«La scienza è il meglio che abbiamo! È la ricerca comune di una conoscenza vera e affidabile del mondo, inclusi noi stessi». [1]
In un appello per la scienza e le sue forme appropriate di trasmissione nelle scuole e nei mezzi di comunicazione, Stephen Hawking (morto lo scorso 14 marzo 2018) richiamava il fatto di un progresso tecnico e scientifico inarrestabile: «In una società democratica l’opinione pubblica ha bisogno di conoscenze scientifiche di base che le consentano di prendere decisioni fondate, in modo da non doversi affidare agli esperti» [2]. O ai populisti, ai demagoghi, ai fanatici religiosi ecc…
La mente e la mano, creare il sorprendente
Hawking certamente non parla contro i professionisti (ma per le conoscenze di base!); egli stesso è uno di loro, straordinario e affascinante, a cui è sempre riuscito, con pubblicazioni scientifiche (divulgative), di appassionare un vasto pubblico ai misteri e alle meraviglie del cosmo. E non ha mai mollato, nonostante la sua grave malattia! [3] La moderna tecnologia informatica gli è stata di grande aiuto. I miracoli non sono dèi, demoni o angeli, i miracoli sono l’arte e la scienza.
«Non diversamente dall’infinita torre delle tartarughe [4] su cui poggia la terra piatta, anche la teoria delle superstringhe è una tale visione del mondo. Sebbene sia molto più matematica e accurata rispetto alla torre delle tartarughe, entrambe sono solo teorie dell’universo. Entrambe non devono essere comprovate dall’osservazione […]. Quindi, abbiamo ridefinito il compito della scienza: si tratta della scoperta di leggi che ci permettono di prevedere eventi entro i limiti che ci pone il principio di indeterminazione» [5].
Il principio di non delegazione
Hawking, come Kierkegaard, ci mette in guardia dal delegare la nostra responsabilità agli altri! Certamente non si tratta affatto di poter diventare uno specialista in tutti i settori: è oggi semplicemente illusorio (celebre l’affermazione che Goethe o Leibniz sarebbero stati gli ultimi geni universali) e sarebbe una pretesa davvero troppo eccessiva!
Se la democrazia ci sta a cuore (e nella mente), allora abbiamo tutti l’obbligo di informarci il meglio possibile per amore della nostra comunità. Questo è il motivo per cui Platone e Cicerone promuovono costantemente la filosofia come un elemento che dà forma alla vita, cioè di un poter-vivere-insieme giusto e riflessivo nella polis o nella res publica. E che ne è del nostro tempo troppo scarso? Forse ne abbiamo più che a sufficienza: «In Germania, l’uso dei media dei quattordicenni è di poco meno di 7,5 ore al giorno, come rivela un ampio sondaggio fatto su 5000 studenti. E non è stato preso in considerazione l’uso di telefoni cellulari e lettori MP3» [6].
Destato alla passione
Hawking mi ha appassionato, come Carl Sagan; la sua serie televisiva Cosmo (1983) – che ha avuto milioni di spettatori – è stata per me, allora giovanissimo studente, una rivelazione intellettuale ed estetica. Ciò che Sagan ha raccontato – come un Dante che guida attraverso il nuovo (antichissimo) edificio dell’Universo – si rendeva visibile, incisivo, attraverso immagini e raffigurazioni formidabili (secondo le possibilità dell’epoca). Materiale per sogni! Qui ho anche sentito, per la prima volta, un inno vedico alla creazione. Alle mie orecchie suonava esotico: vedico? Inno? Induismo? Uff … Avevo appena capito le conseguenze della teoria della relatività nelle puntate precedenti…
E adesso questo universo, sogno di un Dio, dovrebbe anche essere ciclico? E solo uno dei tanti? Wow! Un poema, antichissimo, la cui cascata di domande sul da dove venga il mondo, non finiscono mai. Nella sesta strofa, gli dei stessi vengono dichiarati/degradati a parte del processo creativo, il che significa che non possiamo ottenere alcuna informazione da loro! – Finché finalmente un guardiano della creazione si mostra (lui lo saprà!), solo per mettere in discussione questa certezza: «[…] o se non lo sa?» [7] Qui finisce l’inno; e il nostro domandare sembra continuare all’infinito. Non vi è già qui il germe di un dubbio scientifico, in forma poetica, che ha il coraggio di non accontentarsi di risposte rapide e semplici (da parte della religione)?
