I salmi, porta di entrata del dialogo ebreo-cattolico: è il titolo di un testo firmato dalla Conferenza episcopale canadese e dal Concistoro rabbinico del paese. Porta la data del 15 dicembre 2020 e si sviluppa per una quindicina di pagine. Nasce da una consuetudine di confronto che è partita nel 2015 e che si ripete due volte l’anno.
Prima di raccontare la genesi, è utile fissare le consonanze e le dissonanze della doppia lettura. Per esempio, il versetto 22 del salmo 118 («La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo») contiene per i cattolici un riferimento a Gesù rigettato e condannato, mentre per la tradizione esegetica ebraica (Ibn Ezra, XII sec.) l’allusione è per il re Davide, avversato e trionfatore, oppure il popolo disperso nelle nazioni, chiamato a ritrovarsi in unità.
«Questa divergenza nell’interpretazione tradizionale dei salmi fa emergere una differenza fondamentale fra le due religioni: mentre gli ebrei leggono i salmi nel contesto della vita del re Davide e anche, in prospettiva profetica, per comprendere la situazione del popolo ebraico, i cattolici leggono spesso i salmi attraverso gli occhi di Gesù e ne interpretano i versetti in base a quello che la tradizione cattolica dice della persona di Gesù.
In tutto il Nuovo Testamento si sono utilizzati dei versetti dei salmi per spiegare l’insegnamento di Gesù. Appare chiaro che, in maniera quasi parallela, i rabbini hanno incluso dei paragrafi interi e dei versetti particolari dei salmi nei rituali della preghiera quotidiana. È da sottolineare che, lungo i secoli, ebrei e cattolici abbiano pregato gli stessi salmi, sovente nel medesimo momento (in occasione della Pasqua in particolare si recitano i medesimi passi del salmo 118)».
Dalla pratica una riflessione comune
La pratica degli incontri fra ebrei e cattolici canadesi si avvia – come detto – nel 2015 come proposta del Concistoro rabbinico in occasione dei 50 anni della dichiarazione conciliare Nostra aetate (1965). Una commissione ufficiale di sei membri per ciascuna delle due delegazioni, composta da laici, chierici e teologi si è impegnata in un confronto fra le due tradizioni religiose e in uno scambio di giudizi su elementi di attualità (come il ruolo delle fedi nello spazio pubblico o le normative per i simboli religiosi).
Fin dalle prime riunioni è apparso utile aprire con un riferimento ad un salmo nelle rispettive tradizioni. Dalla comunicazione spirituale reciproca si è passati al canto del salmo nelle diverse musiche, scegliendo un salmo coerente con il tema affrontato nell’incontro e mostrandone i differenti approcci e le radici comuni.
I salmi sono 150 poemi o canti per la preghiera personale o comunitaria di Israele. Attribuiti a Davide e composti da diversi autori, esprimono una larga gamma dei sentimenti umani: lamentazione, supplica, domanda, azione di grazie, adorazione, contemplazione.
Per la tradizione rabbinica, la recita regolare e strutturata dei salmi permette di trovare i moti e le parole per il rapporto con Dio. Fanno parte dell’identità rituale, sia comunitaria, sia familiare, sia personale.
La liturgia ebraica rimonta al culto nel tempio di Gerusalemme. Dopo la sua distruzione, la preghiera salmica è continuata in una preghiera mattutina che prevede una decina di salmi e nelle celebrazioni del sabato (Sabbat) e delle grandi feste. Al venerdì sera, all’apertura del Sabbat, il culto è costruito coi salmi e nell’arco di una settimana il pio ebreo ne legge un centinaio.
Ciascun rito ha sviluppato le proprie sensibilità. La tradizione askenazita usa per i funerali i salmi 1, 15, 23, mentre i sefarditi ricorrono a quelli della vigilia del Sabbat. Per l’addio al defunto si usa il salmo 23, mentre per la sepoltura si ricorre al salmo 91. Ciascun momento forte della vita ha i propri riferimenti (imposizione del nome, matrimonio…). In contesti di guerra, fame e malattie, si ricorre al salmo 121, per la salute al 119. Preghiere salmiche sono legate ad eventi come operazioni chirurgiche, ricerca della sposa, problemi di fertilità.
Usiamo le stesse parole da secoli
Gesù e gli apostoli erano dei pii ebrei e, nell’ultima cena, Matteo ricorda i salmi della Pasqua, come salmi che sono anche le ultime parole di Gesù in croce. Nei testi del Nuovo Testamento vi sono più di 400 citazioni dirette o rimandi ai salmi. Anche oggi, nella liturgia cattolica il loro vocabolario e la loro struttura informa la preghiera comunitaria.
L’ufficio divino nei monasteri, nei conventi e fra i presbiteri prevede la recita di tutti i 150 salmi nell’arco di quattro settimane. La liturgia delle ore si è diffusa anche fra laici e laiche. Ai salmi si ricorre dopo la prima lettura della messa e, nelle maggiori feste, tornano sistematicamente alcuni altri: come il salmo 96 a Natale, il 51 nel mercoledì delle ceneri, il 22 nel venerdì santo e il 118 a Pasqua.
«Possiamo interpretare le parole in modo differente, ma utilizziamo i salmi nel medesimo modo: per dare voce alle nostre esperienze di preghiera e nel quadro rituale, sia personale che collettivo».
Dei quattro esempi di commento incrociato che il documento ricorda, cito solo quello relativo al salmo 23 (22), dal titolo “Il buon pastore”. Se la tradizione rabbinica attribuisce il testo a Davide, oggi si è concordi nel riferirlo al momento del ritorno dall’esilio babilonese. Il ricorrente uso dei pronomi personali evidenzia la sollecitudine divina per un popolo che ha conosciuto la persecuzione e l’esilio. Un Pastore vigilante si è preso cura del gregge. Il riferimento è anzitutto a Dio, ma anche a Mosè e a Davide. Il Santo sostiene il popolo attraverso i nuovi esodi, per la riunificazione del popolo, come anche per la speranza futura delle persone.
Nella tradizione cattolica il testo («Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce»…) è recitato la domenica, nei funerali e alla compieta (preghiera della sera).
Il Buon Pastore è, in Geremia 23 e in Ezechia 34, Dio stesso, ma l’immagine è spesso usata da Gesù per la sua persona. È lui il Buon Pastore che conduce i credenti all’erba fresca del Regno di Dio. Gesù non è solo guida, ma è diventato dono/sacrificio per tutti. Il versetto 5 («Davanti a me tu prepari una mensa, sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo, il mio calice trabocca») è interpretato come allusione al sacramento dell’eucaristia , della cresima e dell’ordinazione.
I salmi e la vita
Dalla pratica del commento e del dialogo è nata l’idea di un concerto pubblico di due corali (ebraica e cattolica) che hanno cantato secondo le reciproche tradizioni. È nata anche una serata pubblica con le due voci ebraico-cattoliche relative al tema della redenzione.
Queste antiche preghiere che sono i salmi «ci accompagnano nei momenti della celebrazione, ci consolano nella tristezza, sollecitano domande e ci rimettono in piedi quando tutto sembra perduto». Talora sollecitano la nostra coscienza verso spazi non ancora esplorati e vissuti e, in ogni caso, ci sostengono nella via della vita.