GP2: Arsenico e nuovi merletti (via Internet)

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La “saga” del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II prosegue, alimentata da voci interne sapientemente orchestrate.  Come sfuggire all’ipotesi (certezza?) che si tratti di una campagna orchestrata con cura?

I lettori ricordano che eravamo arrivati al 29 luglio con il Comunicato del Pontificio Istituto e la smentita dell’esistenza di una lettera con 150 firme di studenti. Ebbene, il 30 luglio i 150 studenti diventano 250; abbiamo poi un sito internet che riporta la traduzione della lettera in cinque lingue e la possibilità di firmare un appello on line. Appello che arriva rapidamente a 450 adesioni. Tutte, tuttavia, non verificabili in quanto chiunque può firmare senza filtro o controllo sulla veridicità (cf. qui il testo).

Il giorno dopo, il gruppo Aciprensa (sito multilingue) pubblica un’intervista al vicepreside padre José Granados che critica i nuovi Statuti e l’ordinamento didattico. Alla domanda: «Crede sia in questione l’identità dell’Istituto?», la risposta è «sì».

Il 2 agosto Avvenire pubblica una lettera di mons. Livio Melina, co-firmata da un gruppo di docenti, in cui si rivendica l’identità del Giovanni Paolo II ora così minacciata e si fa notare che nessuno dei docenti non rinnovati ha mai criticato Amoris laetitia o il magistero. L’ex preside del Giovanni Paolo II in particolare nota che nessuno voleva minimizzare la svolta di papa Francesco. Ma quanto scritto da lui e da altri docenti sull’esortazione va nel segno opposto, come Avvenire puntualmente dimostra nell’ampia e articolata risposta.

Parallela corre la campagna di stampa con articoli pubblicati da giornali come La Verità e Il Foglio e diversi siti internet (Aciprensa, Catholic Herald, LifeSite, per citarne alcuni), dove si attacca pesantemente la figura e il lavoro di don Maurizio Chiodi, che sarà uno dei nuovi docenti.

La difesa è affidata al silenzio del Pontificio Istituto, mentre una serie di interessanti rilievi sulla portata della posta in gioco vengono dal prof. Andrea Grillo. «Questo Istituto ha formato molte centinaia di pastori e di professori, sulla base di una lettura fondamentalistica e integralistica della tradizione matrimoniale e familiare. Salvo rarissime eccezioni, è sempre rimasto all’interno di una lettura “antimoderna” della tradizione, alimentata dai fantasmi della lotta frontale alla cultura liberale e alla “dissoluzione della famiglia” che essa vorrebbe realizzare, in ragione del suo individualismo. Si è sviluppata, così, una cultura accademica cattolica sulla famiglia e sul matrimonio che ha progressivamente assunto la figura di una “ideologia”, incapace di leggere lo sviluppo sociale, culturale, civile se non con i paradigmi ottocenteschi della “illegittimità”, della “incompetenza” e della “minaccia” per la tradizione».

Qui è il vero snodo: la cristallizzazione di un’impostazione sulla famiglia e sul matrimonio che forse oggi andrebbe rielaborata. E naturalmente nessuno dei “paladini” del Giovanni Paolo II spiega perché vogliono fare una campagna di principio contro i nuovi assetti e non entrare nel merito della sfida teologico-pastorale.

A ciò si possono aggiungere alcune domande (chi risponderà?). Ad esempio: quale cambiamento teologico culturale ha prodotto il Giovanni Paolo II in 35 anni di vita accademica? Dove si situa rispetto al dibattito italiano sulla denatalità e sul futuro della famiglia? L’Istituto sa dire solo dei “no” oppure anche dei “sì”, e quali?

E, inoltre, sul piano della logica: ogni volta che si cambiano gli Statuti o gli Ordinamenti, occorre una rivoluzione da parte di chi non è d’accordo? Per fare un esempio: la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Salesiana ha varato proprio a luglio il nuovo ciclo di licenza, con corsi che scompaiono (e relativi docenti) e altri inseriti e nuovi.

C’è stata una levata di scudi? Proprio no. Fa parte della “facoltà” di una Università aggiornarsi e cambiare, con tutti i passaggi canonici che legittimano le decisioni. Il modo offende, direbbero forse i docenti del Giovanni Paolo II non riconfermati. Forse. Ma qui è in azione un tentativo intimidatorio di limitare il progredire della ricerca teologica su un tema vitale.

Testi di riferimento sulla vicenda:

Qui l’intervista a José Granados.

Qui la lettera ad Avvenire e la risposta.

Qui il pezzo di Andrea Grillo.

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5 Commenti

  1. Fabrizio Mastrofini 8 agosto 2019
    • Angela 9 agosto 2019
  2. Angela 8 agosto 2019
  3. Angelica Ciccone 7 agosto 2019
  4. Andrea Volpe 7 agosto 2019

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