Yusuf si era stabilito in Olanda quand’era bambino, giungendovi migrante insieme ai suoi genitori. Una patologia renale lo aveva costretto a lunghe sedute di dialisi dall’età di vent’anni, sino a quando si profilò la soluzione ideale per il suo caso: trapianto di reni.
Venne effettuato, ma dopo alcuni anni gli organi ricevuti dovettero essere rimossi. Ciò suscitò, in una persona profondamente credente, gravi dubbi di coscienza: forse si trattava di un segno che Dio non era soddisfatto di quanto aveva fatto? Forse era incorso in un peccato ricevendo i reni da un donatore non-musulmano? I dubbi di coscienza crebbero all’approssimarsi di un nuovo tentativo chirurgico.
Si rivolse a un iman turco, che cercò di tranquillizzarlo: «Non c’è nulla nell’islam contro la ricerca di una cura per la tua infermità». Per quanto riguarda la questione del donatore miscredente: «Nell’islam ciò che importa è l’anima, e l’anima non può essere trapiantata».
Corpo, anima, identità
Un episodio come questo è significativo dei problemi etico/teologici che la moderna tecnica dei trapianti d’organo propone all’islam. Dove si situa dunque l’anima nel corpo, e quale relazione c’è tra il corpo e l’identità religiosa della persona?
La questione rimbalza di frequente nelle domande inviate ai siti islamici di responsi giuridici, ad esempio Islamweb, una delle piattaforme più frequentate in Europa, gestita da una sezione del Ministero degli affari religiosi del Qatar: una persona chiede cosa avviene al credente se gli viene sostituito il cuore con quello di un miscredente, un’altra chiede se è lecito impiantare nel cuore di un credente la valvola cardiaca estratta dal cuore di un maiale, che per eccellenza è l’animale impuro. Il problema sottostante è che, nell’antropologia islamica (simile, del resto, a quella biblica), è il cuore il centro dell’intelletto e la regione della fede.
Ricorrendo al principio che una situazione di necessità rende lecito ciò che nella normalità sarebbe proibito (al-darūra tubīh al-mahzūrāt), la fatwa apre la via a questo tipo d’interventi, e si spinge ad affermare che si dovrebbe comunque preferire la valvola estratta dal maiale a quella meccanica, nel caso che in questo secondo modo ci fosse maggiore probabilità di mettere a repentaglio la vita del paziente. Interessante la notazione che la decisione finale non è affidata al giurisperito della šarī‘a ma alla “opinion of trustworthy doctors”: in questa formula si cela un trasferimento di competenze (e quindi di responsabilità) dalle figure classiche della giurisprudenza religiosa ai tecnici delle scienze applicate.
Il “versetto della luce”
Per quanto riguarda il quesito precedente, la risposta si fonda su un celebre passaggio coranico, conosciuto come il “versetto della luce”: «Dio è la luce dei cieli e della terra, e la sua luce assomiglia a una nicchia in cui c’è una lampada, e la lampada è in un cristallo, e il cristallo è come una stella ardente. La lampada arde dell’olio di un albero benedetto, un olivo né orientale né occidentale, il cui olio quasi brilla anche se il fuoco non lo tocca» (Cor 24,35).
La suggestiva ed enigmatica simbologia, che ha infiammato generazioni di mistici, è utilizzata nella fatwā per spiegare che il cuore è come la lanterna, soltanto un contenitore della fede, simboleggiata dall’olio puro, che rimane dunque infusa nella persona tutta intera.
È la soluzione alla quale giunge, per altra via, Yusuf al-Qaraḍāwī, una delle figure più influenti sulla scena dell’islam globale: è eticamente ammesso ricevere organi estratti dal corpo di non-musulmano, dal momento che «tutte le membra dell’uomo sono integralmente musulmane, le membra dentro all’uomo lodano Dio, tutte Gli rendono lode, vale a dire operano nel quadro delle leggi divine prostrandosi e rendendo lode».
Per dare spazio anche a una posizione fermamente negativa, bisogna ricorrere all’egiziano Muḥammad Mutawallī al-Sha‘rāwī (m. 1998), giurista e predicatore, oltre che uomo di Stato, che, a oltre vent’anni dalla morte, continua a godere di grande popolarità. A proposito dei trapianti ha affermato, in un’intervista recentemente rilanciata, che la persona non ha diritto di cedere in alcun modo parti del proprio corpo, poiché non ne ha il legittimo possesso, ma solo il diritto d’uso conferitogli dal suo Creatore: «Il Creatore ha creato ciò che ci è utile, ma che non è di nostra proprietà… Se le membra fossero di proprietà della persona, Dio non punirebbe il suicida».
Su questioni come la “titolarità” del corpo umano, il momento in cui si produce la morte, (individuazione necessaria per l’espianto da cadavere) e sul rapporto tra anima e corpo, l’universo islamico è dunque alla ricerca di un difficile punto di equilibrio, tra aperture ai progressi scientifici e fedeltà ai dogmi di fede.
Seguendo il flusso delle domande e delle risposte che intercorrono tra i credenti e i loro sapienti, che sono al tempo stesso giuristi e guide spirituali, si può notare la concorrenza assolutamente tipica nell’islam tra “principi supremi” e questioni assolutamente secondarie, all’apparenza, ma rivelatrici della costante ricerca della “Via” (etimo di shari‘a).
Per offrire solo un esempio, che fa da ponte tra il tema qui trattato e quello del capitolo seguente, segnaliamo che, durante la trasmissione “Miftah al-faraj” (La chiave del sollievo) in onda sul canale religioso Iqra’, un musulmano che chiama dalla Francia domanda a ‘Abd Allah al-Muslih, uno dei più rinomati “mufti satellitari”, se sia religiosamente lecito il trapianto dei capelli: «Anzitutto, la creazione di Dio è buona, ma accade che la persona che ha certe malattie fisiche, che comportano la caduta dei capelli, ne patisca, considerando che la chioma è parte della sua bellezza, specialmente oggi, quando le persone camminano a capo scoperto… Se la persona ne soffre psicologicamente, non v’è male al trapianto, lo consideriamo cura di una condizione patologica, che può essere fisica o psicologica. L’islam è misericordia ed è venuto a rendere felice l’uomo, non a farlo soffrire».
Con un buon trapianto anche l’anima ne gode.
Alcuni dei materiali usati
K.Schipper, M.Ghaly, T.A. Abma, «Receiving a Donor Organ and Muslisms in Europe. Theological and Intercultural Dimensions», in H.M. Vroom et al., Looking Beneath the Surface: Medical Ethics from Islamic and Western Perspectives, Brill, Leiden 2013.
O.S. Haque, «Brain Death and Its Entanglements: A Redefinition of Personhood for Islamic Ethics», in The Journal or Religious Ethics 36 (2008) 13-36.
M. Salem, «The Islamic Legal System vis-à-vis Euthanasia and Organ Transplantation», in H.M. Vroom (ed.), Looking Beneath the Surface: Medical Ethics from Islamic and Western Perspectives, Brill, Leiden 2013, 265-282.
Circa la posizione favorevole di al-Qaradawi: www.aljazeera.net/programs/religionandlife/2008/5/6/موقف-الفقه-الإسلامي-من-التبرع
Per il giudizio negativo di al-Sha‘rawi: www.elwatannews.com/news/details/4213043.
Circa il trapianto di capelli: www.youtube.com/watch?v=4WrY5JS_K0g&t=1757s. Dal minuto 13.35.