Simone Weil a 75 anni dalla morte

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Il 24 agosto del 1943, 75 anni fa, a soli 34 anni moriva Simone Weil. Charles de Gaulle l’aveva definita una «pazza sconosciuta». Il domenicano Jean-Marie Perrin la definì invece «una santa». «Fino ad oggi – scrive l’agenzia cattolica tedesca KNA, in un breve profilo a firma di Julia Grimminger – Simone Weil rimane una figura enigmatica, persino tragica, un’«instancabile cercatrice di Dio».

La ricerca di Dio è stata la forza motrice centrale di Simone Weil. La vita della filosofa e mistica francese è stata breve ma intensa – radicale nello stile e nel pensiero. Weil era una cercatrice instancabile del rapporto tra ragione e fede, mistica e politica, sofferenza e morte, giustizia e redenzione.

Figlia di un medico ebreo, cresce in condizioni fortemente borghesi, viene presto in contatto con le idee comuniste. La religione per lei è qualcosa di superato e anacronistico. E tuttavia per tutta la sua vita agisce ispirandosi al principio della carità.

Scrive: «Nella spiritualità cristiana sono in certo senso nata e cresciuta e sempre rimasta». Tuttavia ci vorranno anni per un confronto durevole con la fede cristiana. Dopo lo studio della filosofia, diventa insegnante nella città di provincia di Le Puy. Si impegna nei sindacati e scrive sulle riviste di sinistra. Il suo impegno politico la porta ad abbandonare l’impegno scolastico. Nel 1932 si trova in Germania e scrive dei saggi sul pericolo del fascismo.

La «vergine rossa»

Sono gli enigmi del mondo moderno che inducono gli amici a chiamarla «la vergine rossa». Cerca la realtà là dove è più concreta: nel dolore, nella sofferenza. Come operaia di fabbrica, si sente coinvolta nella sorte del proletariato. Impara a conoscere la fame e la fatica, le molestie, l’eccesso di lavoro e le preoccupazioni della disoccupazione. Nel Diario di fabbrica ce ne dà una prova scioccante.

Il suo radicalismo aumenta: dopo una vacanza in Portogallo, si reca in Spagna nel 1936 per combattere a fianco dei repubblicani nella guerra civile. Poco dopo torna gravemente ferita in Francia.

Un soggiorno di convalescenza in Italia nel 1939 imprime in lei una svolta decisiva. «Cristo è disceso e si è impossessato di me», racconta a Jean-Marie Perrin, un domenicano il quale d’ora in poi diventa, assieme al filosofo cattolico Gustave Thibon, il suo più importante confidente e amico spirituale. Negli anni seguenti descrive ripetutamente delle visioni di Cristo: «Egli entrò nella mia camera e disse: “Povera creatura, tu non capisci niente, non sai niente! Vieni con me e io ti insegnerò delle cose di cui non hai alcuna idea”».

Durante la seconda guerra mondiale lei, ebrea, fugge per breve tempo negli Stati Uniti, poi si sposta in Inghilterra, dove collabora temporaneamente con Charles de Gaulle. Il problema della fede cristiana diventa sempre più urgente. In una Lettera ad un religioso si esprime senza prevenzioni sul cattolicesimo, ma anche con alcune riserve sulla Chiesa come istituzione.

Morte in sanatorio

Per diversi anni è tormentata da mali di testa. Nonostante il suo fragile stato di salute, durante la guerra soffre la fame per solidarietà con i suoi compatrioti francesi. Nell’aprile del 1943 è ricoverata in una clinica. Il suo stato di salute deperisce a vista d’occhio. Muore di tubercolosi il 24 agosto in un sanatorio di Ashford, nella contea del Kent. Un prete di Londra non riesce a raggiungerla a causa di un bombardamento. Poco prima di morire, sembra sia stata battezzata da un’amica. Nei suoi appunti tuttavia non si trova nessun accenno. Molti lettori l’hanno trovato solo dopo la seconda guerra mondiale nel libro postumo Schwerkraft und Gnade (Gravità e Grazia).

Quanto siano importanti i modelli scientifici naturali di pensare come base delle riflessioni di Weil lo dimostrano i suoi Diari, i cosiddetti Cahiers. In essi tende l’arco che va dalle “teoria dei quanti” di Plank agli insegnamenti dei monaci tibetani. Dopo la sua svolta cristiana e mistica e gravi delusioni politiche, la sua opera viene svalutata agli occhi di molti di sinistra.

Questa impressione è stata favorita anche da una prassi editoriale unilaterale: all’inizio le sue opere religiose furono pubblicate, in seguito soltanto gli scritti politici. Da un punto di vista religioso, il suo pensiero è esemplare per un’apertura ecumenica mondiale, in cui non abbandona mai l’unità tra religione e politica. (katholisch.de – KNA)

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