Il 24 ottobre scorso è deceduto a Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo (RDC, ex Zaire), il gesuita padre Léon de Saint Moulin. Era nato nelle Fiandre, in Belgio, a Naast, nel 1932. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1950, nel 1959 viene mandato come studente in stage a Léopoldville, capitale dell’allora Congo Belga, fino al 1961. Ordinato sacerdote nel 1964, vi ritorna nel 1967 e ci resterà fino alla sua morte.
Amava chiamare il Congo «il nostro paese». Era conosciuto, apprezzato, rispettato da intellettuali, molti dei quali suoi ex studenti, ma anche dalla gente semplice in favore e a fianco della quale aveva sempre lottato in prima fila.
Gli studi, le ricerche, le opere e i suoi articoli hanno aiutato la nazione congolese a far fronte alla miseria materiale, ma anche a tante ingiustizie. Rispettoso verso tutti, ha saputo dire la verità e fustigare il potere sotto il Maresciallo Mobutu, quando questo non era in favore del popolo.
Così, nel 1992, quando il dittatore aveva chiuso la grande assise della Conferenza Nazionale Sovrana, assieme ad un gruppo di sacerdoti resistenti e coraggiosi, aveva animato la marcia che ne reclamava la riapertura. Marcia che purtroppo è stata soffocata nella violenza causando molte vittime in tutto il Paese.
Vicerettore della Université Nationale du Zaire, incaricato del campus di Kinshasa, è stato anche direttore del Centre d’études pour l’action sociale (CEPAS).
Autore di pubblicazioni, articoli, libri, carte topografiche, collaboratore in studi sociodemografici, è considerato un monumento, una biblioteca della storia del Congo.
Nella mia permanenza in Congo non l’ho conosciuto personalmente, ma solo attraverso le sue pubblicazioni, soprattutto nel campo di Giustizia e Pace. Dagli scritti, dagli interventi, come dalle sue interviste, emerge una costante: ciò che è positivo, ciò che dà speranza. Padre Léon de Saint Moulin sapeva analizzare le situazioni sociopolitiche del Paese, anche le più negative, ma sapeva soprattutto trovare sempre degli spunti per rilanciare il bene con coraggio, per trovare spiragli di libertà di espressione e libertà di azione.
Non ha mai dato segni di scoraggiamento né ha permesso che questo si facesse strada. Ha lottato per il bene della popolazione, al suo fianco, sempre con metodi nonviolenti. Ha contribuito immensamente in positivo ai primi passi dell’indipendenza negli anni Sessanta, lavorando soprattutto nel campo dell’istruzione, e ha formato scientificamente e moralmente un grandissimo numero di studenti.
La sua testimonianza di cittadino, di religioso, di sacerdote e di educatore rimarrà per la RDC un punto di riferimento anche in futuro.
Padre Giovanni Pross, religioso dehoniano, è stato a lungo missionario nella Repubblica Democratica del Congo (RDC).