo programma: «Primo, dedicarmi al ministero pastorale, prendere contatto personale con le parrocchie, ma anche con le “missioni” per i cattolici di lingua non tedesca e con le varie istituzioni cattoliche. Secondo, vista la mia storia passata, mi stanno particolarmente a cuore le vocazioni, la formazione del clero e del personale pastorale laico, molto numeroso a Zurigo.
Terzo, essendo cresciuto in un ambiente di diaspora, fra tanti amici evangelico-riformati, non posso non interessarmi dei rapporti ecumenici. Il futuro della fede cristiana a Zurigo sta nella collaborazione fraterna delle due Chiese principali. Visiterò le parrocchie, che sono state frastornate in questi anni, celebrerò l’eucaristia o una liturgia della Parola, parlerò con i responsabili e con i fedeli e vedrò. Ho detto ai miei superiori: datemi almeno un anno di tempo per osservare e ascoltare».
Diede un giudizio sereno dell’affare-Haas: «È forse soltanto un epifenomeno di un problema più profondo: il modo di intendere e di vivere l’essere-Chiesa». Mi parlò del grave problema della scarsità del clero, alla quale far fronte con un progetto di “relativizzazione” del principio della territorialità parrocchiale, «raggruppando più parrocchie in unità pastorali più grandi, di cui si prenderebbe cura un’équipe di sacerdoti, diaconi e laici».
Gli chiesi dell’Opus Dei, presente e operante vistosamente nel seminario di Coira con l’arrivo di mons. Haas, mentre era in corso con buoni risultati il cosiddetto “seminario integrato”, che Haas soppresse.
Anche lo studio teologico di Coira si ribellò al vescovo. Studenti e studentesse l’abbandonarono alla fine dell’anno accademico per trasferirsi a Lucerna. Il seminario divenne luogo di studio quasi esclusivamente per studenti che seguivano in modo acritico la linea tradizionalista di Haas.
Mons. Henrici: «Sono in difficoltà a pronunciarmi sia perché, essendo gesuita, sono forse parte in causa, sia perché conosco ancora troppo poco l’Opus Dei in generale e il suo impegno concreto nella nostra diocesi. Però, anche se abbiamo una spiritualità diversa – il mio motto episcopale Virtus in infirmitate (2Cor 12,9) (= la forza si manifesta nella debolezza) potrebbe indicarlo – vorrei poter arrivare a una positiva e costruttiva collaborazione con tutte le realtà ecclesiali e quindi anche con l’Opus Dei. Una collaborazione basata su un dialogo franco e anche critico, in vista del medesimo fine che abbiamo: il bene delle anime, del popolo di Dio e dell’annuncio del regno di Dio».
Dov’è ora mons. Haas? Da 2 dicembre 1997 è vescovo di Vaduz (Liechtenstein). L’attuale vescovo di Coira dal 2021 è mons. José Maria Bonnemain dell’Opus Dei, nato a Barcellona. È molto astuto, ma non l’ho mai incontrato. A succedere a mons. Haas fu chiamato mons. Huonder, che rinunciò nel 2019.
Un appassionato professore di filosofia, un signore, un vero gesuita: raffinato filosofo come lui che se ne va per parrocchie e tra vescovi squinternati. Grande Padre Henrici, riposa in pace.
Grazie di questo bel ricordo. Ho avuto il piacere di seguire i corsi di p. Henrici alla P. Università Gregoriana, nella seconda metà degli anni ’70 e nei primi anni ’80: le sue lezioni sulla filosofia moderna erano un incanto di chiarezza, competenza e profondità… Probabilmente il miglior professore che ho avuto in quegli anni. Dio lo accolga nella sua pienezza di luce.