Lo scorso 22 agosto si è spento a Melbourne, all’età di 93 anni, p. Gerald O’Collins. Gesuita per 74 anni e sacerdote per 61 anni, padre O’Collins è stato un teologo di rilievo internazionale. A lungo docente alla Gregoriana, dove ha insegnato le discipline teologiche per 33 anni – soprattutto la Cristologia e la Teologia delle religioni – ha ricoperto anche il ruolo di Decano della Facoltà di teologia, fino a giungere all’emeritato nel 2006. Ha pubblicato oltre 70 volumi e innumerevoli articoli specialistici. Per farne memoria, riprendiamo una intervista rilasciata nel 2015 alla rivista America in occasione della pubblicazione della nuova edizione della sua Cristologia (qui la scheda del volume nella traduzione italiana, 2016). L’intervista è a cura di Sean Salai, gesuita e collaboratore di America (qui l’originale inglese, 2 dicembre 2015).
- Prof. O’Collins, di recente ha pubblicato il seguito del suo primo libro sulla cristologia. Cosa le ha ispirato la stesura di un secondo libro sul tema?
Il mio primo libro sulla cristologia, ora in edizione riveduta da Oxford University Press, mirava a fornire a studenti e professori un insegnamento di base. Questo significava che dovevo trattare le questioni bibliche, storiche e teologiche fondamentali. Poi l’encomiabile direttore della Baylor University Press, il Dr. Carey Newman, ha voluto un libro da me e ho pensato: “Sì, vale la pena tracciare una mappa dei recenti dibattiti su Gesù, illustrare come Pietro e Paolo siano guide fondamentali per la fede in Lui e fare il punto su alcune questioni che riguardano il dialogo vitale di oggi con le altre fedi”. E così ho pubblicato il mio recente Christology.
- Di cosa tratta la cristologia e cosa è più importante che i cattolici sappiano a riguardo?
In cristologia ci chiediamo: «Chi fu e chi è Gesù?» e «Cosa ha fatto per noi e per il nostro mondo?». Le risposte che diamo plasmano il significato della nostra identità di cristiani e di cattolici. Se non comprendiamo Gesù nel modo giusto, non capiremo la Chiesa nel modo giusto.
- Nella nuova edizione della sua Cristologia, quali lezioni e insegnamenti trae dai dibattiti più recenti in questo settore?
Me ne lasci citare tre. Primo, Larry Hurtado e altri hanno stabilito con certezza che, sin dal principio, Gesù è stato riconosciuto e adorato come veramente divino. In secondo luogo, la cristologia di Jon Sobrino e di altri teologi della liberazione ha sottolineato con forza l’importanza del trasformare la società mediante la pratica della giustizia e della pace. Terzo, Hans Urs von Balthasar ha incoraggiato a riconoscere la bellezza di Cristo quale dato centrale.
- Lei è un teologo sistematico. Cosa significa e cosa distingue il suo approccio in questo campo?
La teologia sistematica ha come obiettivo quello di chiarire i concetti, di porre domande centrali e di organizzare i dati fondamentali delle fede cristiana in un tutto coerente. Sin dall’inizio della mia carriera, mi sono affidato alle Scritture e alle fonti storiche, avvalendomi dei filosofi più importanti. Inoltre, ho sempre cercato di usare un linguaggio diretto e accessibile nei miei libri e articoli. È un vero peccato che molti teologi continuino a scrivere con un linguaggio involuto che non riesce a comunicare con chiarezza.
- Recenti sondaggi dimostrano che i giovani cattolici desiderano un’esperienza di Dio che venga dalla religione e non da una serie di principi. Papa Francesco sembra rafforzare questo atteggiamento, laddove parla della fede in termini di un incontro con Gesù Cristo, che è verità. Data l’enfasi sul primato delle relazioni rispetto ai concetti, come descriverebbe il ruolo della teologia nella Chiesa, oggi?
Gran parte della teologia cattolica si avvale già oggi del supporto di un’eccellente erudizione biblica e della ricerca storica, per non parlare dei contributi provenienti dalle scienze umane e naturali. Ma la teologia dovrebbe essere più relazionale, esperienziale e orante. Ciò significa imitare i cristiani di rito orientale lasciando che lo Spirito Santo tiri fuori il meglio dalle nostre esperienze e relazioni, mettendo così la teologia al servizio del culto comune e della preghiera personale. La teologia occidentale deve ancora fare più spazio al “Dio che sta in mezzo”.
- Nei suoi cinque decenni di attività come teologo accademico, quali sono stati gli sviluppi e i cambiamenti più importanti a cui ha assistito nella teologia cattolica?
La teologia cattolica ha registrato cambiamenti radicali quando ha smesso di essere in gran parte un monopolio maschile e clericale. Sostenuta dalla crescita degli studi biblici e storici, si è generalmente lasciata alle spalle una scolastica astratta e si è unita al Beato John Henry Newman nell’ indagare come l’insegnamento della Chiesa si sia effettivamente sviluppato nel corso dei secoli. La competenza teologica è passata in gran parte dal Belgio, dalla Francia e dalla Germania agli Stati Uniti.
