Enrico Berti, professore di Storia della filosofia presso l’Università di Padova per oltre quarant’anni e uno dei massimi studiosi di Aristotele in Italia, è scomparso lo scorso 5 gennaio a 86 anni. Conferenziere apprezzato e uomo di fede non ostentata, ma profonda. Fra le sue innumerevoli pubblicazioni: In principio era la meraviglia (Laterza), Sumphilosophein. La vita nell’Accademia di Platone (Laterza), Storia della Metafisica (Il Mulino) e Aristotelismo (Il Mulino). Lo ricordiamo con una intervista ripresa dal blog «Officina filosofica» (4 maggio 2020).
- Nella filosofia greca troviamo molti aspetti di cui è debitrice non solo la teologia, ma la cultura cristiana nel suo insieme. Penso al finalismo che troviamo in filosofi, pur molto lontani tra di loro, come Platone e Aristotele. Ci solo anche altri aspetti che possiamo considerare oltre questo?
Più che per il finalismo (che in Aristotele riguarda solo la finalità interna), la teologia cristiana è debitrice ad Aristotele del concetto di un Principio trascendente e personale, il quale in Aristotele è il primo tra i motori immobili dei cieli, e quindi il primo degli enti e il motore di tutto, mentre per i cristiani (come già per i musulmani) è Dio. Bisogna tuttavia tenere presente il diverso significato che la parola «dio» aveva per gli antichi e ha per i credenti nelle religioni monoteistiche. Per gli antichi (Greci e Romani) «dio» è un nome comune, il nome di una specie di viventi, come «uomo», perciò si scrive con l’articolo e l’iniziale minuscola (il dio). Per i monoteisti invece (Ebrei, Cristiani, Musulmani) «Dio» è il nome di una singola persona, perciò si scrive senza articolo e con l’iniziale maiuscola. Queste sono regole grammaticali, non scelte ideologiche.
- Nella Divina Commedia, per esempio, come per il Motore immobile descritto da Aristotele, i corpi celesti si muovono con velocità diverse a seconda della distanza da Dio: il famoso «amor che move il sole e l’altre stelle» (Paradiso, XXXIII,145). Perciò le chiedo come mai un filosofo come Aristotele sia stato così dominante fino praticamente all’avvento dell’epoca moderna?
Dante, che non fu solo il massimo poeta, ma fu anche un filosofo originale, fece propria, come tutti i medievali, la cosmologia greca, cioè il geocentrismo, che non era solo di Aristotele, ma era ampiamente presente già nel Timeo di Platone e aveva dominato l’intera cultura antica e medievale. Da Aristotele Dante riprese, come molti altri, la teoria dei cieli come sfere concentriche (introdotta da Eudosso di Cnido), che – con le modifiche apportate da Tolomeo – spiegava quasi completamente i fenomeni celesti. Da Aristotele riprese infine la teoria del motore immobile dell’intero universo, che interpretò come «Dio» e quindi come «amore». In questo tuttavia Dante fu influenzato dall’interpretazione teologizzante di Aristotele, che vedeva nel primo motore immobile l’oggetto dell’amore di tutte le creature. A parte questo, Aristotele aveva fornito la base fisica, cioè scientifica, delle teorie cosmologiche antiche e medievali, perciò rimase il punto di riferimento principale di filosofi e scienziati, fino all’avvento della scienza moderna. Egli inoltre era l’autore di un corpo di dottrine del tutto eccezionale, che spaziava dalla logica alla fisica, dalla biologia alla psicologia, dalla metafisica all’etica, dalla politica alla poetica e alla retorica. Nessun altro autore antico era paragonabile a lui.
- Per noi contemporanei qual è l’aspetto più attuale del pensiero di Aristotele?
