Luigi Togliani, laureato in Matematica all’Università di Bologna, è stato docente di Matematica e Fisica in un Liceo scientifico di Mantova. È attualmente membro dell’Accademia Nazionale Virgiliana e presidente della sezione mantovana della società Mathesis. È autore di oltre 30 pubblicazioni di carattere scientifico e di articoli sul settimanale diocesano mantovano. In occasione della 50ª Giornata Mondiale per l’Ambiente – dedicata in particolare alla lotta conto l’inquinamento da plastica – Giordano Cavallari gli ha sottoposto alcune domande.
Nel presentare la 50ª Giornata Mondiale per l’Ambiente dello scorso 5 giugno 2023, quest’anno dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica (#BeatPlasticPollution), il segretario dell’ONU António Guterres ha sottolineato la grave minaccia che la plastica rappresenta per l’ambiente e per gli esseri viventi.
«Ogni anno vengono prodotti oltre 400 milioni di tonnellate di plastica nel mondo, un terzo dei quali utilizzati una sola volta. Ogni anno l’equivalente di oltre 2.000 camion dell’immondizia – pieni di plastica – viene scaricato in fiumi, laghi e mari, con conseguenze catastrofiche. Le microplastiche entrano nel cibo che mangiamo, nell’acqua che beviamo, nell’aria che respiriamo. Le plastiche sono prodotte da combustibili fossili: più plastica produciamo più combustibili fossili bruciamo e trasformiamo, accentuando la crisi climatica».
- Professor Togliani, che cosa produce la plastica nell’ambiente?
I rifiuti di plastica accumulati in un’area sono considerati scarsamente reversibili e le conseguenze possono essere molto gravi e durature. L’inquinamento da plastica altera il ciclo del carbonio e il ciclo dei nutrienti, cambia l’habitat degli ecosistemi terrestri e acquatici, danneggia gravemente specie delicate o in via di estinzione, modifica le naturali relazioni tra le specie (MacLeod et al., The global threat from plastic pollution, Science 373, 61-65, 2021).
- Come vengono utilizzate le plastiche prodotte?
Il 36% serve per imballaggi e prodotti monouso; questi oggetti finiscono per l’85% in discariche o dispersi nell’ambiente. E la plastica è ancora ricavata in larghissima misura da combustibili fossili o da materie prime vergini. La produzione globale di plastica è raddoppiata dal 2000 al 2019 e potrebbe triplicare entro il 2060 (OECD, Global Plastics Outlook, 2022). Purtroppo, solo il 9% della plastica prodotta viene riciclato in modo corretto; il resto va nelle discariche, negli inceneritori e nell’ambiente.
- Dove si trovano accumulate le plastiche?
Nelle città e nelle campagne, ma anche nelle zone desertiche e ai Poli. Le troviamo pure nel cibo e nell’acqua, persino nella placenta dei neonati. L’UNEP, il Programma dell’ONU per l’Ambiente, ci dice che «le materie plastiche, comprese le microplastiche, sono ormai onnipresenti nel nostro ambiente naturale. Stanno diventando parte della documentazione fossile della Terra e un indicatore dell’Antropocene, la nostra attuale era geologica». Molti rifiuti di plastica vanno nei laghi e nei fiumi, per poi finire negli oceani: in tutto circa 139 milioni di tonnellate di plastica (stima OCSE). Si ritiene che l’80% di rifiuti marini sia costituito da oggetti di plastica e che il 50% dei rifiuti marini della UE sia rappresentato da plastiche monouso.
- Quanto costa l’inquinamento da plastica?
Nel 2019 l’inquinamento da plastica nel mondo è costato oltre 3.700 miliardi di dollari, cifra che è superiore al PIL dell’India (WWF, Plastics: the costs to society, the environment and the economy, 2021). Si stima che la plastica causi danni per 13 miliardi di euro all’anno agli ecosistemi marini mondiali; 630 milioni di euro all’anno al turismo europeo; 300 milioni di euro all’anno all’industria europea della pesca (AsviS, «UNEP: ecco come ridurre dell’80% l’inquinamento da plastica entro il 2040», 8 giugno 2023).
La plastica incide sui cambiamenti climatici e determina il 3,4% delle emissioni di gas serra. Ingenti i danni anche sugli esseri viventi; ad esempio, si stima che il 90% degli uccelli abbia plastica nello stomaco. Particolarmente pericolose risultano le microplastiche, frammenti di plastica di diametro inferiore ai 5 mm: si trovano nei vestiti, nei prodotti per la cura personale e in alcuni preparati alimentari; le microplastiche rappresentano il 12% dei rifiuti dispersi nell’ambiente.
- Che cosa possono fare i governi?
Di fronte a una simile situazione, l’esortazione a impegnarsi per sconfiggere l’inquinamento da plastica appare quanto mai urgente. A livello governativo globale ricordiamo l’impegno dell’Assemblea sull’Ambiente dell’ONU (marzo 2022) per concludere un accordo giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica entro il 2024.
