Come si può leggere la profonda trasformazione della vita consacrata in atto in questi anni e come aiutare i religiosi/e ad affrontare le sfide del contesto mutato? Quali opportunità e prospettive per il futuro? Sono le questioni che attraversano ordini e congregazioni in ogni continente, anche se la situazione dei paesi occidentali manifesta ogni giorno di più la difficoltà, soprattutto dei numeri, che poi significa persone e possibilità o meno di continuare la missione loro affidata dai fondatori. Ma, forse, potrebbe anche non essere un problema, bensì un’opportunità.
Ne hanno parlato ad Atlanta, in Georgia le circa 800 superiore maggiori degli Stati Uniti aderenti alla Leadership Conference of Women Religious (LCWR) in occasione dell’Assemblea annuale dal 9 al 13 agosto scorsi sul tema «Abbracciando il Mistero: vivere il cambiamento».
Nel 1971, al momento della sua costituzione nella forma attuale, la LCWR, comprendeva le superiore in rappresentanza di oltre 150 mila suore degli Stati Uniti. In quegli anni nel Paese il numero totale delle religiose ammontava a 181 mila, nel 1995 le suore erano calate a 107 mila, dieci anni più tardi, nel 2005 erano 72 mila e lo scorso anno, 2015, 49 mila (di queste 39 mila afferiscono alla LCWR).
Nell’arco di 20 anni (1995-2015) le religiose sono passate da 107 a 49 mila e le proiezioni per il prossimo decennio parlano di scendere a 29 mila. «Stiamo letteralmente evaporando!» ha scherzato la presidente, suor Marcia Allen che aggiungeva «I carismi indubbiamente sono ancora validi, ma sono chiamati a qualcosa di nuovo». Il problema, però, è sempre il medesimo: qual è il cambiamento che può essere efficace oggi?
Bando alle preoccupazioni paralizzanti
Una pista l’ha indicata sr. Allen facendo riferimento ai saggi di Anne m. Butler, «Attraverso le frontiere di Dio. Suore cattoliche in America 1850-1920» (2012) e di Tilley W. Terrence «Reinventare la tradizione cattolica» (2011). La loro tesi era questa: la tradizione può essere reinventata nel tempo a seconda delle diverse circostanze e questo è esattamente ciò che ha fatto, per così dire, la fortuna delle religiose americane. Si è dimostrato efficace l’aver condiviso la vita della gente, dalle miniere alle ferrovie, nelle praterie desolate, sulle montagne o nel deserto. I carismi dei fondatori, inizialmente solo europei, sono sopravvissuti, ma completamente modificati: si sono lasciati alle spalle tutto quanto era ormai lontano, e passato, proprio perché “incarnati” nel presente della nuova vita di frontiera.
Si avverte qui l’eco di quanto scrive anche il teologo Jurgen Moltmann sulla speranza del popolo d’Israele: quando tutto sembra perduto è Dio stesso che offre strade nuove, quello che lui definisce «l’orizzonte di attesa». Non si tratta di un ottimismo di maniera o di utopia, ma di essere pronti a riconoscere le nuove prospettive che si schiudono, perché aver fede significa sapere che sempre si apriranno.
Le religiose pensano di essere ancora di una qualche utilità per i loro fratelli di oggi? Se la risposta è positiva le suore non restino paralizzate se i conventi non sono zeppi di nuovi membri giovani.
C’è una questione che ormai deve essere superata: in questi ultimi anni sono state fatte analisi e sondaggi, fusioni e riconversioni, chiusure e partenze, sono stati chiamati esperti per un aiuto che, in fin dei conti, significava far sì che il carisma fosse in grado di “passare” alla prossima generazione. Si cercava una garanzia di sopravvivenza: un lavoro snervante che ha preso troppe energie. Forse è arrivato il tempo di voltar pagina e guardare ad un nuovo orizzonte. Era esattamente questo l’augurio di suor Sharon Holland – la presidente che aveva “traghettato” la LCWR oltre la palude della controversia con il Vaticano – nel corso dell’assemblea dell’anno scorso: «Andiamo avanti!».
«Basta impantanarsi in strategie locali a corto raggio, spostando persone col solo obiettivo di garantire qualcosa che una volta c’era, ma che evidentemente non oggi non serve più. Forse nel giro di una o due generazioni anche regole e regolamenti potrebbero sembrare obsoleti ai nostri successori, e magari una nuova trasformazione si renderà ancora necessaria, ma intanto noi dobbiamo agire oggi e inventare una nuova tradizione».
Tornare alle origini della vita religiosa
Non sono arrivate ricette risolutive nel corso dell’Assemblea, ma un orientamento chiaro sì: accantonate le questioni pratiche, l’orizzonte che si apre è quello di un ritorno all’essenziale della scelta di una vita consacrata, in altre parole innanzitutto la preghiera e la condivisione con l’umanità vicina e lontana. Suor Pat Farrel, presidente emerita e già missionaria in America Latina, l’ha indicato con l’entusiasmo del momento della professione. «Approfondire la dimensione contemplativa della vita religiosa ci condurrà alle origini del movimento delle religiose avviato ancora negli anni ’50 e poi sviluppato dopo il Concilio. Cristo ci ha proposto una strada irresistibile da seguire, una strada basata sull’amore e la misericordia che conduce alla costruzione di un mondo più giusto e inclusivo. Poniamoci in ascolto di quanto ci chiede qui oggi: il Regno di Dio è già sulla terra. Svegliamoci e mettiamo a disposizione le nostre mani e i nostri cuori per renderlo visibile ai nostri fratelli!».
