«Cette grâce Royale s’inscrit dans le cadre de la compassion et la clémence reconnues au Souverain et du souci de SM le Roi de préserver l’avenir des deux fiancés qui comptaient fonder une famille conformément aux préceptes religieux et à la loi, malgré l’erreur qu’ils auraient commise et qui a conduit à cette poursuite judiciaire».
«Questa grazia regale è espressione della compassione e della misericordia, che sono attributi del Sovrano, e nello stesso tempo manifesta la preoccupazione di Sua Maestà il Re di preservare il futuro dei due fidanzati, che progettavano di fondare una famiglia in conformità con i precetti religiosi e la legge, nonostante l’errore che hanno commesso e che ha portato a questa causa giudiziaria».
Con queste parole il Re del Marocco Mohammed VI ha concesso la grazia alla giornalista Hajar Raissouni che lo scorso 30 settembre era stata condannata, insieme al suo fidanzato, a un anno di prigione per aver commesso un aborto clandestino. Due anni era stata la pena comminata al medico che aveva portato a termine l’intervento. La condanna aveva suscitato forti reazioni e dibattiti nel paese, anzitutto con letture politiche, perché la giornalista lavora per un giornale che ha posizioni molto critiche nei confronti delle autorità. Più ampiamente, però, si era sollevato un dibattito a livello nazionale, con cortei e proteste, sul tema del rispetto delle libertà individuali, a confronto con le leggi dello stato e ancor più con i precetti islamici.
Con la consueta superficialità e semplificazione, i media occidentali avevano letto la notizia con le nostre categorie, additando l’arresto e la condanna come l’ennesimo episodio dell’oscurantismo islamico, facendo di ogni erba un fascio tra Marocco, Egitto, Arabia Saudita, Iran, Afghanistan…
Islam: una realtà plurale
Scopo di questa mia breve riflessione è ricordarci che il mondo islamico è molto variegato, con storie passate, situazioni presenti e soprattutto prospettive e visioni del futuro molto diverse tra loro. È quanto papa Francesco ci raccomanda da anni. La sua visita di due giorni in Marocco, la scorsa primavera, è passata quasi inosservata, senza grandi eventi mediatici, con molti che dicevano: «Cosa va a fare, che là sono tutti musulmani?».
Lo scopo è stato proprio quello di incoraggiare e legittimare il tentativo, tutto marocchino, di sviluppare un islam diverso, non solo tollerante verso ebrei e cristiani, come è nella loro tradizione storica, ma anche aperto al dialogo e soprattutto alla conoscenza reciproca. Il discorso con cui il Re Mohammed VI, che ha il titolo di «capo di tutti i credenti», ha accolto papa Francesco è molto significativo e merita di essere letto per chi ha dieci minuti da spendere bene.
Parole che trovano un riscontro concreto nelle iniziative che il Marocco sta portando avanti per cercare di contrapporre un polo moderato alle tendenze fondamentaliste di Arabia Saudita e soci. Ne cito due: una scuola coranica moderata aperta agli imam di ogni paese; la formazione di missionari e missionarie che visitano regolarmente le comunità marocchine all’estero per evitare che cadano nel fondamentalismo.
All’interno del paese, il difficile compito dell’autorità è fare in modo che le opposte tendenze, di apertura culturale o di fedeltà alla tradizione religiosa, mantengano un dialogo aperto anziché inasprirsi e irrigidirsi. Il caso della giornalista Hajar Raissouni rischiava di diventare invece un motivo di scontro e di chiusura. L’intervento del Re con la grazia concessa, senza dare ragione agli uni o agli altri, chiude la questione e invita tutti a guardare avanti in modo positivo: l’accenno alla fondazione di una nuova famiglia, nonostante l’errore che i due fidanzati hanno fatto, mi fa pensare che l’insegnamento di papa Francesco sulla misericordia stia lasciando un segno anche al di fuori del mondo cristiano.