Il 17 dicembre p. Alexander Stroobandt è stato condannato dal tribunale di Bruges (Belgio) a un mese di prigione per non aver avvisato i servizi sociali dell’intenzione di un anziano ricoverato in una casa protetta di togliersi la vita. Il proposito era stato preannunciata in un dialogo telefonico. Il tribunale ha respinto il ricorso dell’interessato al segreto confessionale, assimilandolo al segreto professionale, che non è assoluto. Il segreto professionale è regolato per legge e impone di essere violato nel caso dell’abuso sui minori e nella prevenzione del suicidio.
I vescovi sono subito intervenuti per definire i confini e i vincoli dei due distinti segreti: quello professionale e quello confessionale. Tutti gli operatori pastorali che hanno una nomina canonica o una lettera di missione dal vescovo nell’ambito sanitario sono tenuti al segreto professionale, siano preti, diaconi, religiosi o laici. Esso vincola al segreto rispetto alle confidenze ricevute ed essi sono tenuti alla discrezione rispetto alle informazioni sui pazienti che arrivassero da alte fonti. Gli operatori pastorali non devono invadere i confini di altre professionalità come i medici, gli psichiatri, gli operatori sociali, i poliziotti, i giudici e la famiglia interessata.
Nel contesto giuridico belga il segreto professionale può o deve essere violato nel caso di un minore o di una persona vulnerabile quando vi sia un pericolo reale rispetto alla sua integrità mentale o fisica. Nel caso specifico di notizie su abusi sessuali provenienti dagli attori la cosa va segnalata agli organismi di assistenza. Anche nel caso di una vittima che chiedesse confidenzialità assoluta l’operatore è obbligato a prevenire la vittima della necessità di avvisare chi di dovere. Per le decisioni più complesse è bene ricorrere, come prevede la legge, al «segreto professionale condiviso» con colleghi o accompagnatori.
I due segreti: professionale e confessionale
Altra questione è il segreto confessionale che riguarda solo i preti e che è legato alla forma sacramentale. Solo essi sono vincolati al segreto assoluto per quanto è detto nel quadro formale del sacramento che implica il pentimento, la confessione con la richiesta di perdono, l’accettazione della penitenza e l’assoluzione. Si assolve di un peccato commesso e non di una volontà di farlo in futuro. Il prete deve inoltre ben distinguere la sua funzione di consigliere e di confidente (tenuto al segreto professionale) rispetto a quella di confessore (vincolato al segreto sacramentale).
«Secondo il Codice di diritto canonico il segreto della confessione è inviolabile» (can. 982 § 1). «Ciò significa che un prete non può in nessun caso divulgare informazioni su un penitente e la sua confessione. Una confessione che non è sempre o immediatamente seguita dall’assoluzione è anch’essa sottomessa al segreto. L’inviolabilità del segreto della confessione si applica ugualmente in rapporto alle autorità civili e a quelle dei magistrati. Come abbiamo detto questa inviolabilità appartiene alla confessione sacramentale e non può essere estesa ad altri rapporti pastorali».
La confidenzialità e la discrezione sono garanzia per gli interessati e per l’intera società. Il segreto professionale e quello confessionale offrono le garanzie necessarie.
Australia e USA
Nel giugno scorso un dibattito similare ha interessato l’Australia dopo la divulgazione della Commissione reale incaricata dal governo australiano di indagare sulla piaga degli abusi sessuali. Fra le raccomandazioni suggerite, che alcuni stati hanno già fatto proprie, vi è quella di sottomettere il segreto confessionale a confini ed eccezioni nel caso di conoscenza degli abusi. Come ha fatto notare il vescovo di Canberra e Goulburn, Christopher Prowse, la richiesta non può essere condivisa dalla Chiesa perché l’abusante non confessa un crimine che non avverte come tale né al prete né alla polizia e che i sistemi di protezione civili ed ecclesiastici non hanno necessità di invadere il segreto sacramentale. (cf. Settimananews 16 novembre 2018).
Oltre 600 sacerdoti hanno protestato contro le proposte di legge, denunciando il tentativo di collegare la confessione alla cultura dell’occultamento e della difesa di casta. Si può disciplinare il segreto professionale senza intaccare quello confessionale, come già nel 2014 la diocesi di Baton Rouge ha fatto notare alla Corte suprema della Louisiana (Stati Uniti). Ma l’onda lunga degli scandali degli abusi e la non immediata evidenza presso i tribunali della differenza fra i due segreti farà riemergere la questione.