Pochi giorni prima di morire Hasan Nasrallah ha detto ai suoi compagni di non sapere quanti giorni gli restassero da trascorrere con loro, ma che in ogni caso lui avrebbe seguitato a sostenere la resistenza fino alla vittoria.
Queste parole, riferite da molti mezzi di comunicazione, confermano in modo impressionante che Hasan Nasrallah è stato un khomeinista di fede apocalittica. Nel suo discorso apocalittico infatti Khomeini ha fondato una teologia prima di lui ignota. Il suo approccio può essere riassunto così: i martiri non muoiono, ma vanno in una sorta di tempo mediano, quello dove si trova l’Imam nascosto, colui che tornerà alla fine dei tempi per far trionfare il bene nel giorno della battaglia finale, il giorno dell’Apocalisse.
Da lì, da questo tempo mediano, i martiri spingono il mondo per accelerare l’arrivo del giorno del trionfo del bene sul male. È esattamente quel che ha detto Nasrallah nelle parole a lui attribuite. Per chi è convinto di questo, il tempo non è lineare ma procede per urti tra bene e male; e il compito dei combattenti è di creare da un urto un urto più grande, fino alla battaglia finale, Armageddon. Così i martiri avvicinano il giorno della resa dei conti, riducono il tempo che è lasciato nel sopravvento delle forze del male, consentono al bene un più vicino trionfo definitivo.
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Tutto questo non stupisce chi lo sa, i khomeinisti apocalittici, ma li conferma nella loro visione e convinzione. Crederci non astrae dal fare cinico e concreto della politica, dell’azione armata, del desiderio di successo e rafforzamento, ma lo inquadra in un contesto teologico-culturale che aiuta a comprendere una visione, che è ovviamente opposta dalla nostra, ma anche da tutto ciò che qualsiasi altro scuola teologica definisce “islamico”.
È il cuore pulsante di un’eresia che presuppone il governo teocratico: gestire questa lotta definitiva, apocalittica, con il sostegno dal regno del tempo mediano dei martiri, non può prevedere dissensi, confronti, votazioni su come gestire l’illuminazione stradale, o gli appalti, ma solo una totale dedizione al rafforzamento dell’urto che si provocherà sapendo della violenza della reazione e preparando una maggiore reazione.
Queste parole sono state riferite con accuratezza da un ottimo servizio in un telegiornale nazionale, un contributo qualificato alla comprensione di ciò che accade. Il culto khomeinista dei martiri, dei prima di lui sconosciuti attentatori suicidi, si spiega così. E probabilmente si spiega la ferma ferocia con cui Nasrallah ha combattuto le sue guerre, anche dentro l’Islam, contro quei credenti che però non hanno capito la visione apocalittica e vivono in un tempo lineare, nel quale ci si impegna per migliorare la situazione del mondo in attesa che un giorno il tempo, quando Dio vorrà, finirà e il bene trionferà.
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Tutto questo può sembrare estraneo alla nostra visione, ma forse non è così. Nel 2020 l’allora direttore de La Civiltà Cattolica, oggi sottosegretario Dicastero per la cultura in vaticano, scriveva sul quindicinale dei gesuiti: «Il Papa non respinge la realtà in vista di una apocalisse agognata, di una fine che vinca la malattia del mondo distruggendolo. Non spinge per portare alle estreme conseguenze la crisi del mondo predicando la fine imminente, né trattiene i pezzi di un mondo che sta crollando cercando alleanze comode, equilibrismi, collateralismi. Inoltre, non cerca di eliminare il male, perché sa che è impossibile. Semplicemente esso si sposterebbe e si manifesterebbe altrove, in altre forme. Cerca invece di neutralizzarlo».
Questo testo è uno dei pochi che considera questo tipo di pensiero apocalittico, di cui ha scritto con grande chiarezza il professor Antoine Courban dell’università Saint Joseph di Beirut, e lo collega con altre emergenze. Quella di eliminare il male sembra la tendenza prevalente nell’oggi, per molti l’unica via percorribile, come cresce anche la predicazione di un’imminente fine del mondo e ci presenta una convincente rappresentazione di problemi coesistenti.
Spadaro, entrando già allora nell’oggi, nello stesso testo aggiunge: «La terza guerra mondiale non è un destino. Evitarla implica usare misericordia e significa sottrarsi alle narrazioni fondamentaliste e apocalittiche abbigliate di paludamenti e maschere religiose. Francesco lancia una sfida all’apocalisse e al pensiero di networks politici che sostengono una geopolitica apocalittica dello scontro finale, fatale e inevitabile. La comunità dei credenti, della fede (faith), non è mai la comunità dei combattenti, della battaglia (fight)».
Queste parole non presentano diverse visioni che abbiamo imparato a conoscere, la geopolitica apocalittica non è anche quella che molti riconoscono nella posizione e negli atteggiamenti pubblici del patriarca di Mosca, Kirill? Certo, non solo alla sua.
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Le parole su faith e fight fotografano il problema che la milizianizzazione delle comunità sciite nel Medio Oriente, operata dai gruppi armati khomeinisti, ha posto proprio a quelle comunità, nelle quali altre espressioni politiche sono state silenziate. Ma la relazione tra faith e fight ha manifestazioni anche molto diverse da questa, che sono altrettanto allarmanti. Thomas Lecaque ha scritto un lungo articolo sul Washington Post del 26 novembre 2019 citando così una consigliera del presidente Trump: «La consigliera presidenziale Paula White, ad esempio, usa la descrizione di una lotta demoniaca per dipingere la politica contemporanea come una guerra santa. In un sermone su Trump, a giugno, ha proclamato: Dichiaro che il presidente Trump supererà ogni strategia infernale e ogni strategia del nemico, ogni strategia, e compirà la sua vocazione e il suo destino».
