Il cristianesimo è la religione maggiormente preferita in maniera non ufficiale nella maggior parte degli Stati, mentre l’islam è quella maggiormente riconosciuta come religione di Stato. È il risultato di un’inchiesta del Pew Research Center americano, resa pubblica martedì scorso. Più di 80 Paesi e regioni dei 199 del mondo analizzati preferiscono in certo modo una determinata religione: o ufficialmente come religione di Stato oppure si comportano verso di essa in maniera favorevole. La maggior parte dei Paesi tuttavia si comportano verso le religioni in maniera neutrale.
Secondo i ricercatori, 40 Stati hanno preferenze per una religione senza che questa sia religione di Stato. La favoriscono attraverso leggi o misure – in genere mediante vantaggi giuridici, legislativi e di altro genere. Nel 70% di questi Paesi si tratta di una religione cristiana. «In effetti in molti Stati le Chiese cristiane – 28 – godono di un trattamento preferenziale in quanto preferite rispetto ad ogni altra fede non ufficiale», affermano i ricercatori. Tra questi vi sono soprattutto gli Stati europei o americani come la Polonia e la Spagna o il Perù e l’Argentina.
In quanto religione di Stato è l’islam il caso più frequente: 27 Paesi l’hanno iscritta ufficialmente nella loro Costituzione o legge fondamentale. La maggior parte di essi si trova in Medio Oriente e nel Nord Africa.
Il cristianesimo o una confessione cristiana invece è sancita giuridicamente solo in 13 Stati, tra cui nove Paesi europei, come per esempio la Gran Bretagna (anglicanesimo) Monaco (cattolicesimo) e Islanda e Danimarca (Chiesa evangelica-luterana),
In molti casi, una religione di Stato ha però solo un significato cerimoniale. In genere si tratta di privilegi, riguardanti per esempio le proprietà, il sostegno finanziario dello Stato o di benefici riguardanti le tasse.
I ricercatori hanno verificato che i Paesi con una preferenza per una determinata religione oppure con una religione ufficiale di Stato tendono a regolare la prassi religiosa in maniera più rigida. In questi Paesi è più probabile che le religioni, siano esse ufficialmente oppure no preferite, vengono regolamentate in maniera più rigorosa. Tra le misure figurano la limitazione o la proibizione delle minoranza religiose.
In dieci Paesi i ricercatori hanno costatato l’esistenza di una stretta regolamentazione di tutte le religioni e persino un generale atteggiamento ostile verso ogni pratica religiosa. Fanno parte di questo gruppo la Cina, Cuba, la Corea del nord, il Vietnam e diversi altri Stati dell’ex Unione Sovietica come l’Azerbaigian o il Kazachistan . In questi Paesi i governi cercano di controllare la pratica della fede e l’esercizio pubblico della religione e della attività politiche dei gruppi.
La maggior parte degli Stati del mondo – sugli oltre 100 analizzati – hanno un atteggiamento neutrale verso la religione. Si tratta anche di Stati come gli USA, che riservano ad alcuni gruppi religiosi dei vantaggi, senza tuttavia privilegiare in maniera sistematica determinate religioni. “Neutrale”, secondo i ricercatori, non significa che non ci siano delle restrizioni per le religioni. In Francia, per esempio, si è costatato, per l’anno preso in esame, un alto grado di limitazioni nei riguardi delle religioni, come il divieto del Burka.
Per le loro analisi, i ricercatori del Pew Research Center hanno preso in esame le rispettive costituzioni e leggi degli Stati e regimi per il 2015. Inoltre alla loro ricerca si sono si sono aggiunte anche informazioni di governi e di organismi non governativi.
Lo studio fa parte di una serie di rilevazioni sulle religioni sul piano mondiale, di cui l’Istituto di ricerca negli ultimi otto anni ha pubblicato successivamente una relazione. (JHE). (Katholish.de)