Bandite, per così dire, le preoccupazioni pratiche che hanno paralizzato capitoli e incontri negli scorsi anni (e la LCWR ha avuto anche la sua “questione romana”) le suore tornino alla loro missione di preghiera e azione, a seconda del carisma dei fondatori. Pregare per le tante solitudini e le miserie degli uomini d’oggi, pregare per la risoluzione dei conflitti e la fine di tante violenze è un seme gettato che porterà frutto. «L’atteggiamento contemplativo quotidiano significa sintonizzarsi consapevolmente fornendo l’energia per trasformazione del mondo, come il lievito che si espande nel silenzio e trasforma la pasta»
Le religiose americane sembrano quindi avviate verso nuovi orizzonti: lontane dalle preoccupazioni di chiusure o vendite di strutture, sono pronte a tornare alle origini dei loro carismi per interrogarsi nella preghiera su quali cambiamenti siano necessari nel mondo contemporaneo per abbracciare la sofferenza e il dolore, per accogliere ogni persona in particolare i poveri e gli emarginati della società. «Il regno di Dio ha la precedenza su tutto ciò che siamo» concludeva suor Farrel chiedendo una sorta di «purificazione» interiore per aprirsi con umiltà al mistero della vita, delle persone e del creato.
Le persone consacrate come lievito per l’avvento del Regno all’interno dei propri ordini e congregazioni e poi lievito anche per la Chiesa e il mondo intero. La testimonianza, se autentica, parla da sola e i frutti arriveranno, anche se nessuno sa immaginare quali.
Come dire il campo che si apre è vastissimo: dalla preoccupante campagna per le prossime elezioni presidenziali agli interrogativi che nascono dalle uccisioni dei ragazzi di colore da parte della polizia, dal degrado ambientale all’escalation planetaria del terrorismo. Il futuro è incerto, come un «sentiero nascosto dalla nebbia», un cammino irto di difficoltà, ma la vita religiosa è un camminare insieme, giovani e anziani, condividendo gioie e dolori, confidando quotidianamente nell’aiuto di Dio cui si è offerta la propria vita.
Coscienza critica per il mondo
In questo contesto le religiose possono assumere anche il ruolo fondamentale di coscienza critica per gli eventi del mondo (già ai primi d’agosto 5.671 suore avevano firmato un appello per i candidati alla Presidenza degli Stati Uniti perché non dimentichino i valori fondamentali sanciti dalla Costituzione). Sulla stessa lunghezza d’onda suor Liz Sweeney, ha sottolineato il contributo determinante per la formazione delle coscienze nella direzione di una maggior inclusività e misericordia nel sociale e sr. Margaret Wheatley, condividendo la sua esperienza personale di religiosa in mezzo ai sofferenti, richiamava il valore della prossimità con quanti sono nel dolore e nella disperazione: la fondamentale testimonianza di una presenza d’amore quando tutto sembra perduto.
Nel corso dell’Assemblea le partecipanti sono state invitate poi all’impegno di ritagliarsi quotidianamente spazi di silenzio nella preghiera personale e comunitaria, nonostante gli orari e i ritmi imposti dalla missione (in un paese come gli Stati Uniti dove le distanze da percorrere spesso sono massacranti).
Diverse anche le risoluzioni approvate, tra le quali spicca l’impegno per contrastare ogni forma di discriminazione, a partire da quella del colore della pelle; per abolire la schiavitù moderna che lacera il tessuto sociale; per garantire il diritto di cittadinanza agli immigrati; per promuovere la giustizia economica, la custodia del creato e la protezione della biosfera.
Significativo dell’attuale contesto si è rivelato il conferimento dell’Outstanding Leadership Award, il tradizionale premio attribuito dal direttivo della LCWR: l’edizione 2016 è stato assegnato a
Janice Bader delle Suore del Preziosissimo Sangue per il suo lavoro come direttore esecutivo dell’Ufficio nazionale per i religiosi in pensione.
Suor Maria Pellegrino delle Suore di San Giuseppe di Baden, in Pennsylvania, ha assunto la carica di presidente LCWR per 2016-2017, mentre la Conferenza ha votato a suor Teresa Maya, leader della Congregazione delle suore della carità del Verbo a Sant’Antonio in Texas come suo presidente eletto.
«Che le vostre giornate insieme possano rivelarsi cariche di frutti» aveva scritto loro padre Josè Carballo, segretario della Congregazione vaticana. Chissà se ne immaginava le conclusioni: le suore degli Stati Uniti hanno deciso di vivere la loro vita di consacrate costi quello che costi, senza restare impantanate nelle preoccupazioni del calo delle vocazioni o della chiusura dei conventi. Con la stessa fede di Chiara d’Assisi, Caterina da Siena e tante altre che le hanno precedute.