Leggere e pensare
Affascinanti sono anche le frasi di Carlo Rovelli, che mostrano come cose profonde, importanti e molto irritanti possano essere trasmesse in un linguaggio chiaro e semplice: «Albert [Einstein] leggeva Kant e seguiva a tempo perso lezioni all’Università di Pavia: per divertimento, senza essere iscritto né fare esami. È così che si diventa scienziati sul serio» [8]. Questo auguro davvero molto ai nostri studenti di oggi, così modulati e regolamentati, sotto una onnipresente e totalizzante dittatura economica: che riscoprano questa libertà, il mondo e la scienza, proprio in quanto ciascuno di loro è un Io inconfondibile! Che cosa rimane quindi della nostra terra quotidiana, così familiarmente piatta?
Prendiamo gli elettroni: «I “salti quantici” da un’orbita all’altra sono il loro solo modo di essere reali: un elettrone è un insieme di salti da un’interazione all’altra. Quando nessuno lo disturba, non è in alcun luogo preciso. Non è in un luogo» [9]. Sembra più che inquietante per la nostra visione del mondo da primati e allo stesso tempo un miracolo il fatto che noi possiamo descrivere/calcolare una cosa del genere. Che cos’è il linguaggio, che cos’è il pensier0? «Non ci sono “io” e “i neuroni del mio cervello”. Si tratta della stessa cosa. Un individuo è un processo, complesso, ma strettamente integrato» [10].
In viaggio con compagni fidati
Rovelli, lungi dal proclamare dogmi scientifici, invita a mettersi in viaggio: dalla teoria della relatività attraverso i loop fino all’Io. Questa è una storia di storie che si correggono, si integrano e, soprattutto, sono aperte a nuove storie su questo cosmo che – in tutta modestia e limitatezza, con tutto il tragico e la grandezza dell’umano – può dire Io: quella odissea sui mari verso le stelle è anche un’odissea sui mari dell’anima e verso le stelle della fantasia.
Grazie a Stephen Hawking, a un grande narratore di storie cosmiche: materiale per altri sogni, incoraggiamento ad altre esplorazioni!
Riprendiamo in una nostra traduzione dal tedesco il saggio di Markus Pohlmeyer, Nachdenken über Stephen Hawking und andere kosmische Träume(r). Ein Essay, pubblicato sulla rivista on-line Culturmag (qui l’originale tedesco), lo scorso 14 aprile 2018.
[1] M. Spitzer, Digitale Demenz. Wie wir uns und unsere Kinder um den Verstand bringen, München 2012, 13.
[2] S.W. Hawking, Öffentliche Einstellungen zur Wissenschaft, in Id., Ist alles vorherbestimmt? Sechs Essays, übers. v. H. Kober, Hamburg 1996, 105-112, hier 107.
[3] Meine Erfahrung mit ALS, in Hawking, Ist alles vorherbestimmt?, 113-123.
[4] Eine Lieblingsanekdote von Hawking. Der unendliche Schildkrötenturm bricht aber unter der Aporie des infiniten Regresses (z.B. nach Aristoteles) logisch in sich zusammen.
[5] S.W. Hawking, Die illustrierte Kurze Geschichte der Zeit, übers. v. H. Kober, Hamburg 2000, 228.231.
[6] Spitzer, Digitale Demenz, 11.
[7] Gedichte aus dem Rig-Veda, übers. v. P. Thieme, Stuttgart 1983, 67. (X, 129)
[8] C. Rovelli, Sieben kurze Lektionen über Physik, übers. v. S. Vagt, 3. Aufl., Hamburg 2016, 11.
[9] Rovelli, Sieben kurze Lektionen über Physik, 25.
[10] Rovelli, Sieben kurze Lektionen über Physik, 84.