È possibile orientarsi verso un’etica in orizzonte ecumenico? È partita da questa domanda l’ultima tappa del cammino di riflessione proposto da Facoltà teologica del Triveneto e Fondazione Lanza a Padova nel ciclo “Dove va la morale?”. A confrontarsi su questa prospettiva, il 1° febbraio 2018, sono stati Simone Morandini (Fondazione Lanza e vicepreside dell’Istituto di studi ecumenici San Bernardino di Venezia) e don Cristiano Bettega (direttore dell’Ufficio ecumenismo della Cei). Per i precedenti incontri, cf. Settimananews (4 dicembre 2017 sull’etica protestante, 21 dicembre 2017 sull’etica evangelicale, 18 gennaio 2017 sull’etica ortodossa).
Simone Morandini: un’ecumene morale orientata all’unità nella diversità
Bioetica, inizio e fine vita, affettività e identità di genere, gli ambiti legati all’etica della persona e delle relazioni interpersonali – forse più dell’etica sociale – sono i campi etici in cui maggiormente pesano le differenti precomprensioni antropologiche e le diverse accentuazioni nella lettura del rapporto fra legge morale e coscienza individuale nelle differenti tradizioni cristiane; sono gli spazi in cui si oscilla dalla controversia al confronto al dialogo – ha osservato Simone Morandini sintetizzando il percorso fin qui fatto nei precedenti dialoghi con le etiche evangelica, evangelicale e ortodossa.
Oggi però il dibattito ecumenico – ha affermato – registra un passaggio irreversibile: un consenso crescente sul tema della giustificazione, su una lettura dell’umana esistenza nel segno della grazia e del dono, come fattori che precedono e fondano l’agire umano; anche se ciò non comporta l’affermazione autoritaria di un unico linguaggio possibile per parlarne.
In questo contesto, favorito dalla Dichiarazione congiunta siglata nel 1999 da cattolici e luterani e dal pontificato di papa Francesco, è maturata anche una convergenza su «una comprensione dell’etica come risposta grata e obbediente all’agire di Dio che salva e giustifica; dell’etica, quindi, come realtà teologicamente seconda rispetto all’agire divino».
L’etica non è cioè elemento primario nell’annuncio cristiano, che dice invece in primo luogo dell’accoglienza radicale dell’umano – proprio anche nel suo essere peccatore – da parte del Padre di Gesù Cristo, della sua giustificazione da parte del Dio di misericordia. «È importante valorizzare tale sottolineatura nel dialogo – ha ribadito Morandini –, evitando di sopravvalutare teologicamente le pur reali differenze esistenti tra le Chiese in campo morale: la gerarchia delle verità richiamata dai padri conciliari in Unitatis redintegratio n. 11 ha una sua rilevanza anche in quest’ambito».
Seconda, l’etica non è per questo secondaria: la Chiesa è anche comunità di formazione morale per le esistenze dei credenti. «La ricerca morale cattolica, dal Vaticano II in poi – osserva Morandini –, ha gradualmente superato una visione centrata sul primato unilateralmente assegnato alla nozione di legge, a favore di una più attenta al progressivo dispiegarsi dell’esperienza credente vissuta alla sequela del Signore e nella luce dello Spirito».
Nel pensiero di papa Francesco è centrale la sottolineatura della misericordia come nocciolo di ogni etica (cf. Misericordiae vultus, Misericordia et misera, Evangelii gaudium); così come sono significativi i richiami ecumenici, i temi della responsabilità e della cura, la relazionalità e la componente eco-sociale (Laudato si’), il discernimento e il bene possibile entro i percorsi affettivi (Amoris laetitia); e ancora le questioni di bioetica e l’etica pubblica (Discorso al Comitato di bioetica, 28 gennaio 2016).
Ciò che caratterizza il nostro tempo appare quindi la possibilità di una convergenza delle diverse confessioni cristiane su ciò che è davvero essenziale in ambito morale, pur nel permanere di significative differenze di accento. In questa direzione – conclude Morandini – dovrebbe guardare «un serio dialogo ecumenico sulle questioni morali, riconoscendo i tanti legittimi nomi che può assumere quel nocciolo del messaggio cristiano che è la carità, l’istanza di cura dell’altro; ricercando assieme le vie per meglio corrispondere all’altezza della vocazione in Cristo, pur sapendo che diverse potranno essere le risposte perché diverse e numerose sono le mediazioni in tale processo di ricerca e, d’altra parte, senza perdere alcune specificità che le tradizioni cristiane custodiscono».
