Padre Stéphane Joulain, padre bianco, psicoterapeuta, decripta il clericalismo, regolarmente denunciato da papa Francesco, che ha condotto le diocesi della Pennsylvania a negare e a dissimulare per anni dei reati commessi da preti. Specializzato nel trattamento degli abusi sessuali, Joulain ha seguito in terapia circa 200 pedofili e tiene in diversi paesi numerosi corsi di formazione in materia di istruzione e di prevenzione.
– Il clericalismo, che papa Francesco ha preso di mira fin dall’inizio del suo pontificato, ha qualcosa a che fare con il fallimento della Chiesa cattolica in Pennsylvania?
Sì, è una delle sue componenti. Come tutti i gruppi sociali, i preti hanno una cultura, con i suoi codici, i suoi valori. Il clericalismo comincia quando questa cultura clericale scade in corporativismo: cioè quando i preti si concedono dei privilegi, e quando la protezione degli interessi del loro gruppo prevale su quella dell’integrità fisica e psicologica dei bambini. Ciò che il papa denuncia sono quei preti che mettono il loro potere e la loro autorità a proprio profitto, che, in quanto pastori, si riconoscono una sorta di superiorità che li mette su un piedestallo. Quando una persona comincia a sentirsi speciale, è facilmente tentata di concedersi dei privilegi speciali… Il papa la pensa diversamente: l’autorità e il potere sono affidati dalla Chiesa ai suoi pastori solo perché essi si mettano a servizio della comunità, fino a «conoscere l’odore delle pecore».
– Il problema non viene anche dai laici e dall’autorità che loro riconoscono ai preti?
Effettivamente, il clericalismo può stabilirsi solo se è imposto dai preti e accettato dai laici. Tradizionalmente, i preti godono di una forma di rispettabilità legata alla convinzione, mantenuta dai fedeli, che lavorano alla loro santità. Ma questo rispetto vale solo per i preti nel loro insieme, non individualmente. Ritenere che, dato che si è stati ordinati, si ha diritto ad una forma di riverenza, è un errore, di cui certi non esitano ad abusare… La cultura e la storia di un paese hanno un ruolo in questo: negli Stati Uniti, ma anche in Africa, dove lavoro in questo momento, i laici vivono una forte sottomissione nei confronti dei preti. Alcuni fedeli, citati nel rapporto, raccontano che quando un prete andava a casa loro era come se Dio stesso entrasse…
– Come intendere il sacramento dell’ordine, di cui si dice che «configura» il prete a Cristo?
La trasformazione «ontologica» della persona per il sacramento dell’ordine è una formula da maneggiare con prudenza. Anzitutto perché tale trasformazione non è biologica: i desideri che erano presenti prima restano presenti dopo: i preti non sono chiamati a negare la loro umanità. Per il sacramento dell’ordine, il prete si apre alla presenza di Cristo per diventare a sua volta un segno della sua presenza; non un altro Cristo. E per comprendere questa «specificità» del prete basta tornare al Vangelo: «Non sono venuto per essere servito ma per servire», dice Gesù (Matteo 20,28).
– Come fare per lottare contro il clericalismo?
Come sempre, bisogna unire prevenzione, sanzione ed educazione. Per prevenire, la prima cosa da fare è «inquadrare» il potere dei chierici, obbligarli a rendere conto del modo in cui usano la loro autorità. Un potere non «inquadrato» diventa dittatoriale e il rischio è ulteriormente accresciuto quando lo si ritiene di origine divina. La convocazione dei vescovi cileni a Roma, l’accettazione da parte del papa delle dimissioni di alcuni di loro ma anche del cardinale McCarrick, arcivescovo emerito di Washington, sono segnali forti che mostrano che l’autorità che la Chiesa affida loro non li rende intoccabili. Quanto alle sanzioni, è evidente che un vescovo deve reagire adeguatamente quando viene informato e non accontentarsi di spostare il prete. A mio avviso, è un errore creare dei centri di trattamento speciali per i preti autori di abusi sessuali perché si mantiene il sintomo, devono invece essere trattati come gli altri delinquenti sessuali. Infine, i futuri preti devono essere educati ad una buona gestione della loro sessualità e della loro autorità. L’ideale sarebbe che ci fosse alla base un lavoro teologico, in ecclesiologia – come si percepisce la Chiesa? Come un corpo perfetto o come una comunità umana che cerca di essere fedele alla chiamata del Signore? – in teologia morale ecc.
L’intervista a p. Stéphane Joulain, a cura di Anne-Bénédicte Hoffner, è stata pubblicata su www.la-croix.com il 17 agosto 2018 (traduzione a cura del sito web Fine Settimana).
Sull’argomento, vedi gli interventi più recenti su SettimanaNews:
Lettera al Popolo di Dio
Una crisi lontana dalla fine
Chiesa e abusi: è crisi sistemica
USA: nuovo duro colpo per la Chiesa cattolica
Abusi: Grand Jury Pennsylvania
Non ho voluto commentare la lettera del Papa al pololo di Dio ma le parole di p. Stéphane Joulain invitano a riflettere e farci qualche domanda. Quali dati confermano l’ipotesi che l’abuso su minori di tipo eterosessuale o omosessuale dipenda dal clericalismo? Forse il clericalismo spiega al massimo il 5% del comportamento abusante. Non vorrei che sia l’alibi per dare colpi distruttivi al sacerdozio cattolico e passare ad un nuovo tipo di “ministero pastorale” con la pia illusione di combattere ed eliminare gli abusi sui minori. Domanda, dato e non concesso che la causa degli abusi sui minori sia il clericalismo, come mai il Papa non ha chiesto esplicitamente al clero cattolico ed ai religiosi di tutti gli ordini e gradi un periodo di preghiere e penitenze pubbliche dinanzi al popolo di Dio? Solo dopo il popolo dei credenti si unirà nella preghiera e penitenza per il bene della Chiesa.
Trovo assai pertinenti le parole di p. Stéphane Joulain.
Finalmente sento parlare da parte di un ecclesiastico di preti pedofili “delinquenti sessuali” come gli altri, e non come dei malati. Dunque come tali devono essere trattati. Anche il Papa tempo fa aveva parlato di malattia, ma la realtà va in ben altro senso e va guardata per quello che è, senza velature o mistificazioni.
E poi è più che vero che una buona parte del clero si è sentita sempre dotata di particolari privilegi che ne hanno definito un potere che li poneva al di sopra del gregge dei fedeli. Loro, i pastori, investiti di autorevole sacralità, tutti gli altri più in basso, quasi debitori di riverenza verso di loro. Ancora oggi sussistono, in qualche misura, questi atteggiamenti di sottomissione scambiata per rispetto.
Sono degni di rispetto sì ma come tutti gli esseri umani, né più né meno. Nel Vangelo del Signore è detto a chiare lettere che colui che si ritiene il più grande fra gli uomini è il più piccolo nel Regno dei cieli, davanti a Dio.
Papa Francesco si è messo da subito al servizio dei più piccoli e indifesi. Ha compreso bene il messaggio del Cristo.