Sulla predicazione della fine imminente colpisce che sul sito Presbyterian Mission Agency alla voce “End of the world” si trovi un lungo testo contente questo passaggio: «I predicatori televisivi trovano un pubblico pronto. Le previsioni sulla seconda venuta di Gesù sono più numerose del solito. Gli adesivi per i paraurti mettono in guardia da veicoli improvvisamente senza conducente. Circolano opuscoli apocalittici. Il disordine politico dei tempi, dicono alcuni, è la prova che la fine del mondo è vicina. I presbiteriani hanno un insegnamento chiaro e una forte convinzione sulla fine del mondo. Questi rientrano nella categoria teologica dell’escatologia, lo studio delle cose ultime, e includono questioni come il ritorno di Gesù Cristo, il giudizio finale di Dio e il pieno regno di Dio. Ma fondamentale per il credo presbiteriano è il rifiuto di speculazioni oziose sui tempi finali. Nessuno, se non Dio, può conoscere il tempo e il modo (Matteo 24:36). Pertanto, per i presbiteriani è sufficiente la certezza che i propositi di Dio saranno un giorno portati a compimento».
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E, tornando al discorso apocalittico che si manifesta in forme diverse, va ricordato che anche da noi ha fatto la sua irruzione nelle stanze del potere. Indimenticabile al riguardo è la prosa di Andrew Brown, che ha iniziato un suo celebre testo su The Guardian il 10 agosto 2009 facendoci percepire anche il sapore dell’ironia nell’enormità di quanto vi sostiene: «Nell’inverno del 2003, quando George Bush e Tony Blair stavano freneticamente raccogliendo consensi per la loro progettata invasione, il professor Thomas Römer, esperto di Antico Testamento all’università di Losanna, fu convocato dalla Federazione protestante di Francia. Gli chiesero di fornire loro un riassunto delle leggende che circondano Gog e Magog e, man mano che la conversazione procedeva, si rese conto che la richiesta proveniva dai vertici del governo francese. Il presidente Jacques Chirac voleva sapere di cosa diavolo avesse parlato il presidente Bush nella loro ultima conversazione. Bush aveva detto che, guardando al Medio Oriente, vedeva Gog e Magog all’opera e le profezie bibliche che si svolgevano. Ma chi diavolo erano Gog e Magog? Né Chirac né il suo ufficio ne avevano idea. Ma sapevano che Bush era un cristiano evangelico, così hanno chiesto alla Federazione francese dei protestanti, che a sua volta ha chiesto al professor Römer».
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Senza la pretesa di aver colto tutti i volti di un fenomeno molto più articolato e complesso, che certamente contempla anche il pensiero apocalittico presente nel mondo islamico sunnita, di cui bin Laden è stata la più nota espressione che non può essere qui illustrata nel suo specifico, ben colto anni fa da Rene Gerard che gli applicò la sua categoria di “pensiero mimetico”, quello presentato è solo un superficiale tentativo di mettere insieme alcuni piccoli esempi di ciò che il testo de La Civiltà Cattolica presenta, lasciando ad altri l’analisi dei possibili intrecci, la diffusa credulità e gli usi politici.
Comunque, la specificità del caso khomeinista appare indiscutibile e sta nella richiesta di impegno diretto per favorire, anche con il proprio sacrifico, un’accelerazione della vittoria finale. Libri di segno apocalittico si trovano facilmente in tutte le grandi città mediorientali.
Questi rischi diffusi e diversi rafforzano la necessità di aumentare il dialogo interreligioso, in particolare con l’islam, di riconoscere che l’antidoto a questa visione, che fa evidentemente dell’altro il male, è proprio il documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi, firmato da Papa Francesco e dal’Imam dell’università islamica di al Azhar; e di vedere l’importanza di mantenere in vita paesi multiconfessionali, proprio come il Libano, senza cedere alle tentazioni di tornare all’incubo di cantoni chiusi, identitari, settari.
È uno scenario forse possibile, purtroppo, proprio per il Libano, dove gli sciiti potrebbero essere sospinti da ipotizzati nuovi calcoli verso la valle della Beqaa, adiacente alla Siria di Assad, per federarsi con essa; e alcuni cristiani vorrebbero dar vita al loro cantone sul Monte Libano. Esiti infausti, che dialogo e fratellanza saprebbero sconsigliare.
Ringrazio l’autore del testo per averci fornito , attraverso i suoi diversi articoli sulla questione mediorientale , dati e letture che ci permettono di avere un po’ di luce rispetto alle notizie confuse che ci arrivano dalla comunicazione mainstream.
Grazie mille
Se le interessa può vedere anche Terrasanta.net.
Anche i wokismo americano è una forma di risveglio pentecostale (più o meno apocalittico? Dipende da quanto radicale). Secolarizzato se vuoi, ma torniamo alla religioni politiche del novecento. Cacci la religione dalla porta e rientra dalla finestra. Cosa fare, boh, saperlo…