Dinanzi alla lunga durata della seduzione della guerra, della «normalità» dei massacri, dell’accettazione rassegnata della deumanizzazione come modalità ordinaria dello sguardo, del paradigma amico-nemico tornato a reggere i rapporti tra i popoli, del riarmo forsennato come prospettiva economica e politica dei prossimi anni, della messa in conto delle tecnologie più raffinate al servizio della distruzione e del controllo sociale, dell’inganno sistematico dell’informazione, l’interrogativo che è giusto porsi è se tutto questo sia semplicemente il frutto di una (discutibile) razionalità geopolitica ancorata alla cultura del si vis pacem para bellum o se non vi siano altre energie che attraversano menti e cuori e li rendono disponibili alla regressione antropologica di questi tempi.
In particolare è bene chiedersi, ancorandosi alla linea interpretativa della corruptio optimi pessima, quali pervertimenti delle tradizioni religiose operino nel sottosuolo dei conflitti che sono in atto o che si stanno preparando. Ne cito solo alcuni perché sono talmente evidenti che è impossibile non coglierli.
Tensione messianica
Innanzitutto ci ferisce ogni giorno la grande bestemmia contro la propria tradizione spirituale che il governo di Israele, autoproclamatosi «stato del popolo ebraico» con una specifica connotazione religiosa, sta pronunciando ogni giorno, citando le Scritture e presentandosi come il nuovo sterminatore di Amalek e di tutto ciò che gli appartiene «senza avere alcuna pietà … e uccidendo uomini, donne, fanciulli e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini» (così il primo ministro citando il testo biblico).
L’utilizzo strumentale della Scrittura per giustificare il massacro si accompagna alla riduzione del divino a sponsor della propria barbarie e tutto questo in vista dell’adempimento dell’antica promessa di elezione del popolo ebraico, della ripresa della terra ricevuta, della sua missione di «riparare il mondo» e dunque di aprire la strada ai tempi ultimi che stanno approssimandosi.
Anche gli USA sono attraversati da questa tensione messianica: l’America, nella predicazione della galassia dei tanti gruppi «evangelical», ma pure in tanti settori delle chiese protestanti e cattoliche, sarebbe «il nuovo Israele» che si accinge, in sintonia con l’antico Israele, a compiere il piano divino di «redenzione del mondo» e Trump, collocandosi in questa prospettiva, non ha esitato a presentarsi come «salvato da Dio» dall’uccisione e a distribuire bibbie autografate e a invitare alla fede e alla preghiera, suggerendo lui stesso i testi delle orazioni, in vista dell’imminente «età dell’oro».
Né la sua discutibile condotta morale può essere di impedimento al progetto redentivo poiché anche i peccatori come il re David furono scelti da Dio per il suo piano di rigenerazione e di salvezza.
Pure il conflitto della Russia con l’Ucraina, nella predicazione del patriarca di Mosca, è una «guerra santa» in vista dell’adempimento di una funzione spirituale di salvezza affidato alla «Santa Russia» e l’ortodossia ucraina (e non pochi greco-cattolici) rispondono ancorando a un forte nazionalismo armato la propria via spirituale.
Non fa eccezione a questa pulsione messianica che attraversa il sottosuolo dei nostri giorni neppure l’islam: Al Aqsa Flood, infatti, è il nome della spaventosa mattanza del 7 ottobre 2023.
Nella visione sciita del «partito di Dio» libanese, inoltre, il conflitto con Israele non è visto tanto con lo sguardo geopolitico consueto, ma come un evento anticipatore dei tempi ultimi in cui il Mahdi ritornerà e distruggerà i nemici. In questo calendario escatologico eventi come la fondazione dello stato di Israele (1948), la fondazione della repubblica islamica in Iran (1979), l’invasione occidentale dell’Iraq (2003) e persino gli sconvolgimenti climatici e le uccisioni dei propri leaders sono visti come tappe di avvicinamento al conflitto finale e alla rigenerazione del mondo.