- Dal suo punto di vista, di cosa ha più bisogno la teologia cattolica oggi?
Spinti dalle esigenze pastorali del nostro mondo e della nostra Chiesa, troppi teologi emergenti sono riluttanti a imparare le lingue, antiche e moderne, e a impegnarsi nella ricerca richiesta dalla loro vocazione. La teologia cattolica ha più che mai bisogno di uomini e donne pronti a dedicarsi a studi impegnativi.
- Il magistero, ovvero l’autorità di insegnamento dei vescovi uniti al papa, spesso limita i teologi per ragioni pastorali, per proteggere i fedeli da teorie che sembrano troppo nuove o non sufficientemente comprovate. Quale dono offre il magistero ai teologi?
I vescovi non solo guidano la Chiesa, ma rappresentano anche un numero enorme di fedeli di ogni ordine e grado. Costituiscono una giuria a cui i teologi devono rivolgersi per verificare i risultati dei loro studi e delle loro nuove intuizioni. Il dialogo con i vescovi aiuta a garantire una teologia sana.
- Molti teologi gesuiti, soprattutto negli anni precedenti il Vaticano II, sono stati limitati nella pubblicazione e nell’insegnamento, ma in seguito sono stati riconosciuti ortodossi. Karl Rahner una volta ha persino suggerito che i teologi non fanno nulla di interessante finché non vengono censurati per un certo periodo. Quale dono offrono i teologi al magistero?
Molto più dei vescovi, i teologi hanno il tempo per leggere, riflettere e discutere. Dovrebbero offrire ai vescovi i frutti del loro lavoro e, a volte, una correzione rispettosa.
- Il suo volume sulla Trinità si intitola “Il Dio tripersonale”. Quali intuizioni chiave ha cercato di apportare alla teologia cattolica della Trinità?
Quattro domande erano importanti per stimolare le intuizioni del libro “Il Dio Tripersonale”: Cosa possiamo sapere del nostro Dio triuno? Come dovremmo adorare il nostro Dio? Cosa ci chiama a fare Dio? Cosa possiamo sperare di ricevere attraverso “la grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo”?
- Il suo libro su Gesù sacerdote sottolinea il triplice ufficio di Cristo: sacerdote, profeta e re. Quale immagine coglie questa teologia del sacerdozio di Cristo in modo più vivido secondo lei?
Una fotografia proveniente da una cattedrale copta in Egitto la quale mostra Cristo Sommo Sacerdote in gloria che stende le sue mani ferite verso l’universo.
- Negli ultimi decenni, alcuni teologi cristiani hanno riarticolato l’antico disagio nei confronti della realtà storica e fisica della resurrezione di Gesù Cristo, cercando di spiegare l’evento in termini metaforici o psicologici. Ma nelle sue opere sulla resurrezione, lei ha insistito sul fatto che le Scritture rendono impossibile interpretare la resurrezione di Cristo come qualcosa di diverso da un evento accaduto a un corpo fisico. In base alle sue ricerche, cosa c’è di sbagliato nelle teologie recenti che cercano di reinterpretare la risurrezione in termini non letterali?
Le teologie che favoriscono un’interpretazione “eccessivamente spirituale” della resurrezione di Cristo propongono la sopravvivenza del suo io personale o, ancora peggio, affermano che la “resurrezione” sarebbe solo un modo per indicare la nostra volontà di continuare a vivere all’altezza dei suoi ideali. Esse interpretano in modo errato la robusta affermazione del Nuovo Testamento secondo cui Gesù Cristo è risorto corporalmente dalla tomba per entrare in una nuova vita di gloria. Senza accettare la tomba vuota, non crediamo nel Cristo vivo e potente che trasformerà gli esseri umani e il loro mondo.
- Una sfida teologica con la resurrezione, come con molti dei miracoli riportati nelle Scritture, è che non riusciamo a spiegare con precisione come sia avvenuta. Riassumendo il suo lavoro, cosa crede che sia realmente accaduto a Gesù Cristo durante la resurrezione?
Quando Gesù risuscitò anima e corpo dai morti, la sua esistenza storica risuscitò con lui. La sua esistenza materiale è stata trasformata e innalzata oltre tutti i limiti che sperimentiamo nella vita terrena. Con la capacità umana di Cristo di relazionarsi e comunicare espressa al massimo, la resurrezione ha prefigurato la trasformazione divina che cambierà e redimerà l’intero universo creato. Questi sono solo i titoli; difficile andare oltre e aggiungere i dettagli. Dopotutto, nel parlare della risurrezione, ci troviamo di fronte all’immenso mistero pasquale che non può essere afferrato dal nostro intelletto.
- Nel suo libro The Survival of Dogma, il defunto cardinale Avery Dulles ha sottolineato che la teologia cattolica dell’Eucaristia potrebbe essere ulteriormente perfezionata oggi, ma ha aggiunto che teorie recenti come la “transfinalizzazione” e la “transignificazione” non sono riuscite a fornire alternative soddisfacenti al dogma classico della transustanziazione. A questo punto della storia del dogma cattolico, quali sono, se ci sono, i modi in cui la teologia dell’Eucaristia può svilupparsi in modo positivo, rispettando l’insegnamento tradizionale?
