Diario di Guerra /36. Una buona notizia

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Palestinesi manifestano nelle zone occupate in vista delle elezioni a Gerusalemme

Il 27 di questo mese si vota a Gerusalemme per eleggere sindaco e consiglio comunale. In queste elezioni c’è una novità: si è candidata una giovane palestinese di 33 anni nata in Israele, nella zona di Nazareth, quella da dove origina quel 20% di popolazione non ebraica di Israele. Risiede a Gerusalemme. Si chiama Sondos al Hoot.

La sua scelta merita di essere presentata, perché segna una assoluta novità. La linea palestinese è sempre stata quella del boicottaggio delle elezioni, poiché Gerusalemme est dovrebbe essere, per i palestinesi, la capitale del loro Stato. Chi dovesse lavorare con o per l’attuale municipalità, sarebbe un collaborazionista della potenza occupante.

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Dunque, questa giovane donna è riuscita a mettere insieme una lista di candidati e ha rotto un tabù. Non a caso nove candidati si sono già ritirati: ne sono rimasti solo sette, arabi con lei. Ma, a rimpiazzare e a darle sostegno, sono arrivati nove israeliani ebrei, del mondo progressista, consentendo la nascita della lista denominata Tutti i suoi abitanti.

Per Sondos la scelta non è stata facile, posto che la principale autorità islamica della città l’ha già bollata con una fatwa: non votatela! Lei, tuttavia, è andata avanti. Il suo conterraneo di Nazareth, Walid Abu Tayeh, anche lui cittadino israeliano, quindi, ha accettato di rinunciare alla corsa per la carica di sindaco, per figurare come secondo nella lista della giovane Sondos. Sta vacillando, dunque, il vecchio dogma del boicottaggio? La politica del «no» non ha certo prodotto risultati per la popolazione palestinese!

Il boicottaggio – soprattutto su Gerusalemme – costituisce, infatti, una sorta di linea rossa dei palestinesi dal 1967. Da allora hanno ragionato così: se siamo noi stessi a riconoscere gli occupanti, come potremo liberarcene? La strada che si prefigura è una sfida: propone di fare politica, nella realtà data. Si tenga conto che i palestinesi sono circa il 40% degli aventi diritto al voto. Non pochi. È gente che deve vivere. Decentemente.

Mi ha molto colpito un passaggio di un articolo di Times of Israel su Sondos al Hoot: «I quartieri arabi soffrono di un cronico sottofinanziamento e di un’incuria istituzionale, con permessi di costruzione quasi nulli per far fronte alla crescita demografica, mentre i quartieri ebraici sono in costante espansione».

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In una recente visita a Kafr Aqab – un quartiere incuneato tra Gerusalemme e Ramallah – Sondos ha raccontato che i leader della comunità locale l’hanno portata a visitare l’area più densamente popolata dai palestinesi, completamente abbandonata dalle autorità municipali.

Il quartiere è formalmente situato all’interno dei confini municipali di Gerusalemme, ma si trova al di fuori della barriera di sicurezza che circonda la città, ed è oltre un posto di blocco. Gli operatori municipali di Gerusalemme non si avventurano all’interno di Kafr Aqab, comprese le forze di polizia e gli addetti alla raccolta dei rifiuti. Di conseguenza, l’area si è trasformata in una squallida terra di nessuno, priva di illuminazione stradale, con strade e fognature non curate, accesso intermittente all’acqua corrente e ingorghi di ore sulla strada principale che porta al checkpoint.

I leader della comunità locale che, secondo quanto riferito, hanno rifiutato di farsi fotografare con al Hoot, le hanno trasmesso il loro desiderio di avere voce nel processo decisionale della città, alla luce del fatto che molti di loro non parlano neppure l’ebraico.

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Giovedì scorso, Alhoot (il cognome può essere traslitterato così ) ha presentato una petizione al Comune per istituire un seggio elettorale per i residenti di Kafr Aqab, in modo che non siano costretti a trascorrere ore in fila al checkpoint per raggiungere il luogo più vicino per esprimere il proprio voto.

Alhoot ha insistito sul fatto che un cambiamento radicale è ancora possibile il 27 febbraio. E ha sostenuto che stanno apparendo evidenti crepe nella opposizione alla sua candidatura per Gerusalemme Est, in particolare dopo il 7 ottobre».

La questione politica posta da questa giovane donna e dalla lista che ha formato è stata riassunta dal sito BNN, network indipendente di notizie:

«Contrariamente alla posizione della maggioranza, alcuni palestinesi, come Sondos al Hoot, vedono le elezioni municipali come un’opportunità, un’occasione per rivendicare servizi e diritti migliori dall’interno del sistema. In corsa per un seggio nel consiglio comunale, al Hoot rappresenta un barlume di speranza per alcuni palestinesi che desiderano miglioramenti tangibili nella loro vita quotidiana. Questo approccio, tuttavia, non è privo di critiche. La decisione di partecipare alle elezioni e di sfidare il programma del vicesindaco di estrema destra è controversa e gravida di accuse di integrazione in un regime oppressivo. Tuttavia, sottolinea una questione cruciale: lavorare all’interno del sistema può portare al cambiamento desiderato; ci si limita a rafforzare lo status quo?».

Ha aggiunto: «Questo contesto di tensione crescente e di diminuzione delle speranze di una risoluzione pacifica aggiunge strati di significato alla decisione di votare o di boicottare, rendendola un riflesso della più ampia lotta per i diritti e l’autodeterminazione dei palestinesi».

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La scelta di Sondos è arrivata anche su al Jazzera che, pur optando chiaramente per chi sceglie il boicottaggio, non ha potuto trascurarla:

«Seduta in un caffè a bere un caffè macchiato, ha detto ad Al Jazeera che la maggior parte dei residenti palestinesi di Gerusalemme Est non la sostiene. Tuttavia, è ancora motivata a candidarsi poiché il bilancio comunale di Gerusalemme, pari a 3,8 miliardi di dollari, va quasi interamente ai residenti ebrei della città».

«Vedo questo tipo di oppressione e non posso rimanere in silenzio», ha detto. Certamente parliamo di una donna coraggiosa. Porta idee nuove e di questo c’è sicuramente bisogno.

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