Nel 2008, nello Stato indiano dell’Orissa, i cristiani subirono una grave persecuzione da parte di gruppi religiosi ostili. Perché i fatti non cadessero nell’oblio, p. Ajaya Kumar Singh, prete dell’Orissa, ha dato vita ad un sito web per raccontare il calvario dei sopravvissuti. Lo ha intervistato Claudia Zeisel per conto dell’agenzia weltkirche.katholisch.de
– Reverendo Singh, in questi giorni ricorre il decimo anniversario delle violenze anticristiane nello Stato federale indiano dell’Orissa (Odisha).
La violenza contro i cristiani negli ultimi quattro anni si è triplicata. Il governo sta prendendo di mira sempre più le minoranze religiose. Ciò è particolarmente avvertito dalle caste più basse, i cosiddetti dalit, ossia gli intoccabili e gli indigeni adivasi. Gli intoccabili costituiscono circa il 70% dei cristiani. Alle persone di questa casta è vietata la partecipazione politica, anche se gli intoccabili e gli indigeni adivasi insieme costituiscono un quarto della popolazione dell’India. La continua violenza contro le minoranze molto raramente viene perseguita penalmente: solo il 5% delle aggressioni vengono sanzionate.
– Le vittime della violenza anticristiana del 2008 attendono giustizia da dieci anni.
Anche questi cristiani appartenevano alla minoranza dei dalit e degli adivasi. Nel distretto di Kandhamal, furono uccise più di 100 persone, distrutte 6.500 case e 393 chiese e 6.500 persone dovettero fuggire dalla regione. Il governo finora ha evitato di occuparsi della giustizia. Con l’Odisha Center for Social Action (OROSA) noi ci proponiamo di far pressione sull’autorità affinché le vittime ricevano nuove case e un risarcimento. Il Centro è stato fondato per iniziativa della Conferenza episcopale cattolica dell’Orissa ed è particolarmente impegnato nella difesa dei diritti delle minoranze. Cerchiamo di portare in tribunale 315 casi di violazione dei diritti umani verificatisi nel 2008.
– I cristiani in India sono aggrediti soprattutto se appartengono alle classi inferiori. Il sistema delle caste vale anche per i cristiani in India?
Diciamo che il sistema delle caste non è stato risolto nemmeno nella Chiesa cattolica in India. I cristiani delle classi superiori hanno meno problemi e, a volte, non si rendono nemmeno conto che i cristiani delle classi inferiori, cioè i dalit, gli adivasi e anche le donne sono esposti a rappresaglie. Molti cristiani di queste caste affermano anche di essere indù per sentirsi più protetti… La discriminazione è sostenuta da una parte dallo Stato, ma in misura crescente anche dalla popolazione civile.
– L’arresto di una suora di Madre Teresa e di una collaboratrice laica in India, che era accusata di vendere bambini a coppie senza figli, ha fatto parlare di sé in tutto il mondo. Lei cosa ne pensa?
Le suore di Madre Teresa svolgono un preziosa opera sociale. Il governo, anziché riconoscerlo e apprezzarlo, intimidisce e importuna le suore. Se le organizzazioni cristiane violano le regole, ci sono le vie legali per chiarire i fatti. Invece il governo sta loro addosso con le unità antiterrorismo. Ci sono in questo tempo vessazioni pesanti contro le istituzioni cristiane in tutto il paese. Ciò crea molta angustia e incertezza nelle comunità cristiane.
– Da parte degli indù c’è solidarietà con i cristiani del paese?
Sì certamente! A Dehli e a Kandhamal in questi giorni vengono da noi molti indù per dimostrarci la loro solidarietà e la loro partecipazione per le aggressioni di dieci anni fa. Ma rimane una sfida. Attualmente c’è molta paura e insicurezza in tutti gli indiani per quanto riguarda la libertà di religione e di opinione. Anche gli indù non si sentono sicuri e non possono manifestare liberamente la loro opinione. Più pesante ancora è la situazione dei cristiani, gli adivasi e degli intoccabili.
– Come vede il futuro dei cristiani di fronte di questi crescenti problemi?
Non solo le minoranze religiose, ma l’intero Paese vive in una situazione di emergenza. Se il presidente Nurendra Modi del partito popolare indo-nazionalista (BJP) sarà rieletto nelle votazioni del prossimo anno, la situazione diventerà catastrofica. Sono in gioco, infatti, i diritti umani e la dignità delle minoranze in India. C’è un futuro soltanto con un governo alternativo. Perciò viviamo una fase molto critica. Le elezioni decideranno se l’India diventerà uno stato fascista e fanatico che distrugge le sue istituzioni democratiche le quali hanno già cominciato ad essere intaccate, oppure se l’India ritroverà la strada di una Repubblica democratica e sociale.
– Chi voteranno allora i cristiani dell’India?
I cristiani dell’India non hanno concretamente un determinato candidato da scegliere. Anche la Chiesa non appoggia nessun partito. Ma noi sosteniamo i valori democratici, sociali e laici. Crediamo nei diritti umani, nella dignità umana e nel rispetto delle minoranze religiose e dei gruppi più vulnerabili. Promettiamo di stare accanto a questi gruppi e di proteggerli.
– Ma la Chiesa è unanime ?
La Chiesa dovrebbe alzare la voce e impegnarsi ad essere unanime. Purtroppo, rimane una sfida da attuare. Infatti, la nostra Chiesa è divisa in campi diversi. In molte parti del paese i cattolici non capiscono i problemi dei gruppi oppressi. Se non li capiscono, la divisione nella Chiesa sarà maggiore e ciò giocherà a vantaggio delle forze fanatiche che alimentano la paura nei confronti di queste minoranze.
– Lei desidera un maggiore appoggio del Vaticano ai cristiani dell’India?
Non solo del Vaticano, ma di tutte le comunità cristiane del mondo. Esse sono chiamate a esprimersi a favore dei dalit, degli adivasi e delle minoranze religiose nel loro insieme. Il Vaticano ha un suo ruolo in quanto mediatore nel mondo e si schiera per la libertà di religione, i diritti e la dignità delle minoranze religiose. Noi cristiani in India ci rallegriamo per ogni presa di posizione e di solidarietà del Vaticano. I politici di altri Stati puntano maggiormente sui paesi che hanno denaro, potere e risorse. Ecco perché è importante che il Vaticano assuma un ruolo di mediatore e di catalizzatore del cambiamento.