Nel precedente articolo pubblicato su Settimananews, l’autore, parroco in un’isola greca, si era soffermato sul contesto in cui vive la minoranza dei cattolici greci e sulla non facile convivenza con la Chiesa ortodossa di Grecia. In particolare, aveva sviluppato il tema della cresima con i problemi ad essa connessi. In questo secondo articolo, a tema è un altro problema spinoso: quello dei matrimoni misti tra cattolici e ortodossi a causa della differente legislazione civile ed ecclesiastica.
L’altro problema, che tocca direttamente l’esortazione apostolica, è costituito dai matrimoni misti tra cattolici e ortodossi.
Ormai l’85% dei matrimoni celebrati nella Chiesa cattolica in Grecia sono misti, con tendenza in ascesa.
Nella parrocchia che ho servito per quasi 25 anni, ho celebrato, per anni, solo matrimoni misti, e sono parecchi. Per consuetudine, almeno nelle nostre isole, Syros, Tinos, Santorini, i figli prendono la religione del padre.
I matrimoni misti
Per poter capire la nostra problematica, devo premettere alcune precisazioni sulla prassi dei matrimoni misti nella Chiesa cattolica greca.
Per le procedure burocratiche abbiamo trovato delle soluzioni pratiche, perché la collaborazione con la Chiesa ortodossa è inesistente se non impossibile.
La Chiesa ortodossa non riconosce il matrimonio cattolico come sacramento vero. La Chiesa cattolica, al contrario, riconosce il matrimonio ortodosso come valido a tutti gli effetti.
Per la Chiesa ortodossa, un matrimonio tra un/a cattolico/a e un/a ortodosso/a, celebrato solo nella Chiesa cattolica, è semplicemente inesistente. Per la Chiesa cattolica, il matrimonio tra un/a cattolico/a e un/a ortodosso/a, celebrato solo nella Chiesa ortodossa, è alla pari con il matrimonio cattolico se il futuro sposo/a di parte cattolica ha chiesto previamente la dispensa dalla forma cattolica. Chiedere però alla Chiesa ortodossa che comunichi ufficialmente l’avvenuta celebrazione, è impensabile. Un simile atto implicherebbe che la Chiesa ortodossa riconosce la Chiesa cattolica come uguale a sé e ciò è impensabile!
Esistono anche delle vie traverse per superare tale difficoltà, come, per esempio, richiedere un certificato di avvenuto matrimonio dal Comune. In questo caso, la Chiesa ortodossa è obbligata a comunicare il documento di matrimonio in ordine agli effetti civili. Ma consigliare una tale possibilità al fedele cattolico, lo farà sentire “abbandonato” dalla sua Chiesa! Che io sappia, questa formalità è stata seguita solo in due o tre casi.
Conseguentemente, si è optato per la prassi di due matrimoni: prima si celebra il matrimonio nella Chiesa cattolica e poi nella Chiesa ortodossa. Ma, dato che la Chiesa cattolica riconosce valido il matrimonio celebrato nella Chiesa ortodossa, che senso ha ri-celebrare un sacramento valido?
Alcuni metropoliti, per metterci in difficoltà, hanno cercato di invertire la prassi. È il caso del precedente metropolita di Syros. Il tutto è stato risolto con un sollevamento popolare di tutti – ortodossi e cattolici – e con un esplicito intervento governativo che temeva per la pace sociale e l’immagine del Paese all’estero. Si è tornati, così, alla prassi consuetudinaria che la sagacia popolare aveva consacrato insieme con la prassi secondo la quale i figli prendono la religione del padre.
La pietra di inciampo
E ora arriviamo alla grande pietra di inciampo. Nella legislazione cattolica il matrimonio validamente celebrato è indissolubile e si richiede un’esplicita dichiarazione a proposito. E se, per caso, si scopre, anche dopo la celebrazione, che uno dei due sposi non era tanto convinto, il matrimonio risulta invalido e quindi incapace di produrre la grazia sacramentale.
Pure per la Chiesa ortodossa il matrimonio è indissolubile, ma quando essa prende atto che un matrimonio è fallito, per economia (epiikìa), dà il permesso per ancora due matrimoni. Anzi, ha concesso allo Stato di emanare il divorzio che, in un secondo momento, viene ratificato dal metropolita locale per gli effetti religiosi.
