“Formare per conoscere, conoscere per convivere. Religioni e cittadinanza” è il titolo del corso che si è tenuto a Firenze, nella sede dell’Istituto Sangalli, dal 25 gennaio al 29 febbraio 2020. Questa iniziativa era rivolta agli imam e ai murshidat presenti nel nostro Paese. Sullo scopo di questo corso abbiamo rivolto alcune domande al prof. Maurizio Sangalli.
– Prof. Sangalli, come è nata l’iniziativa del corso per imam e murshidat? Quali difficoltà e quale interesse ha trovato?
Il progetto di dare vita ad un percorso formativo ai valori fondanti della Repubblica e della cultura e civiltà italiane è nato dall’esigenza di offrire strumenti migliori ai ministri di culto e alle guide spirituali di fede musulmana che, a differenza di rabbini, preti, pastori, pope, rappresentano un segmento della società italiana nella maggior parte dei casi di recente acquisizione, provenienti da culture molto differenti da quella europea occidentale e molto differenziati al loro interno: strumenti per vivere e convivere meglio in Italia, loro che sono punti di riferimento per le rispettive comunità sia per gli aspetti più propriamente religiosi, sia per quelli pratici e della vita quotidiana, come accade del resto anche per i ministri di culto ebrei e cristiani.
Non si voleva ovviamente approntare un corso di formazione teologica alla religione musulmana, per la quale molte guide spirituali hanno goduto di percorsi specifici (parlo soprattutto per quelli di prima generazione) nei loro Paesi di origine, e che è comunque obiettivo che non rientra nelle competenze e neppure negli scopi dell’Istituto Sangalli di Firenze, quanto piuttosto di offrire una più approfondita e puntuale conoscenza dei valori costituzionali della nostra Repubblica; delle altre due religioni monoteistiche (ebraismo e cristianesimo) tra storia e attualità; della storia recente del nostro Paese, dei percorsi dell’arte italiana e in particolare dell’arte sacra; così come di temi sociologici, psicologici, della comunicazione: questi infatti gli argomenti che sono stati oggetto degli otto moduli di didattica frontale del corso “Formare per conoscere, conoscere per convivere. Religioni e cittadinanza”, che si è tenuto a Firenze, nella sede dell’Istituto in Piazza di San Firenze 3, dal 25 gennaio al 29 febbraio 2020.
– Avete incontrato grosse difficoltà nel mettere insieme il corso?
Devo ammettere che difficoltà insormontabili in realtà non se ne sono incontrate, anche perché il progetto è partito sin dalle sue fasi preliminari stabilendo un’ampia collaborazione e condivisione con l’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (e con il suo attuale presidente Yassine Lafram), associazione tra le più importanti e rappresentative del variegato mondo islamico che popola e arricchisce il nostro Paese, e con altri attori istituzionali pubblici, come Regione Toscana e Comune di Firenze.
Una volta ottenuto il sostegno finanziario all’operazione da parte della Fondazione Cassa di risparmio di Firenze, quando l’iter è entrato nel cuore della fase organizzativa, l’interesse è stato molto vivo da parte di tutti i soggetti, privati e pubblici, che sono stati raggiunti dalla notizia, come ha del resto testimoniato l’ampia eco mediatica che ha avuto l’inaugurazione del corso, sabato 25 gennaio 2020, presso la sede della Presidenza del Consiglio della Regione Toscana, grazie all’ospitalità offerta dal presidente Eugenio Giani, un’eco viva sia a livello locale sia nazionale.
– Nel corso delle 40 ore di insegnamento, ci sono stati argomenti che hanno suscitato particolare interesse dei corsisti?