Cristiano Bettega: verso una voce unica della cristianità?
Tra le Chiese – e anche all’interno di ciascuna Chiesa – è in atto una sorta di «dissenso reale» su temi etici, molto profondo: è un’alternanza di unione e di divisione che attraversa le Chiese. A momenti di profonda comunione, come la preghiera condivisa o gli approfondimenti di studio per i 500 anni della Riforma protestante – esemplifica don Cristiano Bettega –, si oppongono differenze in tema di ordinazione delle donne (nelle Chiese legate alla Riforma e in quella anglicana), nella posizione pro o contro l’ecumenismo (per gli ortodossi), nella distanza fra la posizione ufficiale di apertura verso profughi e migranti e ciò che molta gente, anche praticante, pensa realmente (fra i cattolici).
Una realtà comune, paradossalmente, è la sfida, che investe tutta l’Europa occidentale, di doversi confrontare con una cultura nella quale ad ogni religione viene riconosciuto un valore nella sfera privata, che però non trova nessuno spazio nella vita pubblica.
«In un’ottica di ecumenismo, e anche “solo” di coerenza pastorale – osserva Bettega –, occorre tener conto che non è automatico e scontato che la gente cristiana, che pure si identifica in una Chiesa, segua con così grande fervore ciò che gli organismi di governo pastorale decidono e propongono».
Per una Chiesa improntata alla sinodalità (come già chiedeva il Vaticano II) e quindi alla cattolicità, c’è la necessità di ascoltare realmente la vox populi (lo si sta facendo, ad esempio, per il Sinodo dei giovani). E c’è la necessità di rendersi conto che oggi i cristiani sono una minoranza: «È questa una realtà da accogliere come dono, cioè come occasione di diventare ciò che siamo chiamati a essere, “sale della terra e luce del mondo”, ossia voce critica».
Se indubbiamente è necessario cercare di essere «in-culturati», quindi inseriti nella società in cui viviamo e stare al passo con essa, dall’altra parte, è «assolutamente necessario essere “contro-culturali”, cioè saper sfidare la società e mettere in dubbio le sue convinzioni, aiutare l’uomo a rileggere le proprie scelte alla luce del vangelo, che noi crediamo essere un valore più alto e universale. Saper mettere in dubbio i valori della società civile fa parte della vocazione cristiana da sempre; è chiaro però che non ha più senso (se mai lo ha avuto) farlo ciascuno per conto proprio: più lo faremo insieme e più lo faremo anche tra noi, reciprocamente, anche sulle questioni etiche, più tutto questo sarà credibile».
Ciò che va promosso e cercato sono i «frutti di vangelo», cercando percorsi comuni tra le Chiese, anche in campo etico, su ciò che è fondamentale, nella consapevolezza che non tutto è fondamentale e quindi non tutto dev’essere comune. «La comunione verso cui siamo incamminati sarà per forza di cose parziale, imperfetta (una comunione perfetta non è mai esistita né mai esisterà nella dimensione terrena) – commenta Bettega –. Il vangelo, da cui derivano in definitiva tutte le posizioni diverse fra le Chiese, va continuamente tradotto nel linguaggio della gente e la sfida ecumenica sarà quella di tener conto di una comunità cristiana multi-confessionale ma pure multi-culturale, anche all’interno di ciascuna Chiesa».
La fatica del cercare è nel dna dei credenti, perennemente in uno stato di ricerca perché la verità è, in definitiva, una via, un cammino. Fondamentale è allora portare avanti, con fatica e impegno, con volontà e disponibilità – ha concluso Bettega –, uno studio serio e dettagliato sulle reali possibilità di incontro ecumenico. Gli ambiti che, forse più di altri, oggi stimolano i cristiani a rispondere con voce unica sono: il dialogo contro la paura (del migrante, della destabilizzazione, della crisi…), a partire dalla comune fede nella risurrezione di Cristo; il campo urgente e vasto della salvaguardia del creato; il dialogo missionario, anche sull’etica, di ogni Chiesa verso se stessa oltre che verso le altre.