Francia: imam e Repubblica

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L’imam Hassan Iquioussen verrà espulso. Un secondo imam, Mohamed Tataiat, è stato condannato a quattro mesi di reclusione. Tariq Ramadan, conferenziere e ricercatore, dovrà affrontare il giudizio nelle prossime settimane.

Ma mentre il caso di Ramadam – quello più clamoroso e noto – riguarda l’accusa di abusi sessuali, gli altri due si riferiscono alla predicazione antisemita e contraria ai valori repubblicani, in particolare all’eguaglianza fra uomini e donne (cf. SettimanaNews, qui).

Antisemita e antifemminista

Il 28 luglio un decreto di espulsione ha colpito Hassan Iquioussen, predicatore vicino ai Fratelli musulmani. Il tribunale amministrativo ha bloccato la sentenza, ma il 30 agosto il Consiglio di stato ha dato via libera definitiva per l’espulsione.

Imam della moschea di Escaudain si è imposto all’attenzione delle comunità islamiche come predicatore. Su YouTube ha 172.000 abbonati e 42.000 su Facebook.

Nel decreto di espulsione si parla di «atti di provocazione esplicita e deliberata a favore della discriminazione, dell’odio e della violenza contro un gruppo di persone». Lo si indica come portatore di una visione dell’islam contraria ai valori della repubblica francese, violentemente antisemita, favorevole al separatismo delle comunità islamiche rispetto alla vita civile e oppositore della laicità. Oltre che contrario alla parità fra uomini e donne.

Secondo la sentenza del Consiglio di stato: «Le sue affermazioni antisemite, reiterate da molti anni in numerose e largamente diffuse conferenze, così come le sue affermazioni sull’inferiorità della donna e la sua sottomissione all’uomo, costituiscono atti di provocazione esplicita e deliberata alla discriminazione o all’odio e giustificano la decisione di espulsione. Si considera inoltre che tale decisione non costituisce una penalizzazione grave e manifestamente illegale alla sua vita privata e familiare».

Hassan è padre di cinque figli maggiorenni e nonno di 15 nipoti. Nato in Francia, ha rifiutato la cittadinanza in età giovanile e poi non è più riuscito a riaverla.

I suoi avvocati lo indicano come conservatore, ma affermano che non rappresenta una minaccia tale da giustificare la condanna che gli è stata imposta.

Inoltre, la pressione del governo sui giudici si configura agli occhi dei suoi sostenitori come un’indebita intromissione sull’indipendenza della magistratura. Una forzatura per dare esecuzione alla discussa legge contro il separatismo. Cioè contro la tendenza di una parte delle comunità islamiche a giustificare una separazione rispetto alla convivenza civile e repubblicana in attesa di un’autonomia più pronunciata. Territorio di cultura – a giudizio del legislatore francese – di un possibile attacco ai valori democratici.

Le sentenze corrono sul sottile displuvio fra opinione e reato, fra islamismo e fondamentalismo.

Pro e contro

La Croix (31 agosto) sintetizza il dibattito attraverso due voci. Dopo aver ricordato che la prima reazione dello stato agli attentati è stata quella di puntare sulle cellule eversive del fondamentalismo, G. Clavreul, nota ora l’impegno di colpire quelle aree fiancheggiatrici finora risparmiate.

«Il governo ha ragione nell’allargare lo spettro di controllo, perché è lì che si costruisce uno spirito di ostilità. Ben s’intende, non tutti questi ambiti suggeriscono di passare all’azione violenta e neppure di esprimere opinioni espressamente discriminatorie, sessiste, omofobe e antisemite. Ma alcuni lo faranno e questo crea un’assuefazione allo spirito di ostilità, teorizzato attraverso il pensiero dei “Fratelli musulmani”, secondo cui è necessario costruire un rapporto di forza nel paese ove l’islam è minoritario».

H. Seniguer, politologo, aggiunge: «Sono scettico sull’espulsione dell’imam Iquioussen perché, in questa occasione, si passa dal territorio della critica intellettuale libera e legittima e del comportamento di un individuo a una forza di controllo di polizia sul pensiero. Lo stato reprime la critica con criteri labili e non chiari».

Il pericolo è di inquietare anche quella parte della popolazione islamica che è perfettamente integrata. «È un contesto pericoloso che può indurre ogni musulmano a chiedersi: quando toccherà a me?».

Citazione e commento

Il 31 di agosto il tribunale di appello di Tolosa ha condannato l’imam Mohamed Tataiat a quattro mesi di carcere perché, in un sermone del 15 dicembre 2017, ha attaccato gli ebrei. Lo ha fatto citando un detto del Corano in cui si invita al combattimento contro gli ebrei, stanandoli anche quando si nascondono. La condanna non riguarda il detto islamico, ma il suo uso in un momento di grande tensione fra palestinesi e israeliani, al tempo in cui Trump spostò l’ambasciata americana a Gerusalemme.

Anche in questo caso la citazione della scrittura sacra dell’islam e il contesto in cui è commentata è un filo sottile che rilancerà il dibattito sulle libertà garantite dalla democrazia.

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