Come ogni corso serio che si rispetti, abbiamo somministrato alla dozzina di partecipanti al corso medesimo sia un questionario in itinere sia uno finale, che ci aiutassero a capire i punti forti e quelli da migliorare del progetto al quale avevamo dato vita: il gradimento è stato unanime nei confronti del corpo docente, che del resto ha annoverato esperti di primo livello dei rispetti ambiti disciplinari, come Anna Foa per l’ebraismo; Massimo Carlo Giannini (che è anche direttore scientifico dell’Istituto Sangalli ed è stata magna pars nell’ideazione e impostazione del progetto) per il cristianesimo; l’on. Stefano Ceccanti per la parte sui valori costituzionali; Agostino Giovagnoli per la storia contemporanea dell’Italia, così come Antonio Natali (già direttore delle Gallerie degli Uffizi) per il coté storico-artistico; Franco Garelli, Francesca Bocca-Aldaqre e Andrea Tornielli per gli aspetti sociologici, psicologici e della comunicazione tramite i media di temi religiosi.
È stato molto bello constatare che, al di là dei cordiali rapporti instauratisi, i corsisti hanno richiesto di poter rimanere in contatto con i docenti, i quali hanno successivamente condiviso con loro materiali e quant’altro per approfondimenti ulteriori.
Molto apprezzati anche i laboratori interculturali che hanno accompagnato le lezioni di didattica frontale (nella proporzione di un 20% del monte ore complessive), affidati a due valenti giovani, Luca Facchinelli e Cecilia Lamanna, che operano a Roma nel campo dell’interculturalità, con un approccio basato sulla psicologia.
La visita al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, prezioso scrigno dell’arte sacra italiana tra medioevo e rinascimento, e che ha concluso il corso sabato 29 febbraio, è stato infine un momento perfino emozionante di condivisione e di viva curiosità da parte di appartenenti ad un credo religioso dove, come è noto, l’aniconicità è la regola.
– Il fatto che i partecipanti siano stati sia uomini sia donne come è stato valutato dagli interlocutori islamici?
In realtà, è stato il presidente dell’UCOII, Yassine Lafram, a proporre sin da subito che il corso fosse aperto sia a uomini che a donne e noi come Istituto abbiamo, come si suol dire, acchiappato subito la palla al balzo, consapevoli del fatto che questo aspetto avrebbe costituito un fondamentale valore aggiunto al progetto medesimo, ma anche un elemento (quantomeno per la realtà italiana) di assoluta novità, laddove invece in molti Paesi di fede musulmana è normale che vi siano guide spirituali e predicatrici donne, anzi esistono specifici percorsi di formazione a tale riguardo.
L’iter è stato assolutamente limpido e lineare: la segreteria di UCOII, nella persona di Giulia Boldrini, con il supporto dell’imam di Firenze Izzeddin Elzir (già presidente UCOII sino a due anni fa) hanno diffuso un bando di selezione per la partecipazione al corso: l’entità delle borse di studio messe a disposizione dall’ente finanziatore non consentiva di selezionare che una dozzina di persone, un numero comunque congruo per poter svolgere un lavoro approfondito e con un’interazione diretta tra corsisti, docenti e curatori dei laboratori interculturali. ù
Di queste 12 persone (molte altre richieste pervenute non hanno potuto per ora essere soddisfatte, ma speriamo lo saranno in futuro), il 40% era costituito da donne. E devo dire, a detta di tutti, in primis dei docenti e di coloro che hanno curato i laboratori, l’elemento femminile è stato forse il fattore di maggiore vivacità all’interno del gruppo dei corsisti. Si trattava in effetti di donne con un pregresso di studi universitari nei Paesi di origine (Algeria e Siria, tra gli altri) e con esperienze in qualità di guide spirituali vuoi presso le comunità islamiche delle loro città (Milano e Torino soprattutto), vuoi all’interno delle carceri, grazie ad un progetto, messo in campo qualche anno fa, contro la radicalizzazione in ambito carcerario, iniziativa che ha fatto capo al Ministero degli Interni, e in specifico alla Consulta per l’islam italiano, coordinata dal prof. Paolo Naso.
– Oltre che con l’UCOII l’iniziativa è avviata anche di intesa con la Regione Toscana. L’offerta formativa è regionale o nazionale?
