Mercoledì 1 febbraio nella cornice della suggestiva Basilica di S. Maria dei Servi, Bologna ha voluto rendere omaggio a padre Davide Maria Turoldo, scomparso il 6 febbraio 1992. Figura eclettica e vitale della Chiesa del secondo Novecento con la quale, come è noto, il rapporto non sempre fu sempre placido. Proprio da un celebre monito del card. Ottaviani, ferreo custode dell’ortodossia, nei suoi confronti: «Fatelo girare perché non coaguli», prendeva il via l’evento bolognese, che ha inteso ridisegnare le linee cardine della sua esperienza umana e cristiana tramite la testimonianza di chi lo conobbe, e giungere infine ad una riflessione collettiva sul testamento spirituale lasciato ai posteri e sull’attualità della sua predicazione. Il tutto intervallato dai canti del coro e dell’orchestra della Cappella musicale di S. Maria dei Servi e condito dalle liriche del poeta Turoldo.
La poetica di padre David
La poesia, dono eccelso ricevuto dal frate friulano, si presenta come chiave interpretativa per indagare la sua vicenda terrena. Il servita infatti affida alla poesia una potenza creativa (“poesia è rifare il mondo”, è “sacramento della creazione”), profetica (“poesia è profezia”) ma anche meditativa (poesia è “la coscienza furiosa della sua missione”, il “diario intimo delle sue battaglie”). La sua poetica è un contributo prezioso per capire e interpretare il mondo e la storia e quindi denunciarne ogni prepotenza; è un grido rivoluzionario e stravolgente.
Ermes Ronchi, suo allievo prediletto, nel suo intervento ha mostrato come padre David si inserisca perfettamente nel filone biblico e storico dei grandi cambiamenti, al cui vertice vi è il Discorso della montagna, con il quale Cristo ha fatto del povero il principe del suo regno. Turoldo immagina un Cristo vagabondo, che pesca dalle strade e lontano dai templi le anime e parla loro a millimetro di cuore. Tutta la sua missione terrena si incentra di conseguenza sull’incontro con gli “ultimi”, i poveri, gli emarginati insegnandoci a riconoscere il volto di Dio nei loro. Fuggendo da ogni logica panteistica che vede tutto come divinità, egli scorge Dio in tutti: “Dio vestito di umanità / Cristo sei nell’ultimo di tutti come nel più vero tabernacolo: / Cristo dei pubblicani, delle osterie dei postriboli”. Un Cristo umanizzato quindi (con tutta la valenza che il termine “uomo” ha per il poeta Turoldo, che chiamò la rivista da lui fondata in gioventù proprio Uomo, con la U maiuscola), che riecheggia versi di deandreiana memoria, scritti nei medesimi anni.
David Maria Turoldo ieri…
Era questo il contesto storico, culturale, letterario in cui Turoldo fondò la sua comunità di Emmaus, un luogo di liberazione di versi e di spirito, in cui le parole obsolete della liturgia venivano limate, rinnovate e sparpagliate tra la gente. Affinché il Vangelo diventasse un libro pieno di vento e di strada. Ma Emmaus non fu solo il più attivo laboratorio liturgico post-conciliare di tutta Europa, con una produzione copiosissima di salmi, fu anche fucina di nuove idee di mondo e società, di giustizia e di pace. Ed è proprio su questa nuova concezione del ruolo della Chiesa nata dall’incontro, presso la casa di Fontanella, di Costruttori di pace giunti da tutto il mondo, che la Chiesa di oggi si può e si deve interrogare.
… e oggi
A tal riguardo, l’intervento del neo arcivescovo di Bologna, si è inserito come perfetto anello di giuntura tra l’eredità di padre David e gli eredi moderni. Mons. Zuppi, che tramite la comunità di Sant’Egidio, in cui si formò, fu spesso in contatto con i frati dei Servi di Maria e talvolta anche con Turoldo stesso, ha assorbito il frutto profondo del suo insegnamento e lo ha consegnato ai presenti, adattandolo ai nostri tempi, più che mai maturi, grazie anche all’avvento sul trono pontificio di padre Bergoglio, come seme fecondo per un cambiamento istituzionale e sociale. Basta un rapido sguardo sulla società per accorgersi del vuoto che aleggia oggi negli animi, della mediocrità che attanaglia le genti, dell’ipocrisia dei governanti. Come reagire di fronte a tutto ciò? David Maria Turoldo, papa Francesco, mons. Zuppi, sono tutti portavoce del medesimo messaggio: ritornare a una vivacità perduta, a una genuinità infantile, a una freschezza di pensiero e parola tipica dei bambini. Queste le uniche armi per «salvarsi dal grigiore dell’uomo adulto».