Nel summit svolto in Uruguay dal 28 novembre al 2 dicembre 2022 i 160 Paesi rappresentati hanno ritenuto necessario regolamentare l’intero ciclo di vita della plastica. Dal 29 maggio al 2 giugno 2023, nella sede UNESCO di Parigi, quasi 170 nazioni hanno partecipato al vertice promosso dal Comitato Intergovernativo di Negoziazione (INC) dell’ONU per preparare l’incontro previsto in novembre a Nairobi e per stabilire norme procedurali su come approvare le risoluzioni in caso di non unanimità (basterà una maggioranza dei 2/3 dei votanti?).
Poco prima del summit di Parigi l’UNEP ha prodotto un ampio documento su come il mondo possa sconfiggere l’inquinamento da plastica nell’ottica di un’economia circolare (UNEP, Turning off the tap. How can the world end plastic pollution and create a circular economy, 2023).
Ma il vertice di Parigi non ha prodotto i risultati sperati. Forti resistenze a porre severe restrizioni sulla produzione e sull’uso della plastica vengono dai Paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che vedono tali restrizioni troppo penalizzanti per le loro economie in espansione. Su posizioni simili anche i Paesi del Golfo, grandi produttori di petrolio e, in parte, anche dagli USA, per motivi analoghi.
- E noi, che cosa possiamo fare?
Al di là di quello che i capi delle nazioni riusciranno a normare, ciascuno di noi può fare la sua piccola parte per limitare l’uso delle plastiche. Seguendo le indicazioni di UNEP possiamo impegnarci nei modi seguenti.
Eliminare l’uso della plastica non necessaria: articoli e materiali di imballaggio in plastica che, dopo il consumo, non rientrano nei sistemi di riciclaggio e di compostaggio o, dove lo fanno, risultano dannosi per questa filiera a causa del formato, della composizione o della dimensione.
Riutilizzare gli oggetti (es. bottiglie ricaricabili); usare distributori per prodotti sfusi, sistemi di deposito e restituzione, sistemi di ritiro degli imballaggi ecc. Così facendo, possiamo ridurre del 30% l’inquinamento da plastica entro il 2040.
Con il riciclo possiamo ridurre l’inquinamento da plastica di un altro 20% entro il 2040, ma bisogna che l’attività di riciclo diventi più redditizia, ad esempio togliendo i sussidi all’uso dei combustibili fossili. Occorre anche progettare adeguatamente i prodotti per migliorarne la riciclabilità. Così facendo, la plastica economicamente riciclabile passerebbe dal 20% al 50%.
Occorre sostituire involucri, buste e altri articoli di plastica con prodotti realizzati con altri materiali: carta, shopper e altri materiali compostabili. Darebbe un’ulteriore riduzione del 17% dell’inquinamento da plastica.
- Conviene passare ad un’economia circolare?
Secondo UNEP, la lotta alla plastica nell’ottica dell’economia circolare ci farebbe risparmiare 1,27 mila miliardi di dollari, al netto dei costi e dei ricavi provenienti dal settore del riciclaggio. Altri 3,25 mila miliardi di dollari verrebbero risparmiati in termini di conseguenze negative evitate sulla salute dei cittadini, sulla crisi climatica, sull’inquinamento atmosferico e sul degrado degli ecosistemi terrestri e marini.
La lotta alla dispersione della plastica nell’ambiente darebbe altri vantaggi: entro il 2040, potrebbero essere creati 700.000 posti di lavoro, anche in Paesi a basso reddito. Per farlo occorrono investimenti importanti che, tuttavia, risulterebbero complessivamente inferiori ai costi necessari per continuare a procedere col nostro attuale – aberrante – modello di sviluppo.
La plastica è utilissima, un vero e proprio dono di Dio. Eliminarla è (sarebbe) pura follia. Un piccolo esempio: nei succhi di frutta in brick hanno sostituito le cannucce di plastica con quelle di carta. Risultato? Tutto ciò che si beve ha il ripugnante sapore di cellulosa marcescente.
A tutti i lettori di buona volontà faccio questo appello: rinunciamo alla plastica monouso in ogni sua forma! Rinunciamo alla verdura imballata (compriamola sfusa!), alla coppa di gelato (meglio l’ecologico cono!), allo yogurt in plastica (esistono vasetti in vetro, molto più riciclabile). Compriamo detersivi alla spina (possibilmente biologici!), spazzolini con testina sostituibile, rasoi metallici ricaricabili. Stiamo attenti ai prodotti in carta rivestita internamente! Queste sono piccole cose, non incidono sul nostro stile di vita, richiedono al massimo di votare con il portafogli acquistando solo quei prodotti che possono essere assorbiti dall’ambiente in un tempo ragionevole.
In realtà la cosa non è così univoca: per esempio gli imballaggi in plastica permettono a molte verdure di rimanere edibili più a lungo, riducendo lo spreco alimentare