«Le vie di Dio non ci porteranno nelle tenebre ma in un nuovo cielo e in una nuova terra». Con queste parole il vescovo Heinrich Bedford Strohm (Consiglio ecumenico delle Chiese = Wcc), apriva lo scorso novembre la riunione dell’organismo a Ginevra.
Paolo VI, facendovi visita nel giugno 1969, aveva sottolineato che il Consiglio, di comune accordo con il Segretariato cattolico per l’unità tra i cristiani, avrebbe ospitato personalità cattoliche in vista della comune riflessione teologica sull’unità della Chiesa, della ricerca di una migliore comprensione del significato del culto cristiano, della formazione profonda del laicato, della presa di coscienza delle comuni responsabilità e del coordinamento degli sforzi per lo sviluppo sociale ed economico e per la pace tra le nazioni.
Il mese di gennaio è il periodo opportuno per approfondire questi aspetti, essendo un periodo tradizionalmente dedicato al dialogo con gli ebrei, all’ecumenismo e al confronto con le religioni non cristiane.
Per quanto riguarda il dialogo con gli ebrei, sotto il coordinamento universale del Dicastero vaticano per la promozione dell’unità tra i cristiani, è stata costituita la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo.
In Calabria le presenze ebraiche sono antichissime. Basti pensare che, d’estate, la Riviera dei Cedri si riempie di rabbini che vengono a raccogliere i frutti per la celebrazione di Sukkot, la Festa delle Capanne: si tratta dei migliori cedri del mondo, noti tra gli ebrei fin dall’antichità.
I primi ebrei si stabilirono nella regione calabra dopo il 70 dell’era cristiana, successivamente alla distruzione di Gerusalemme da parte di Tito, e vi saranno presenti con continuità per quasi 1500 anni.
All’epoca imperiale appartengono una tabella sinagogale rinvenuta a Reggio, la sinagoga del IV secolo di Bova Marina, ricca di mosaici, la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica.
Il prossimo 17 gennaio, in occasione della V Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, tutti saremo chiamati a meditare una parola profetica «Consolate, consolate, il mio popolo» (Is 40,1-11).
Il profeta anonimo del VI secolo, accolto nel libro di Isaia, vive con il popolo deportato a Babilonia e vuol garantire una speranza grande: c’è, in prospettiva, il ritorno a Gerusalemme. Ma Dio sta prospettando, attraverso gli avvenimenti della storia, la conclusione della “tribolazione”. In pratica, viene annunciata la sconfitta di Babilonia da parte della potenza crescente di Ciro, re dei Medi e dei Persiani. “
“Consolate” significa aiutate a cogliere la novità e i segni, ed è necessario parlare al cuore perché sorgano pensieri e attese di speranza.
Per conoscere Israele e la sua grande tradizione, i cristiani di oggi sono invitati a riscoprire l’ebraicità di Gesù, che è un “circonciso”, figlio di una donna ebrea, Maria di Nazaret, e aggregato al popolo eletto mediante il segno del primo sangue da circoncisione.
Nel Novecento, Schalom Ben Chorin (1913-1999), rabbino riformato tedesco, sintetizzò i rapporti tra ebrei e cristiani nell’affermazione: «La fede di Gesù ci unisce, la fede in Gesù ci divide»: quanto credeva Gesù, in quanto ebreo, è ancora un punto di contatto tra ebraismo e cristianesimo, ma il culto stesso della persona di Gesù, in quanto vero Figlio di Dio, è il luogo della divergenza.
Anche le comunità riformate, in particolare i Valdesi, hanno a che fare con la nostra Calabria. Quando, il 31 ottobre 1517, il riformatore Martin Lutero affisse le sue tesi a Wittenberg in Germania, come forma di protesta contro la Chiesa di Roma, nacque il movimento protestante, al quale, nel 1532, aderì anche la comunità valdese dopo un consiglio dei “Barba” (predicatori itineranti) provenienti da Piemonte, Calabria e Provenza, tenutosi a Chanforan (Torino).
Per tutto il XVIII secolo i valdesi dovranno vivere confinati negli antichi limiti territoriali fissati nel 1561 (anno delle persecuzioni contro i valdesi di Calabria) e solo nel 1848, con le Lettere Patenti alla comunità valdese, saranno loro riconosciuti i diritti civili e politici.
Nella settimana dal 18 al 25 gennaio 2022, in occasione della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, ci sarà proposta in merito un’altra parola da Isaia: «Imparate a fare il bene, cercate la giustizia» (Is 1,17).
Gesù, nel Vangelo di Matteo (cf. Mt 23,1-12), a voce alta, rimprovererà i soprusi compiuti da chi pretendeva di osservare fedelmente la Legge e i Profeti, ma si dimenticava del comandamento più grande: fare il bene, praticare la giustizia, cioè amare il Signore Dio, amare il prossimo.
Chi veramente desidera imparare a fare il bene, come insegnava Isaia, non nutre l’ipocrisia di chi si sofferma sulle apparenze; essa va lavata, purificata, per arrivare al nocciolo del bene e diventare capaci di cercare la giustizia. Giustizia e amore non sono due realtà in contrasto, come non lo sono la Legge antica e la Legge nuova.
La firma, da parte della CEI, dei Protocolli con le diverse Confessioni cristiane e con i leader delle diverse religioni presenti sul territorio nazionale, apposta nel corso del 2020, sempre nel mese di gennaio, ci ripropone un avvenimento molto importante per il nostro Paese, in quanto sigla il riconoscimento delle comunità religiose, anche non cristiane, e delle loro relazioni con lo Stato italiano.
L’essere “sulla stessa barca” ha permesso a tutti i leader e rappresentanti di comunità religiose un incontro con le Istituzioni governative, per dare applicazione ad alcuni principi sanciti dalla Carta Costituzionale.
Il dato più rilevante del pluralismo religioso oggi in Italia e nel Sud è la presenza di una forte minoranza islamica, accanto a una comunità ortodossa di eguale peso.
Il contesto attuale è caratterizzato dal pluralismo religioso e culturale e dalla vicinanza tra i diversi, che sempre più si accentua. Tuttavia, le giornate ecumeniche e interreligiose di gennaio ci ricordano che «ogni uomo e ogni donna è come una tessera di un immenso mosaico, che è già bella di per sé, ma solo insieme alle altre tessere compone un’immagine, nella convivialità delle differenze» (papa Francesco, Discorso del 6.6.2022).
Un cielo nuovo e una nuova terra splendono meglio nel convivio delle differenze.