È la condizione dei poveri in Europa il tema all’ordine del giorno dell’ultima Assemblea plenaria dei vescovi accreditati presso l’Unione Europea (Comece), che si è conclusa il 28 ottobre a Bruxelles.
119 milioni di europei, quasi un quarto della popolazione europea, sono a rischio di povertà ed esclusione sociale.
Nelle 3 giornate di incontro (26-28 ottobre), i vescovi che rappresentano la Chiesa cattolica nei 28 Stati membri della UE hanno dialogato con la Caritas Europa, il braccio umanitario della Chiesa, con i rappresentanti della Commissione europea e le autorità locali, apprezzando, in particolare, la disponibilità della Commissione europea di proseguire la collaborazione con la Chiesa cattolica e rafforzare il dialogo su questo tema e sulle diverse questioni politiche a raggio più ampio.
I vescovi della Comece hanno lavorato per mettere a punto un prossimo documento con una serie di suggerimenti e proposte concrete (offerti come sempre con discrezione, un contributo come tanti, uno stile ben consolidato e ampiamente condiviso dai membri della Commissione). Stando a una prima anticipazione emersa nel corso della conferenza stampa del presidente, cardinal Marx, al termine dell’Assemblea, si tratterà di una presa di posizione volta a ribadire la necessità di porre la dignità della persona umana – di “ogni” persona umana – al centro delle politiche per la lotta contro la povertà.
I vescovi hanno anche avuto occasione di visitare 5 organizzazioni caritative cattoliche operanti a Bruxelles nell’accoglienza ai poveri – Poverello, Viale Europa, Nativitas, L’Arche e Comunità Emmaus – trascorrendo una serata con i volontari e ascoltando la voce degli ospiti.
«È un impegno preciso della Chiesa quello di camminare con i poveri» ha ricordato il cardinale Marx, presidente della Comece, segnalando altresì come una delle «grandi promesse» del progetto europeo sia di giungere a garantire a tutti il proprio posto all’interno di una Comunità all’insegna di pace e prosperità. «Anche se questo non è stato ancora raggiunto, resta comunque l’obiettivo principale del Progetto Europa», ha ribadito con convinzione.
Chiesa e progetto europeo
Non è mancata l’analisi di una certa qual percezione negativa espressa dai cittadini di diversi stati membri verso la UE (pensiamo a quanto accade nel nostro paese dove l’antieuropeismo spesso è più popolare del contrario), cui i vescovi rispondono ancora una volta con un messaggio in positivo: di fronte a queste spinte populiste e disgregatrici, è essenziale che le istituzioni europee vengano percepite come realmente al servizio di tutti i cittadini, in particolare dei più vulnerabili. «L’Europa deve ancora incarnarsi in una comunità di solidarietà: la sopravvivenza stessa del progetto europeo dipende proprio da questo» ha ricordato l’arcivescovo del Lussemburgo, Jean-Claude Hollerich, e il suo collega, Jean-Pierre Grallet di Strasburgo, aggiungeva «la Chiesa ha un capitale immenso in grado di promuovere la solidarietà, un capitale che deve essere condiviso con l’Europa intera».
«Nel contesto di questa crisi esistenziale generalizzata a livello europeo – aveva detto l’arcivescovo di Monaco di Baviera aprendo i lavori dell’Assemblea – la presenza dei pastori Comece è più importante che mai». La Chiesa cattolica, infatti, ha sempre offerto il proprio contributo di idee e proposte, mostrando costantemente la propria disponibilità al dialogo su qualunque punto per aiutare le istituzioni europee a superare le molteplici sfide che incalzano.
E, in quanto “voce” della Chiesa cattolica in seno alla UE, la Comece sta preparando un congresso, che si terrà a Roma nell’autunno 2017, sul tema «Ripensare l’Europa», con l’obiettivo di offrire un luogo di discussione dove vescovi e laici saranno invitati a ripensare, insieme ai responsabili politici, il futuro del progetto di unificazione politica e i valori cui si erano ispirati i padri fondatori. «Noi, in qualità di membri Comece, siamo chiamati a questo difficile compito, senza cercare soluzioni valide nel passato e men che meno dettate dalla nostalgia di un tempo che non ritorna, quanto piuttosto attingendo alla ricchezza del passato, per individuare soluzioni per il futuro e guardando avanti con fiducia».
Riguardo, poi, al grosso nodo dei migranti e richiedenti asilo che bussano alle nostre porte, i vescovi Comece hanno rinnovato il loro appello per giungere alla costituzione di un sistema di asilo europeo globale (Dublino IV) supportato da “tutti” gli Stati membri, nessuno escluso.
La sfida della Brexit
Per quanto riguarda le conseguenze della decisione del Regno Unito di abbandonare l’Unione Europea, il presidente Comece ha sottolineato che non si tratta esclusivamente di un problema britannico, ma di tutti i paesi membri. Anche in questo frangente (definito «doloroso» all’indomani del referendum che ha sancito la Brexit) l’Unione Europea nel suo complesso è chiamata a ribadire i suoi obiettivi. Al di là della questione di aderire o meno alla UE, Marx ha incoraggiato il Regno Unito, così come l’Unione Europea, ad «iniziare una nuova forma di avvicinamento reciproco» nelle modalità che politici e tecnici riterranno più percorribili. Dal punto di vista della Chiesa cattolica e della sua vocazione universale, si dovrebbe sempre prendere in considerazione «ciò che accomuna le persone, al di là di ogni confine innalzato dagli uomini».
Su questo tema, in particolare, i membri della Commissione si sono confrontati con i loro colleghi del Regno Unito e Irlanda. Mons. William Kenney, delegato della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha spiegato che a tutt’oggi le conseguenze del risultato del referendum Brexit siano ancora oscure: «c’è ben poca chiarezza su ciò ci aspetta e quali conseguenze dovremo aspettarci». Anche in questo frangente il ruolo della Chiesa cattolica sembra avere un’importanza fondamentale nel ribadire la dignità dei più vulnerabili, perché non siano quelli a pagare il prezzo più alto. «Quando il Regno Unito negozierà i vari trattati commerciali, la Chiesa dovrà rappresentare soprattutto la voce degli emarginati e svantaggiati».
Il vescovo Nicholas Hudson, ausiliare di Westminster, ha espresso tutta la sua preoccupazione per l’aumento dei comportamenti di insofferenza (talvolta autentico disprezzo e odio) nei confronti degli stranieri presunti sul territorio britannico a referendum concluso. «Come Chiesa dobbiamo condannare con fermezza questi atti di criminalità».
Di diverso tenore l’intervento del vescovo Hugh Gilbert, delegato dei pastori scozzesi (la Scozia ha votato contro la Brexit, rinnovando la richiesta di indipendenza dal Regno Unito, ndr) che ha tentato un’interpretazione dei risultati del voto a livello nazionale e delle motivazioni che hanno condotto ad un esito nettamente distinto per quanto riguarda la Scozia, concludendo però come anche lì «l’incertezza regna sovrana». Non bisogna sottovalutare la differenza generazionale espressa dal voto: «I giovani si sentono così privati dei loro diritti» commentava mons. Noel Treanor, vescovo di Down & Connor (Belfast), delegato della Conferenza episcopale irlandese, tracciando una serie di possibili impatti della Brexit sia per l’Irlanda del Nord e per la Repubblica d’Irlanda. Tra i motivi di preoccupazione un’attenzione particolare va alle possibili battute d’arresto del processo di riappacificazione tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda. Immancabile anche per lui il tema dell’incertezza, un leit motiv che Oltremanica regnerà ancora per mesi e mesi.