Essendo legata ad un finanziamento da parte della Fondazione Cassa di risparmio di Firenze, come già richiamato, anche per il precipuo interesse nei confronti del territorio che le fondazioni bancarie devono perseguire in via prioritaria, buona parte dei corsisti provenivano dalla Toscana (Firenze, Pisa, Siena e dalle rispettive province). Ma il bando di selezione, essendo esteso a livello nazionale, ha consentito la partecipazione anche di guide spirituali (o aspiranti tali) provenienti da Torino, Milano e Reggio Emilia.
Per questa prima occasione, dunque, abbiamo “pescato” da quattro grandi regioni come Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, ma speriamo che per la seconda “puntata” di questo progetto, già in fieri grazie al rinnovo del finanziamento da parte della Fondazione Cassa di risparmio di Firenze, il bacino di “utenza” si possa ampliare anche ad altre regioni italiane.
– Si tratta di una premessa o di un’alternativa ad un eventuale insegnamento nelle Università?
Tengo a specificare che una delle cifre distintive del progetto “Formare per conoscere, conoscere per convivere. Religioni e cittadinanza” è costituita dal fatto che è stato promosso da un ente no profit privato, che ha voluto e saputo aggregare forze del territorio, enti pubblici, associazioni islamiche. L’elemento accademico è ovviamente preponderante all’interno del corpo docente, dove la maggior parte degli esperti è costituita da professori universitari.
Detto questo, non è escluso che, se il progetto – come auspichiamo – si consoliderà e si espanderà anche ad altre realtà territoriali, non sia possibile instaurare rapporti di collaborazione con le istituzioni universitarie. Ma, se posso dire, mi pare di aver compreso, nel farsi del progetto medesimo, così come durante il suo svolgimento, che il fatto di essere stato promosso da un’istituzione come l’Istituto Sangalli, da anni oramai impegnato nel dialogo interreligioso, un ente a-confessionale dove ogni credo religioso si è trovato e si trova a suo agio, è risultata sicuramente la carta vincente di tutta l’operazione perché i partecipanti (sia sul lato dei docenti che dei “discenti”) hanno apprezzato in particolare il fatto che si sia trattato di una iniziativa partita “dal basso”, senza alcuna pretesa di imporre nulla a nessuno, ma con l’intento di creare momenti di riflessione, di studio, di conoscenza, di dialogo nel solco della massima condivisione possibile, recependo tutti gli stimoli che ci sono giunti da UCOII, dal Comune di Firenze, dalla Regione Toscana.
Proprio a questo proposito, per concludere, vorrei sottolineare che al corso per imam e murshidat si lega, come elemento fondante dell’iniziativa, un seminario intensivo (della durata di tre giorni) rivolto ai docenti delle scuole superiori toscane di primo e secondo grado, gestito in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale per la Toscana (diramazione locale del Ministero dell’Istruzione), e in specifico con la dott.ssa Milva Segato: il seminario intende far incontrare una ventina di docenti di scuola con studiosi di storia religiosa di ebraismo, cristianesimo e islam; di storia e culture delle Americhe, di Africa e Asia; con sociologi delle religioni e giuristi, studiosi di storia dell’arte islamica e capi religiosi delle tre religioni monoteiste.
Si tratterà di un seminario intensivo, affiancato da un laboratorio in cui le guide spirituali che hanno seguito il corso avranno la possibilità di incontrarsi e interagire con gli insegnanti: due figure, quella di capo spirituale (e/o ministro del culto) e di insegnante, che hanno entrambe molto a che fare con fedeli, famiglie, figli: abbiamo pertanto pensato sia importante poterli far conoscere e scambiare esperienze tra di loro, avendo in tal modo la possibilità di giungere “al cuore” di comunità, come quelle islamiche, che possono a volte tendere a chiudersi in se stesse o comunque con le quali non sempre è facile dialogare.
L’attuale emergenza dovuta all’epidemia di coronavirus ci ha purtroppo costretto a rimandare questa tre giorni, prevista per fine marzo, ma contiamo di riprogrammarla non appena saremo usciti da questa triste e drammatica situazione emergenziale.
- Maurizio Sangalli è presidente dell’Istituto Sangalli per la storia e le culture religiose e docente di Storia moderna presso l’Università per stranieri di Siena.