Repubblica Ceca: Malessere tra i cattolici

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Sulla situazione della Chiesa cattolica nel Paese, un gruppo di “cattolici”, con una parodia al limite dell’isterismo davanti al palazzo arcivescovile, rendeva noto di avere inviato a papa Francesco una lettera per chiedergli di accettare subito le dimissioni del card. Dominik Duka, che compirà 75 anni il 26 aprile 2018. Più di cento i firmatari; molti – è dato di sapere – non sono neppure cattolici; un discreto numero gli studenti e qualche ecclesiastico.

Dominik Duka è un domenicano della diocesi di Hradec Králové (Boemia orientale), di cui è diventato vescovo, poi trasferito a Praga il 13 febbraio 2010 e creato cardinale da papa Benedetto il 18 febbraio 2012. Ha conosciuto il carcere, ha sottoscritto Charta 77, molto impegnato nella difesa dei diritti del popolo cecoslovacco.

La Lettera, resa nota il mercoledì delle ceneri, è per verità molto dura, sia per quanto riguarda le accuse che vengono rivolte a Duka, sia perché ritenuto responsabile della deriva del cattolicesimo nel Paese, dovuta all’incapacità del cardinale di gestire la sua missione. Lo si accusa di andare a braccetto con i politici di turno, soprattutto con l’attuale presidente Miloš Zeman, notoriamente russofilo, nazionalpopulista, xenofobo, che diffonde nel Paese un clima di paura e di islamofobia.

Il cardinale – secondo la Lettera – è incline al nazionalismo e all’estrema destra ed è schierato a fianco di coloro che temono per la sicurezza del Paese se si aprono le porte all’immigrazione.

Altro capo d’accusa: il cardinale ama presentarsi come colui che è riuscito a concludere nel 2012 i negoziati riguardo alla restituzione delle proprietà ecclesiastiche incamerate dal regime comunista. Ne nacque una campagna ostile, che – si dice – abbia prodotto il crollo del 10% dei fedeli.

Accusato di far ritornare la Chiesa ad una istituzione di potere, fortemente strutturata gerarchicamente, la Lettera lo richiama alla semplicità evangelica, perché «gli piace usare spettacolari insegne di potere, viaggiare con un’opulenta carrozza, mostrarsi in compagnia di ricchi e potenti, specialmente davanti a obiettivi fotografici».

A papa Francesco i firmatari dicono di volere una «rivoluzione di amore e tenerezza. Al posto di una Chiesa come struttura gerarchica speriamo in una sempre più autentica comunità. Una comunità viva e amorevole, sempre disposta ad aiutare i più deboli, i feriti, le persone ai margini della società e l’intera creazione».

Lo stesso presidente Zeman, rieletto il 27 gennaio 2018, è sceso in campo per appoggiare il cardinale, inviando una lettera alla Segreteria di Stato, chiedendo al papa di non tener conto della Lettera, che – a dire il vero – è pressoché scomparsa sui mass media e non ha avuto seguito. Solo qualche sparuto commento tra il clero.

Certamente, il card. Duka è molto diverso dal suo predecessore Miloslav Vlk, il “lavavetri”, che succedette al mitico card. František Tomášek.

L’arcivescovo è più aperto verso la classe politica, non ama gli scontri, sa attendere con pazienza e proporre iniziative per una presenza più stimolante della Chiesa, soprattutto riguardo all’insegnamento scolastico.

Vlk, di cui si ricorda il primo anniversario della morte (18 marzo 2017), condusse sul suo blog un’aperta campagna ostile nei confronti di Milos Zeman candidato alla presidenza nel 2013, il quale non gliela perdonò e non partecipò alle esequie del cardinale.

Mi diceva Vlk nel 2015, ricordando il tempo del “dopo muro” di Berlino: «I pragmatici e i politici – penso a Klaus, presidente del Consiglio dei ministri negli anni ’90 e poi presidente della Repubblica – hanno emarginato la Chiesa. Hanno lavorato per tenere la Chiesa ai margini, libera sì nel suo campo, ma che non si intromettesse nella vita della società. La separazione tra Stato e Chiesa per loro deve essere totale, in tutti i campi e in tutte le istituzioni. Non ci deve essere nessun tipo di collaborazione a livello pratico. Solo separazione netta. Noi, invece, vogliamo la collaborazione, come avviene negli altri Paesi europei».

Accordo tra Santa Sede e Repubblica Ceca

Fu firmato il 25 luglio 2012 a Praga e riguarda il regolamento dei rapporti reciproci. Per la Santa Sede firmarono il nunzio Josef Ender e per la Repubblica Ceca Cyril Svoboda, vice primo ministro e ministro degli Affari esteri. All’atto parteciparono una folta delegazione della Santa Sede e un’altrettanta folta delegazione da parte statale.