Il Beato Papa Paolo VI ha saggiamente osservato che “come risultato della transustanziazione, le specie del pane e del vino assumono senza dubbio un nuovo significato e una nuova finalità”. Essendo il più grande dei sacramenti e l’atto di culto centrale nella vita della Chiesa, l’Eucaristia non può mai essere facilmente definita. Mario Farrugia e io abbiamo dedicato molte pagine del volume Catholicism (Oxford University Press, rev. edn., 2015) al tentativo di un aggiornamento dal punto di vista teologico dell’interpretazione tradizionale e contemporanea dell’Eucaristia.
- Nelle Chiese cattoliche orientali, la teologia si è sviluppata in direzioni molto più vicine al cristianesimo ortodosso che al cattolicesimo romano, dando vita a una fede pienamente cattolica e allo stesso tempo completamente priva di influenze tomiste. Cosa possono imparare i cattolici di rito latino dalla tradizione cattolica orientale nella teologia contemporanea?
La tradizione cattolica orientale ha fatto tesoro del ruolo dello Spirito Santo nella vita della Chiesa e ha mantenuto un vivo senso della bellezza, divina e umana. La teologia delle icone ha molto da insegnare ai cattolici e ai teologi occidentali.
- Qual è la cosa più importante che ha imparato dalla teologia?
Nel corso degli anni ho imparato alla presenza di Dio la necessità di “vigilare sul mio linguaggio”. Noi teologi dobbiamo essere scrupolosi nelle parole che usiamo.
- In che modo la sua identità e formazione gesuitica influenzano il suo modo di fare teologia?
Gli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio, che caratterizzano la formazione e l’identità dei gesuiti, sono totalmente incentrati su Gesù. Non c’è dubbio che questo abbia influenzato profondamente la mia teologia e mi abbia portato a inserire il nome di “Gesù” nei titoli di almeno 10 dei miei libri.
- Chi è Gesù Cristo per lei?
Il compagno costante della mia vita. Gesù è colui sul quale desidero basare tutti i miei pensieri e il mio amore.
- Quando incontrerà Gesù nell’altra vita, cosa si aspetta che accada?
Mi aspetto di essere semplicemente travolto dalla bellezza unica di Cristo. Spero e prego che perdoni i miei peccati e forse persino che mi ringrazi per aver parlato di Lui nel mio insegnamento e nella mia opera.
- Chi sono i suoi modelli di riferimento nella fede cattolica, vivi o morti?
Ho trovato dei modelli negli studenti a cui ho insegnato all’Università Gregoriana che, come il beato Oscar Romero (un ex alunno), sono stati martirizzati per la pratica della loro fede: Patrick Gahizi, S.J., Suor Luz Marina Valencia Treviño e altri. Moderni buoni samaritani, si sono fatti in quattro per aiutare le persone ferite e hanno pagato il prezzo più alto per il loro amore.
- Come si prega?
I Salmi e talune frasi del Nuovo Testamento (ad esempio, “l’amore tutto sopporta”) sono ciò che maggiormente alimenta la mia vita di preghiera.
- Come è cambiata o si è evoluta la sua fede nel corso degli anni?
Quando sono entrato nella Compagnia di Gesù, pensavo troppo alla mia personale salvezza eterna. Ho dovuto imparare l’importanza fondamentale del servire con amore gli altri.
- Qual è il suo passo delle Scritture preferito e perché?
Faccio tesoro dell’inno all’amore di San Paolo in 1 Corinzi 13 e trovo che prenda vita ripetutamente quando sostituisco il nome di “Gesù” con “amore”. Dopo tutto, Egli era ed è in persona l’agapē che Paolo celebra.
- Come descriverebbe la teologia di Papa Francesco?
Papa Francesco sta cercando di mettere in pratica l’insegnamento del Concilio Vaticano II: ad esempio, il governo collegiale e la preoccupazione radicale per i poveri che il Concilio ha promosso.
- Se potesse dire una cosa a papa Francesco sulla teologia cattolica di oggi, cosa direbbe?
Per favore, incoraggi più teologi come il cardinale Walter Kasper a farsi avanti e li aiuti a farsi sentire.
- Quali rimpianti ha del passato?
Vorrei aver fatto di più per i malati, gli affamati e i carcerati.
- Quali sono le sue speranze per il futuro?
Spero che il buon Dio continui ad aiutarmi a servire gli altri negli anni che mi restano.
- Cosa desidera che le persone imparino dalla sua vita e dal suo lavoro?
Sto per pubblicare il terzo volume delle mie memorie, From Rome to Royal Park (Connor Court e Gracewing). Un’autobiografia è sempre un atto di autogiustificazione. Spero però che questi volumi possano illuminare le persone su come sono cresciute, con tutti i loro difetti, la mia vita e la mia teologia.
- Dove trova Dio più presente nella sua vita in questo momento?
Vivendo in mezzo a migliaia di studenti universitari, sia australiani che internazionali, trovo Dio nella loro voglia di vivere e nelle loro speranze per il futuro.