Giovedì 29 ottobre un terrorista islamico uccide nella basilica di Nizza (Francia) tre persone: il sagrestano, Vincente Loqués, e due donne venute a pregare: Simone Barreto Silva e Nadine Devillers, riaprendo la ferita delle aggressioni agli uomini di preghiera avviata con l’uccisione di p. Jacques Hamel il 26 luglio 2016 (Settimananews, «Sgozzare e adorare»). Abbiamo ripreso il comunicato dei musulmani di Francia. Ora diamo spazio a due voci autorevoli del cattolicesimo francese: sr. Véronique Margron, presidente della Conferenza dei religiosi e religiose di Francia (dal sito della conferenza), e mons. Eric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale (alcune risposte date a La Croix il 1 novembre).
Beati i miti
Ancora un giorno di lutto. Un giorno di scoramento. Un giorno di più, un giorno di troppo, senza poter comprendere un simile orrore. In tempo di pace, contro un luogo di pace e di raccoglimento per coloro che liberamente entrano o semplicemente si accomodano. Contro donne e uomini di pace, semplici credenti che altro non volevano se non pregare il Dio di ogni bontà che odia l’odio. Il Dio la cui vera grandezza si svela nell’abbassamento con la condizione umana, per essere alzato su una croce. Sarà necessario scolpire nelle nostre anime come nelle nostra povera ragione le parole di papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti in cui riprende la dichiarazione congiunta con il grande imam Al-Tayeb del 4 febbraio 2019: «Dio non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome sia utilizzato per terrorizzare la gente».
Sarà necessario, come per le dieci Parole della promessa (Dt 6), dirle ai nostri figli, ripeterle senza stancarsi, in casa, in viaggio, dormienti o svegli, senza cessare! Scriverle sulla nostra carne. Siamo atterriti. E ci viene alla mente il profeta Geremia: «Tu riferirai questa parola: i miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la vergine, figlia del mio popolo, da una ferita mortale. Se esco in campagna ecco le vittime della spada; se entro nella città ecco chi muore di fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per la regione senza comprendere. Hai rigettato completamente Giuda, oppure ti sei disgustato di Sion? Perché ci hai colpiti senza più rimedio per noi? Aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, il tempo della guarigione ed ecco il terrore!» (Ger 14, 17-19).
Ecco la nostra supplica, di noi credenti di buona volontà, credenti in un Dio che non si lascia possedere da alcuno. Lascia salire le nostre povere preghiere, nella disperazione e nella pena senza fine, per le vittime, le loro famiglie, i loro amici, i parrocchiani, la città di Nizza, cosmopolita e multi-religiosa. Gridare a Dio la nostra desolazione, le nostre domande profonde senza risposta, i nostri dolorosi lamenti, la nostra paura. La nostra supplica in lacrime per restare, verso e contro tutto, artigiani di amicizia. Per non cedere al veleno del sospetto e della diffidenza. È necessario cercare incessantemente la forza da un Dio che cerchiamo e amiamo.
Un Dio che afferma per tutti noi cristiani: «Beati i miti perché avranno in eredità la terra», «Beati quelli che sono nel pianto perché saranno consolati», «Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 3-12).
Il nostro non è un doloro lezioso, ma un combattimento quotidiano, ostinato: siamo pieni di dolore, ma il nostro incessante impegno per la pace non finirà e abiterà in tutti gli uomini e donne di buona volontà che desiderano vivere in un mondo condiviso.
Questa sera siamo travolti da infinita tristezza e da un subbuglio di collera, come figli di Giobbe, nel dolore e nella cenere. Ma a tutti i mostri, al caos della distruzione e della violenza, crediamo che Dio intimi: «basta!». Non è un pensiero magico, ma è ciò che ci permette di continuare a agire e a credere, verso e malgrado tutto, nella nostra umanità, verso un giorno in cui – è certo – non ci saranno più lacrime e dolori. (29 ottobre).
sr. Véronique Margron
Il pericolo è l’islamismo ideologico
«Bisogna accettare di essere in collera e di avere paura. Sono reazioni umane. Ma per fare cosa? In questa celebrazione di Tutti i santi abbiamo ascoltato provvidenzialmente le Beatitudini: risuonano come un appello a chiedere la grazia a Dio per trasformare la nostra collera e la nostra paura in una energia per il bene. Non rimaniamo prigionieri nella paura e nella disperazione o prigionieri della collera che si trasforma in odio. Le Beatitudini aprono una via. Cristo ci dona l’esempio».
«Constato un grande progresso: i politici, i giornalisti osano con una certa fermezza, come i responsabili musulmani con un certo coraggio, indicare da dove viene il male. È necessario poter denunciare la patologia dell’islam rappresentata dall’islamismo. Un’ideologia mondializzata, nutrita da alcuni e attizzata dai discorsi di certi responsabili politici stranieri che esercita un’influenza considerevole, grazie a Internet. È drammatico vedere dei giovani che si lasciano prendere da questa ideologia e ne diventano esecutori».
«Non esito a dire che siamo in guerra contro l’ideologia islamista. È una guerra mondializzata in cui i musulmani sono parte lesa. Essa fa molto male a quanti vogliono vivere la fede musulmana. Può essere opportuno che altri musulmani del nostro paese come altrove possano denunciarlo con fermezza. La violenza è nel cuore di tutti gli uomini, anche nel mio. È successo che cristiani violenti usino la loro fede per giustificare dominio e distruzione. L’elaborazione della violenza è un lavoro di tutti su se stessi. Le misure di sicurezza sono giuste, ma questa guerra è anzitutto un combattimento spirituale in cui dobbiamo stare attenti a non lasciarci assorbire dalle armi del nemico. Non vinceremo opponendo violenza a violenza. Il nostro atto di fede come cristiani è quello di credere che la violenza può essere vinta dalla forza dell’amore e del perdono, anche se questo non esclude le misure di polizia e il dovere di protezione dello stato».
mons. Eric de Moulins-Beaufort