Moldavia, reportage da un paese in crisi

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Chisinau, stazione dei treni

La sera del 18 giugno sono partita dalla stazione ferroviaria di Bucarest, Romania, con direzione Chișinău, la capitale della Moldavia.

Mettere piede in Moldavia, o Moldova, significa viaggiare indietro nel tempo di almeno vent’anni e il mezzo che mi ha permesso di fare questo salto temporale, è stato proprio il treno che ho preso per percorrere i 400 chilometri che dividono le due capitali. Questo treno è conosciuto come «l’ultimo treno sovietico d’Europa», un convoglio risalente agli anni Settanta e costruito in Germania Est.

Esso è esattamente com’era quando è stato costruito, quando i cittadini sovietici lo utilizzavano per spostarsi da una Repubblica sovietica all’altra, e questo non perché sia un’attrazione turistica a tema «Unione Sovietica».

Chisinau © Foto di Kamila Napora

Chisinau © Foto di Kamila Napora

Antica destinazione turistica

Due cose saltano immediatamente all’occhio: in primo luogo, il fatto che i passeggeri di questo treno siano molto pochi, quasi esclusivamente pendolari che vivono in Romania e che tornano a trovare la famiglia, e qualche amante dello spazio ex-sovietico come me; in secondo luogo, il fatto che il personale di bordo parli puramente russo o rumeno, caratteristica che evidenzia come il paese non sia pronto e abituato a ricevere forestieri.

Dopo più di tredici ore di viaggio, due controlli passaporti e il cambio delle ruote del treno, si può avere il primo incontro con la città di Chișinău, ovvero quello con i grigi palazzoni di stampo sovietico, i quali sono identici ai tempi dell’URSS, e con le casette di legno, tipiche della zona, consumate dal tempo e ormai abitate quasi solamente da anziani.

Appena si esce dalla stazione ferroviaria centrale, l’unica che serve la città, la prima cosa in cui ci si imbatte è l’enorme mercatino delle pulci a cielo aperto nel quale anziani, donne e bambini, vendono qualsiasi cosa: stoviglie, medaglie dell’Armata Rossa, fotografie di famiglia… tutto per racimolare anche solo qualche centesimo, in una terra che, non a caso, è considerata come la più povera d’Europa.

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Chisinau © Foto di Kamila Napora

Proseguendo, camminando per la capitale, ci si trova dinnanzi all’Hotel Cosmos, un colosso in perfetta architettura brutalista, alto venti piani. Quest’albergo fu ideato a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, in pieno furore sovietico, e diventò il più grande del paese. La Repubblica Socialista di Moldavia, in quegli anni, era una destinazione turistica molto popolare all’interno dello spazio sovietico e per questo motivo il tasso di occupazione delle camere raggiungeva il 100%.

Dopo la caduta dell’Unione, invece, l’hotel cominciò a entrare in crisi, lavorando sempre meno e dovendo affittare alcune aree come uffici. Oggi, purtroppo, questa mastodontica struttura è abbandonata a se stessa e incarna perfettamente ciò che sta vivendo la Moldavia da trent’anni: un lento e, sembrerebbe, inarrestabile declino.

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Chisinau, Hotel Cosmos

Ma perché la Repubblica di Moldavia è diventata il paese più povero e meno turistico del continente?

Indipendenza e calo demografico

La Repubblica di Moldavia ottenne l’indipendenza dall’Unione Sovietica nell’agosto del 1991, a seguito del collasso di quest’ultima. Come tutte le altre ex-repubbliche, gli anni successivi al 1991 furono caratterizzati da una pesante depressione economica e dalla perdita delle tradizionali reti di protezione in campo sanitario e sociale.

Per questo paese, però, tale passaggio fu particolarmente doloroso: dal 1993 al 1999 la ricchezza nazionale si ridusse del 60%, portando il 73% della popolazione al di sotto della soglia di povertà, situazione agevolata dall’operato dalle élite economiche e politiche, corrotte e divise.

Questa circostanza portò a una serie di gravi conseguenze demografiche: un drastico calo delle nascite, una migrazione su larga scala della forza lavoro e un abbassamento della vita media, esito del venir meno delle strutture sanitarie dell’URSS e della fuga di cervelli, i quali scapparono prevalentemente in Romania, Russia e nel tanto sognato «Occidente».

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Chisinau © Foto di Kamila Napora

A conferma di ciò abbiamo i risultati del censimento del 29 gennaio 2023, condotto dell’Ufficio di statistica moldavo per stabilire il numero esatto di abitanti del paese, il quale ha rivelato un dato allarmante: gli abitanti della Moldavia sono soltanto 2,6 milioni, il 40% in meno rispetto a quelli del 1990, quando il numero era 4.335.360.

Dopo trentatré anni, il calo demografico è spaventoso, senza precedenti, superiore a quello degli anni della grande carestia e delle deportazioni dei tempi di Stalin. Inoltre, secondo le statistiche, un ulteriore 15,5% dei moldavi vorrebbe abbandonare il paese nei prossimi anni, per crearsi una vita all’estero, in quanto non vede un futuro in, e per, questa bellissima terra.

Una società divisa

Un altro problema della Moldavia, che non permette al paese di risollevarsi e che ne alimenta lo spopolamento, è costituito dalla complessità della sua struttura etnica e sociale, e dalla presenza di repubbliche separatiste ed entità territoriali autonome, ovvero: la Transnistria e la Gagauzia, le quali creano forti tensioni e instabilità.

La popolazione moldava, infatti, è estremamente polarizzata: una parte di essa, rappresentata perlopiù da chi abita la capitale, Chișinău, è rivolta a Occidente e molto legata alla Romania; mentre la popolazione che abita le aree rurali e la parte di paese costituita dalla Repubblica separatista di Transnistria e dalla regione autonoma della Gagauzia, è filo-russa e legata al mondo slavo.

Per quanto concerne la Transnistria, vi rimando al mio articolo precedente, nel quale parlo dei suoi rapporti con la Moldavia e la Russia e del suo ruolo nella guerra in Ucraina. In sisntesi: la Transnistria è una Repubblica separatista della Moldavia orientale, uno Stato de facto, sostenuta economicamente e militarmente da Mosca, con la quale però Chișinău non è in buoni rapporti. Infatti, tra le due entità è in corso una sorta di «guerra fredda».

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Chisinau © Foto di Kamila Napora

Oltre alla Transnistria, esiste un’altra regione della Moldavia ad aver chiesto l’indipendenza all’inizio degli anni Novanta: la Gagauzia. Questa è un’entità territoriale autonoma turcofona e filo-russa della Moldavia sud-occidentale, la quale sta lavorando per ampliare la propria autonomia e che negli ultimi mesi si sta avvicinando sempre più alla Russia, sia a livello sociale sia a livello economico.

Questa spaccatura, alimentata dai rappresentanti politici, i quali sono a loro volta estremamente polarizzati a seconda degli interessi personali, costituisce un grande limite per la Moldova, la quale necessiterebbe di una società e una leadership unita, con una visione comune, per lavorare: alla costruzione di un’economia più solida, a riforme strutturali, alla riduzione dell’inflazione e all’incentivazione del turismo e di investimenti dall’estero.

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59 Commenti

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