«La liturgia è per gli uomini e non gli uomini per la liturgia»: con queste parole del card. Montini si è conclusa l’intensa relazione di fratel Goffredo Boselli, docente e responsabile della liturgia nel monastero di Bose, tenutasi lo scorso 22 febbraio all’Auditorium Toniolo di Conegliano.
Boselli ha preso le mosse dal lavoro che la diocesi di Vittorio Veneto sta svolgendo attorno all’eucaristia, rivolgendo parole di plauso e di incoraggiamento per il coraggioso cammino intrapreso. Quello dell’eucaristia e del modo di celebrarla è, infatti, uno snodo decisivo per la vita della Chiesa, perché «il futuro del cristianesimo – ha detto Boselli – dipende molto dalle nostre eucaristie domenicali».
Nella sua proposta ha individuato tre necessità, vale a dire tre bisogni o tre attese degli uomini e delle donne di oggi, alle quali la celebrazione eucaristica deve saper dare risposta. Sono bisogni e attese dei credenti, ma anche di quanti sono abitati da una più ampia ricerca spirituale o di senso.
Tre necessità
La prima necessità è quella di vivere e far vivere l’assemblea eucaristica come un «luogo d’incontro reale con l’umanità di Gesù». A fondamento della liturgia, infatti, c’è la vita di Gesù Cristo: è questa umanità (i suoi gesti e le sue parole) la grammatica della liturgia stessa. Il compito che sta davanti allora è quello «di riuscire a far vedere, dietro ai gesti della liturgia, i gesti di Gesù».
Prendendo a prestito le parole del card. Martini, Boselli ha detto che «la liturgia dei vangeli è essere attorno a Gesù, nella sua vita e nella sua morte». Ed è proprio questo che è chiesto alla liturgia di oggi: essere una «liturgia evangelica», come continuazione del vangelo, che permette all’uomo di oggi di incontrarsi con l’umanità del Signore.
La seconda necessità per l’assemblea eucaristica domenicale è quella di essere uno «spazio di santità ospitale». «La nostre liturgie – ha detto Boselli – devono essere più ospitali e più inclusive: uno spazio aperto per accogliere i diversi cammini spirituali»… sull’esempio della vita di Gesù, capace di instaurare una «prossimità benevola» nei confronti delle tante persone che incontrava.
Oggi è necessario capire di più la fede di chi partecipa alle nostre assemblee: capire l’umano delle nostre celebrazioni e conoscere di più le persone che vi prendono parte.
Oggi il credente non è più l’uomo dalle certezze incrollabili di un tempo, ma una persona che desidera trovare qualcosa cui aggrapparsi: la fede oggi appare come uno sperare o «un’apertura alla speranza». Allora la liturgia è chiamata ad accogliere questa umanità fragile, che fatica a credere e cerca uno spazio in cui essere aiutata ad avere speranza. Una liturgia che sappia accogliere non solo chi ha una fede solida, ma anche chi ha fallito e cerca motivi per sperare.
La terza necessità è che l’assemblea domenicale sia anche un «luogo di missione», come è ribadito fortemente dal cammino della nostra diocesi. Si evangelizza, infatti, anche attraverso la celebrazione eucaristica, a patto che essa sia in sintonia con il modo di credere dell’uomo contemporaneo. Per questo bisogna essere consapevoli del fatto che la fede non è morta ma ha cambiato forma: «Oggi – ha ribadito Boselli – non è vero che non si crede più, ma si crede in modo diverso». Se è vero che la secolarizzazione anche in Italia è avanzata molto e che il «cristianesimo per inerzia» è finito, è pure vero che la fede continua ad esistere nella cosiddetta «terra di mezzo», che sta a metà tra la terra di chi non crede (l’ateo) e quella di chi crede (il credente praticante). La maggior parte degli uomini e delle donne di oggi abita questa «terra di mezzo».
Quattro metafore
«Come può la liturgia – si è chiesto Boselli – accogliere questa sfida che si pone alla Chiesa e al cristianesimo? Quali i criteri che la liturgia deve assumere per poter dare risposta al bisogno di senso di oggi?».
Ed ha proposto quattro metafore per dire il modo in cui la liturgia del prossimo futuro dovrà essere vissuta.
Essa potrà essere approdo per i credenti-viandanti, che trovano nella celebrazione liturgica «un porto» sicuro ogni qualvolta, nel loro peregrinare, desiderano un rifugio e uno spazio di riposo.
La seconda metafora è quella della liturgia-pozzo per le persone che stanno vivendo un faticoso cammino di conversione e sono alla ricerca di una «riserva di senso», dove soddisfare l’ardente sete e il vivo desiderio di bene che portano in sé.
La terza metafora è quella della liturgia-soglia, che rappresenta il sottile confine tra i diversi territori del credere e la possibilità di passaggio dalla «terra di mezzo» alla terra dell’incontro vivo con Gesù.
E, infine, l’ultima metafora è quella della liturgia-casa, che appartiene ai «discepoli credenti», i quali assiduamente si ritrovano attorno al loro Signore per spezzare il pane e ascoltare la sua parola.
In conclusione, Boselli ha detto che è urgente «una liturgia fedele al vangelo e fedele all’uomo di oggi», perché solo così potrà ottemperare al suo unico fine: quello di permettere all’uomo di incontrarsi con Gesù Cristo.