La seconda metà del mese di giugno ha raccolto a Bologna, città che evoca un passato non indifferente per il cattolicesimo dell’ultimo Concilio, un migliaio di partecipanti e seicento interventi per un evento che ha battezzato, ufficialmente, la neonata European Academy of Religion.
Vorrei trarre qualche conclusione in riferimento al convegno, intitolato Ex Nihilo: Zero Conference, tenendo presente natura ed obiettivi dell’Accademia, piattaforma pensata sulla base della corrispondente “gemella” americana in seno alla Fondazione per le Scienze Religiose, ed avente l’obiettivo di costruire un sapere “verificato” sulle religioni.
Necessità della formazione
Un primo messaggio fondamentale che l’evento ci consegna consiste nel recupero di un livello di formazione adeguato. Il dialogo, infatti, non è più sufficiente ad assicurare una piena fedeltà intellettuale, essendo, il nostro, un contesto colmo di disattenzioni “formali”.
Quello che è, in fondo, un limite singolare, trova dimostrazione nella moderna difficoltà a comprendere il religioso in tutta la sua vastità e complicatezza. La questione ha declinazioni che vanno dalla teologia alla fenomenologia, fino alla sociologia, ed è anche all’origine dello scollamento tra cultura e pensiero teologico – per il quale, però, rimando al recente dibattito sollevato dal teologo Andrea Grillo.
Eppure, la questione non riguarda solo un “dileguamento perfetto”. C’è, soprattutto, una ragione “posturale” da dover considerare. E una buona prospettiva rimane quella di una disposizione culturale da implementare. La si potrebbe riassumere, piuttosto sommariamente, con il concetto di “creatività” – della e per la teologia, della e per la cultura.
Saper argomentare
Un secondo messaggio fondamentale è invece costituito dalla necessità, per il mondo accademico, di riappropriarsi della scena pubblica, così da offrire alternative serie alle concezioni sul religioso a buon mercato, presto condotto all’egida del pregiudizio o direttamente associato all’ancestrale, con ciò che da vari punti di vista ne consegue.
Dopo aver appurato che non basta più rilevare le differenze esistenti in alcune e più posizioni, con il risultato che l’unico atteggiamento di fronte ad un’attestazione di questo tipo consisterebbe nel “fissare” ognuna di esse senza pensare ad “intromissioni” di alcun genere, rimane da puntualizzare un metodo.
Velocemente, immagino che non ci si possa accontentare di “traduzioni classiche”. Proprio in ragione di una tipica creatività, ci sarebbe da pensare ad un’argomentazione pubblica e condivisibile. La quale interesserebbe “grammatica” e “matematica”, ragione formale e ragione contenutistica. Ultimamente, la comunicazione tutta intera.
Nell’era ipermediale, realtà che ospita agevolmente numerose connessioni ed altrettanto semplicemente numerose disconnessioni, è il prezzo da pagare per non rinunciare ad “interrogazioni positive”.