Gli aspetti attuali del pensiero di Aristotele sono innumerevoli. Nella logica la teoria delle categorie, delle opposizioni, del sillogismo, delle fallacie. Nella fisica la teoria dei quattro generi di cause, la scienza del mondo vivente e soprattutto la concezione dell’anima come forma, cioè come principio interno di vita. Nella metafisica la teoria della sostanza e la dottrina della potenza e dell’atto. Nell’etica la concezione della felicità come piena realizzazione delle capacità umane. Nella politica la concezione della polis come società indispensabile per una vita autenticamente umana e dell’uomo come animale per natura politico. Tutti questi aspetti, trascurati e spesso anche disprezzati nel corso dei secoli, sono stati oggi riscoperti e valorizzati, per cui Aristotele è diventato uno dei principali interlocutori del dibattito filosofico contemporaneo.
- Leggendo l’ultimo libro della Metafisica, ma anche il libro VIII della Fisica, possiamo dire che il “Dio” di Aristotele c’entri ben poco con quello cristiano?
Quello che i cristiani considerano il «Dio» di Aristotele, cioè il primo motore immobile – che per Aristotele è «un dio» perché è un vivente immortale e felice – non è creatore, non è provvidente, soprattutto non è salvatore. Tuttavia, come il Dio dei cristiani, esso è trascendente e personale. La sua trascendenza è espressa dalla sua immutabilità, che lo distingue da ogni altra realtà di cui noi abbiamo esperienza. La sua personalità, invece, è dovuta al fatto che egli pensa, quindi vive, ed è felice di pensare, quindi possiede una volontà. Tuttavia ritengo sbagliato confrontare una dottrina filosofica, conquistata da un uomo per mezzo di capacità esclusivamente umane (esperienza e ragionamento), con un concetto che è frutto di una rivelazione divina.
- Quindi potremmo addirittura parlare in Aristotele di una pluralità di divinità?
Aristotele, come tutti gli antichi, era politeista, cioè ammetteva una pluralità di dèi, e «praticava» la sua religione, cioè pregava gli dèi e faceva voti, come risulta dal suo testamento. Tuttavia egli criticò gli aspetti antropomorfici del politeismo, interpretando gli dèi come intelligenze motrici dei cieli, e riconobbe tra essi un “primo”, aprendo così la strada, ripresa poi dagli Stoici, verso il monoteismo. Per questo san Paolo nel Discorso agli Ateniesi (Atti) si richiamò al “Dio dei filosofi” greci come alternativa agli idoli della religione popolare e come base per la comprensione della rivelazione cristiana (così sostiene J. Ratzinger nell’Introduzione al cristianesimo).
- La grandezza dell’Accademia platonica forse la ritroviamo nel syn-philosophein, la bellezza e il piacere di fare filosofia insieme pur nella diversità delle vedute. Possiamo dire che questo aspetto costituisca ancor oggi il valore aggiunto della filosofia, soprattutto a livello pedagogico nelle scuole?
Sono interamente d’accordo. Per Aristotele fare filosofia insieme con gli amici è il massimo della felicità. E l’unico modo per insegnare la filosofia nelle scuole è fare filosofia insieme, cioè formulare domande, proporre risposte e soprattutto cercare di argomentare e di criticare le risposte, restando disponibili a rimetterle sempre in discussione.
- Dunque oggi la società è più che mai bisognosa di filosofia…
Non solo oggi, ma sempre. La filosofia è infatti connaturata all’uomo, è sempre esistita e sempre esisterà, malgrado gli interessati tentativi di decretarne la fine. Questo non era solo il pensiero di Aristotele, per il quale «tutti gli esseri umani per natura (cioè maschi e femmine, liberi e schiavi, greci e barbari) desiderano sapere», e la filosofia – se rettamente intesa – è la forma più alta di sapere. Già Platone nell’Apologia fa dire a Socrate che «una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta dall’uomo».
Con grande dispiacere ho appreso la notizia. Con piacere e frutto ho studiato e letto le opere dello stimato professor Berti. Anche se non appare, nel mio ultimo libro “Teologia del gioco”, è stato uno degli ispiratori per quanto riguarda la parte relativa alla filosofia e il gioco. Berti mi ha guidato nel mondo dell’etica aristotelica (e, quindi, mi ha permesso di comprendere la genialità di Tommaso d’Aquino).