A proposito, presso il popolo esiste questo bel proverbio: “Dio ti guardi dal matrimonio cattolico e dal digiuno ortodosso”! Nella mentalità comune dei fedeli della Chiesa ortodossa, il matrimonio non è indissolubile, dato che sanno che la propria Chiesa non solo accetta il divorzio ma dà la possibilità di celebrare ancora due matrimoni dopo il fallimento del primo. Tutti, nel celebrare il loro matrimonio, pensano che, se “qualche nodo arriva al pettine”, si potrà chiedere il divorzio allo Stato secondo il diritto e che quel divorzio statale verrà accettato e riconosciuto dalla propria Chiesa. E tutto è in perfetto ordine.
Problema
Siamo in un matrimonio misto cattolico/a e ortodosso/a: finché il matrimonio regge, tutto è in ordine; quando però il matrimonio crolla, l’ortodosso/a chiede il divorzio allo Stato, che – come si è detto – verrà riconosciuto anche dalla sua Chiesa e tranquillamente passerà a seconde nozze, celebrate in santa pace sia dai preti che dai vescovi. E, per di più, avrà il diritto ancora ad un ulteriore matrimonio religioso, se il secondo fallisse.
Quale sarà, però, il destino della parte cattolica regolarmente divorziata per lo Stato, ma che per la sua Chiesa è ancora felicemente sposata? Ricorrerà ai tribunali ecclesiastici… Ma come vi sembrerà un tribunale cattolico che interviene – è così che, in effetti, si fa – in un ambito che non è di sua competenza e in un ordine canonico che manco assomiglia al suo?…
Si dà ancora il caso che un/a ortodosso/a regolarmente divorziato/a, si incontra con un/a cattolico/a non divorziato/a e vogliono sposarsi, l’uno/a in seconde nozze, l’altro/a cattolico/a in prime nozze. Caso, questo, molto frequente ormai!
Prima soluzione: a) matrimonio in municipio, b) celebrazione del matrimonio nella Chiesa ortodossa. Questa via ormai è la prassi corrente. Con un po’ di rammarico da parte del cattolico, rammarico che però il tempo presto guarisce. E poi tutti due, nelle grandi feste, vengono a comunicarsi anche nella Chiesa cattolica.
Seconda soluzione: la posizione dell’ortodosso è del tutto normale, ma quella del cattolico? Nel migliore dei casi si deve passare per la via dell’annullamento, con tutto ciò che questa procedura comporta. Il più delle volte la parte cattolica dimentica di essere cattolica e si integra nell’ortodossia, oppure vive nell’ indifferenza.
Terza soluzione: il cattolico entra nella Chiesa ortodossa, magari con un secondo battesimo come vogliono alcuni, oppure, per i più tolleranti, con la crismazione e tutto è risolto: sia il matrimonio con divorziato, sia la comunione dei divorziati risposati… Quest’ ultima via, quella cioè di farsi ortodossi, ultimamente ha preso piede anche per alcuni cattolici con matrimonio non-misto che, dopo il divorzio, si sono risposati, in modo da poter così partecipare alla comunione eucaristica.
Di passaggio, dobbiamo, annotare che non mancano dei metropoliti ortodossi, che, in un matrimonio misto ortodosso-cattolico, prima di concedere loro la licenza per il matrimonio, chiedono sic et simpliciter al futuro coniuge cattolico di farsi ortodosso con tanto di ribattesimo, oppure solo con il rito della crismazione. Per amore di pace, alcuni cattolici nelle grandi città accettano anche questa soluzione, dicendo che, tanto, crediamo nello stesso Dio e che… l’esistenza di tante Chiese è solo questione di interessi e di potere!
Quesito: perché noi cattolici non possiamo accettare il divorzio della Chiesa ortodossa con tanto di firma del metropolita competente, come riconoscimento di invalidità, come dimostrazione del fatto che la parte ortodossa nel celebrare il suo primo matrimonio con il cattolico non escludeva il divorzio?
Abbiamo chiesto lumi a proposito a chi di dovere, ma sino ad adesso manco una “lucciolina”!
Intanto, a me frulla un dubbio in testa: in teologia ci insegnavano che, se l’ostia si deteriora tanto da non essere più pane, non è più eucaristia, perché è venuto a mancare il segno significante. Allo stesso modo, che cosa succede nel matrimonio quando viene a mancare il segno significante, quando l’amore diventa odio?