L’Accordo ( 21 articoli) regola la posizione giuridica della Chiesa cattolica e delle sue istituzioni. Lo Stato garantisce alla Chiesa il libero esercizio della sua missione, soprattutto per quanto riguarda il culto, il governo pastorale, l’insegnamento e altri aspetti della vita ecclesiale. Al matrimonio canonico vengono riconosciuti gli effetti civili.

Dal canto suo, la Repubblica Ceca garantisce alla Chiesa cattolica il diritto alla cura pastorale dei fedeli che si trovano negli ospedali, nei centri di assistenza sociale, nonché negli istituti penitenziari. La Chiesa ha piena libertà di istituire e gestire opere caritative, in conformità con la legislazione civile. Le scuole cattoliche parificate, di ogni grado, vengono equiparate alle scuole pubbliche, con gli stessi diritti e doveri. Viene poi regolato l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche e favorita la collaborazione della Chiesa e dello Stato per la salvaguardia del patrimonio culturale. Infine, le due parti manifestano l’impegno a risolvere le questioni riguardanti i beni patrimoniali della Chiesa cattolica.

Questi tipi di Accordi internazionali entrano in vigore con lo scambio degli strumenti di ratifica tra le parti, ma hanno bisogno dell’approvazione previa del Parlamento in ordine alla ratifica. Il 21 maggio 2003 il Parlamento ceco negò la sua approvazione, per cui l’Accordo non è mai stato ratificato fino ad oggi.

La questione rimane pendente in attesa di tempi migliori. Fonti bene accreditate osservano che, data l’incertezza della situazione politica, non è il momento di chiedere la ratifica. Il presidente Zeman non è amato da una buona fetta del popolo e il primo ministro Andrej Babiš, sostenuto da Zeman, non gode di buona fama. Note le sue vicende di corruzione e le sue tensioni con Bohuslav Sobotka, capo del partito socialdemocratico, già primo ministro.

La restituzione dei beni delle chiese

È la famosa Legge 428/2012. Il progetto di Legge sulle restituzioni fu portato avanti dalla coalizione governativa tripartita di centro–destra presieduta dall’allora primo ministro Petr Nečas. Dopo circa vent’anni di infruttuose trattative, la Legge fu approvata dal Parlamento il 10 settembre 2012 ed entrò in vigore all’inizio del 2013.

Secondo la Legge, lo Stato ceco si impegna a restituire alle Chiese – diocesi, istituti religiosi maschili e femminili, Chiese protestanti ecc… – in totale 17 denominazioni religiose – terreni, boschi, immobili per un valore complessivo di 75 miliardi di corone ceche, circa 5 miliardi di euro, nell’arco di 30 anni. Inoltre, lo Stato dovrà compensare la Chiese con una somma di 59 miliardi di corone ceche, circa 2 miliardi di euro, per i beni che non possono essere restituiti. Lo Stato cesserà di finanziare le Chiese nel 2030, mentre per ora paga alle Chiese annualmente circa 1,5 miliardi di corone.

I firmatari della Lettera sostengono che la Legge ha influito sul declino della credibilità della Chiesa, che viene ora percepita come «avida, tirchia e manipolatrice».

Rendiamo omaggio al card. Vlk riportando quanto mi disse in una conversazione del 2015 nell’arcivescovado della capitale ceca, un elegante edificio che si affaccia sulla Piazza del Castello, a due passi dal palazzo presidenziale: «Si sta lavorando molto nelle diocesi e bene. Si fanno le catechesi, si tengono incontri, i laici aiutano moltissimo nella pastorale perché c’è scarsità di clero. Possiamo dire che la nostra forza sta nel laicato, maturo e consapevole, istruito e coraggioso. Vi sono laici che guidano comunità parrocchiali dove manca il sacerdote, dirigono la liturgia della parola, sono ministri della comunione. Certo, il lavoro non manca, sia nella Chiesa sia nella società. Adesso i beni ci vengono restituiti e noi ci sforziamo di mantenere un atteggiamento di collaborazione e non di separazione. L’ultimo censimento registrava un 29% di cattolici e un 3,5% di altri cristiani; il resto si definisce indifferente. Molti sono aperti al fatto religioso. Si può osservare una certa tendenza a cercare i valori, il senso… sì, anche a cercare Dio».

Gli sono grato, tra le tante cose, di avermi dato a České Budějovice, appena nominato vescovo, la foto che lo ritraeva “lavavetri”, che fece il giro del mondo.

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