La simbiosi delle religioni con il potere politico, l’intestazione messianica dei propri miseri progetti politici, l’uso strumentale dei testi scritturistici interpretati con uno sconcertante letteralismo, la violenza bellica accolta come strumento di redenzione del mondo, questi sono alcuni tasselli di questa gigantesca «corruptio» che sta attraversando le tradizioni spirituali che ci sono vicine e in cui siamo innestati.
Quali possano essere le conseguenze «pessime» di questo pervertimento sul piano specifico delle religioni e del loro intento di essere vie per invitare alla fede è facilmente intuibile e infatti oggi esse appaiono piuttosto un invito fortissimo a un ateismo liberatore. Ci sono però altre e più immediate conseguenze sul piano etico, sul piano giuridico e sulla stessa intelligenza degli eventi e delle prospettive di convivenza.
Il crollo dell’etica
Sarebbe semplicistico ignorare che, anche in tempi di dilagante secolarizzazione, l’intelaiatura etica delle nostre società occidentali si è costruita a partire dalle tradizioni ebraiche, cristiane e islamiche e il loro pervertimento si riflette necessariamente sulla sensibilità etica dei nostri giorni.
Non può non interrogarci lo sfondamento senza pudore di ogni soglia morale che presiede alle guerre di questi mesi:
– l’esibizione di ipocrisia che i nostri paesi mettono in scena invocando il «diritto all’autodifesa» (ammazzate, bombardate, affamate…ma con moderazione).
– il cinico calcolo economico legato alle armi, alla ricostruzione, alla invocata necessità di riarmo «per la difesa».
– la totale indifferenza per la nuda vita delle persone coinvolte (intere generazioni di bambini e di giovani massacrati o inviati al macello in nome di questi sublimi ideali).
La catastrofe del diritto
E poiché non esiste un diritto equo che non sia sorretto da forti convinzioni etiche non si può non cogliere, come ulteriore conseguenza, lo sfregio sistematico e ripetuto al diritto internazionale, l’irrisione del diritto umanitario, l’umiliazione e la condanna all’irrilevanza delle istituzioni internazionali preposte all’osservanza di norme di giusta convivenza.
È facilmente immaginabile che tale deriva che assegna preminenza alla logica della forza brutale (nobilitata dal nuovo culto della vittoria) contagi anche le istituzioni giuridiche e costituzionali interne agli stati e «bellicizzi» pure le grandi questioni sociali del nostro tempo (la «guerra ai migranti» ne è l’esempio più evidente, ma presto si allargherà ad altre figure sociali «scomode»).
La cecità politica
Ma l’onda lunga della «corruptio» delle tradizioni religiose, della sensibilità etica e della costruzione giuridica investe anche la stessa lucidità razionale nella comprensione degli eventi, nello scorgerne le radici e nel pensare a risposte capaci di profondità e di visione.
Assistiamo – inutile negarlo – a un’autentica cecità politica dei nostri governanti europei, a una paralisi della ragione e dello spirito critico, a una superficialità che rasenta l’incompetenza e il tutto è ammantato di «orgoglio» e di retorica sui «valori occidentali».
Gli esempi di questa epidemia di stoltezza sono tanti, basta interrogarsi sulle politiche rispetto al «suicidio di Israele» (Anna Foa), alla riduzione del popolo ucraino a «vittima sacrificale» per la «difesa dell’occidente», alla totale insensatezza delle politiche migratorie di cui l’attuale, farsesca operazione Albania è un’ulteriore conferma.
La recente campagna elettorale degli USA, ritenuto il paese-guida delle democrazie è stata – come si è visto – un gigantesco palcoscenico di superficialità, allietata da ogni genere di insulti e violenze verbali. Davvero ciechi che guidano ciechi!
Religioni al bivio
Il bivio evidente in cui si trovano oggi le religioni è dunque chiarissimo: o accettano di continuare a essere la sacralizzazione dei costumi vigenti, anche dei più meschini e violenti e allora si avviano a trasformarsi in «sale senza sapore» che sarà presto rigettato.
Oppure scelgono di divenire energie di interruzione e di rottura della violenza conformista, uno sconfinamento e un’irruzione di un pensiero inedito e «straniero» («l’islam è nato straniero e finirà straniero», recita un detto del Profeta) capace di accogliere e ravvivare il fuoco originario, per aiutarci tutti a divenire umani.