Domenica 23 giugno a Solferino (MN), presso la Chiesa di San Nicola di Bari, si è tenuto l’incontro interreligioso Tutti fratelli, promosso dall’Associazione Solferino agorà della pace. All’incontro sono intervenuti rav Luciano Caro, Rabbino Capo della Comunità ebraica di Ferrara, mons. Gian Giacomo Sarzi Sartori, parroco di Castiglione delle Stiviere (MN) e già vicario generale della Diocesi di Mantova, e l’imam Mansur Abd al-Hayy Baudo, tra i membri fondatori di COREIS (Comunità Religiosa Islamica) italiana e segretario di ISA (Interreligious Studies Academy).
I 160 anni della Croce Rossa italiana
Il giorno prima, sabato 22 giugno, Castiglione delle Stiviere e Solferino avevano avuto l’onore di accogliere il Presidente della Repubblica Mattarella in occasione del 160° anniversario della Croce Rossa Italiana. Nel discorso tenuto a Solferino, in una Piazza Castello gremita, il Capo dello Stato ricordava il percorso di dolore che aveva unito Solferino a Castiglione dopo la Battaglia di Solferino e San Martino del 24 giugno 1859, sottolineando come, proprio su quel percorso macchiato dal sangue di migliaia di feriti, fosse nata la Croce Rossa,
«per dare conforto e assistenza. Per offrire cure ai feriti. Per ritrovare uno spazio umano dentro la logica spietata della guerra. Per dare possibilità di futuro a chi rischiava di morire».
Come la Croce Rossa ha permesso di ritrovare uno spazio umano dentro l’abominevole logica della guerra fratricida, così domenica anche Solferino agorà della pace ha cercato di ritrovare uno spazio umano dentro la logica spietata della aggressività e della violenza verbale, la logica imperante del linguaggio d’odio fortemente amplificato dai social, usati spesso irresponsabilmente.
A questo campo di battaglia di violenza e di odio si è desiderato contrapporre lo spazio tutto umano dell’incontro, all’abuso della parola la ricchezza del logos, al duello il dialogo.
L’incontro interreligioso
«Tutti fratelli», – questa l’unica espressione che Jean Henry Dunant riporta in italiano ne Un Souvenir de Solférino – dissero le donne che per prime prestarono soccorso ai feriti dopo la cruenta battaglia risorgimentale. L’incontro interreligioso è stato un’occasione per riaffermarlo: siamo tutti fratelli e sorelle.
Il primo a prendere la parola è stato l’imam Mansur Abd al-Hayy Baudo che, alludendo alla recente Festa del Sacrificio di Abramo, l’Eid al-Adha, ha affermato che se il Profeta Abramo ha compiuto un sacrificio ad Allah, donandogli il figlio che per la misericordia di Dio, il Clemente e il Misericordioso, è stato sostituito da un montone benedetto, nulla invece è da sacrificare agli ideali prevaricatori ed egoisti di chi, facendo leva sulle debolezze degli uomini, porta questi ultimi alla guerra.
Di questa occorre – ha proseguito l’imam – conoscere la malvagità contro la quale, durante i riti di pellegrinaggio alla Mecca, si gettano le piccole pietre simboliche di lapidazione. Sono queste il segno di rifiuto e di disapprovazione totale che tutti i credenti in Dio devono compiere contro il male che offusca la parte più nobile della vera natura dell’uomo.
Dopo aver riconosciuto con rammarico un fallimento delle religioni monoteistiche che non sono state in grado di prendere insieme una chiara posizione a favore della pace, Rav Luciano Caro ha ricordato che Shalom, «pace» in ebraico, indica prima di tutto la condizione di pace di ciascuno, una «completezza», questo il suo significato etimologico, per cui la singola persona non percepisce la mancanza di alcunché. La pace, che va di pari passo con la giustizia e la verità, – ha concluso il rabbino – deve scaturire da ciascuno di noi ed è anche uno dei nomi di Dio: dunque chi fa la guerra profana il nome stesso di Dio.
Infine, mons. Gian Giacomo Sarzi Sartori ha sottolineato che il papa, contro la globalizzazione dell’indifferenza, propone la fraternità e l’amicizia sociale quali vie per costruire un modo migliore, più giusto e più pacifico. Con le parole dell’enciclica Fratelli tutti, è necessario «adottare la cultura del dialogo come via, la collaborazione comune come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio» (n. 285) per costruire la pace, vera e propria «opera artigianale».
Incontri di civiltà
Al termine dell’incontro, l’accensione di tre candele poste all’interno di un unico braciere è stato un segno di speranza e profezia di un mondo nuovo, di pace e di armonia: questo è ciò che insegnano le religioni.
I tre rappresentanti religiosi hanno compiuto questo gesto, dal profondo significato simbolico, accompagnati dalle parole che il Presidente della Repubblica aveva rivolto ai partecipanti all’incontro internazionale di preghiera per la pace «Nessuno si salva da solo – pace e fraternità», tenutosi a Roma il 20 ottobre 2020:
«Le preghiere − che sgorgano da diverse sorgenti religiose − sono rivolte a una dimensione ultraterrena ma la fede da cui promanano alimenta la possibilità che sia più facile vivere insieme in pace su questa Terra, condividendo il limite e la ricchezza della nostra comune umanità».
L’incontro Tutti fratelli può essere riletto anche con le parole dello scrittore e giornalista polacco Ryszard Kapuściński che, in un suo contributo dal titolo Incontro di civiltà, così si esprimeva:
«Ogni volta che l’uomo incontra l’altro gli si presentano tre possibilità: fargli guerra, ritirarsi dietro a un muro, aprire un dialogo. […] L’esperienza acquisita in lunghi anni di convivenza con altri mi ha insegnato che la benevolenza è l’unico atteggiamento capace di far vibrare nell’altro la corda dell’umanità».
Domenica 23 giugno, a Solferino, si è scelta l’opzione del dialogo: solo il dia-logos, creando comunicazione e comunità, consente di costruire una pace autentica, vera e duratura.
L’incontro interreligioso ha mostrato che l’altro non è una minaccia, ma un dono che permette una crescita e un arricchimento reciproci; ha anche suggerito che il rispetto delle diversità promuove pace, armonia sociale tra gli uomini e armonia con l’intero Creato.
Solo vedendo nell’altro e nell’altra un fratello e una sorella con cui costruire un mondo di pace, si saprà dare vita ad una grande orchestra: melodie diverse che, proprio con la loro diversità, concorrono a realizzare una unica comunità umana di pace e di fraternità.
Se la multiculturalità della nostra società è un dato di fatto, l’interculturalità è l’obiettivo da realizzare tutti insieme. Quest’ultima non è mera tolleranza o sopportazione del diverso, ma è dono, intreccio di fedi e di culture che contribuiscono ad arricchire e ad abbellire il tessuto della vita di ciascuno. Il dialogo tra le diverse tradizioni religiose rappresenta, perciò, una ricchezza inesauribile a servizio di tutta la comunità umana.
Eventi come questi aprono il cuore alla speranza e il fatto che a darcene conto ,in questo modo appassionato , sia un giovane ci conferma che , al di là’ delle brutture che quotidianamente ci vengono propinate , ci sono semi che germogliano , crescono e portano molto frutto.
Grazie