La scienza moderna e la visione dell’universo

di:

cern

Cosa ci svela la scienza moderna, in particolare la scienza fisica dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, dell’universo di cui noi  umani siamo parte? Il racconto della storia e delle caratteristiche dell’universo che la cosmologia del big bang oggi ci offre è una impresa che suscita stupore, solleva domande, consegna intuizioni ad altri saperi della conoscenza umana. Guido Tonelli, fisico del CERN di Ginevra e docente alla Università di Pisa, conferma le sue doti di brillante divulgatore in questa conferenza sul tema «La visione del mondo in cui viviamo», tenuta al seminario di studi The End of the World? Crises, Responsibilities, Hopes promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita lo scorso 4-5 marzo (cf. qui su SettimanaNews).

logo

L’origine della scienza risale, con tutta probabilità, all’epoca oscura nella quale le prime comunità umane cominciarono a confrontarsi con lo spettacolo del mondo materiale che ci circonda. È famosissimo il passo di Aristotele in cui si evoca il thaumazein, la meraviglia che provoca vertigini: «Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo».

Ma thaumazein non è solo meraviglia, è anche stupore, angoscia. Il grandioso complesso di bellezze naturali che ci circonda suscita sì meraviglia, ma anche timore, paura, perché da esso possono scaturire immani catastrofi: un’eruzione improvvisa, un’alluvione devastante o una malattia sconosciuta. Di fronte a tutto questo l’umanità, fin dai primordi, ha cercato di mettere ordine in questo scenario, insieme ostile e meraviglioso. Da qui sono nate filosofia e scienza, poesia e religione, musica e pittura e tutte le nostre più alte manifestazioni intellettuali.

Penso sia difficile separare le prime pitture sulle pareti di grotte profonde, le sequenze di simboli o animali rappresentate dai nostri lontani progenitori, dai primi tentativi di articolare un racconto. Possiamo immaginare piccoli clan che si riuniscono attorno al fuoco in quelle caverne oscure; e magari qualcuno fra loro che, accompagnato da un battito ritmato, comincia a sottrarre parole dal contesto utilitaristico nel quale venivano abitualmente inserite, conferendo loro un significato nuovo e un magico potere evocativo.

Stiamo parlando di arte e rappresentazione della realtà, ma insieme di un racconto delle origini del mondo. Un nucleo fondativo comune in cui il racconto mitologico si mescola a filosofia, religione e scienza nelle forme in cui esse hanno potuto svilupparsi, forse decine di millenni fa. Il tentativo di costruire una visione del mondo, che per lungo tempo si è sviluppato essenzialmente sul piano mitologico, e ha messo le basi delle grandi civiltà del passato, ha dato origine anche alla scienza.

***

Questa necessità di mettere ordine nella natura, organizzando una visione ordinata dei fenomeni naturali che ci circondano, sembra essere un’esigenza primordiale per qualunque comunità umana. È come se non fosse possibile costruire la più elementare delle società umane senza mettere ordine nel mondo esterno; come se l’ordine sociale che gli umani si danno per costruire le proprie regole di convivenza fosse in qualche modo dipendente dalla loro visione del mondo all’esterno della comunità. Ritrovo prove di questa connessione nel fatto che qualunque civiltà grande o piccola che sia, persino la più minuta e sperduta tribù che ogni tanto si ritrova in Amazzonia o nel Borneo, possiede un racconto delle origini.

Dar conto della nascita dell’universo, descriverne l’inizio costituisce una specie di impalcatura indispensabile. Come se non fosse possibile organizzare la società, cioè mettere ordine nei rapporti fra individui e gruppi sociali, senza mettere ordine nel mondo intero.

Questo stesso impulso lo ritroviamo nella scienza moderna. Per quanto la nostra visione del mondo sia diventata più sofisticata, estremamente articolata rispetto alle antiche mitologie, la scienza gioca ancora un ruolo molto simile a quello dei miti delle origini. La scienza è ancora oggi, in qualche modo, la base della nostra visione del mondo e ne abbiamo ancora bisogno, non solo per produrre tecnologie e strumenti necessari alla sopravvivenza della specie. Se usiamo questo asse di riferimento si comprende meglio la storia della scienza e i suoi grandi cambiamenti di paradigma. Mi limito a fare un esempio relativamente recente, torniamo indietro con la mente ai primi del Novecento. L’Europa di inizio secolo è un continente attraversato dai molti conflitti che sfoceranno nella prima guerra mondiale. Gli equilibri dei Grandi Imperi che si stanno rompendo, e poi la grande crisi post-bellica, la nascita del fascismo in Italia, la crisi del 1929, il nazismo in Germania: l’intero mondo squassato, equilibri spezzati che porteranno presto a un secondo conflitto mondiale.

In questo contesto irto di contraddizioni agisce un gruppo di menti portentose: Bohr, Heisenberg, Marie Curie, Fermi, Einstein, Planck e molti altri. Una trentina di personaggi incredibili, forse il gruppo di individui più brillanti che l’umanità abbia mai messo assieme. L’interesse di quel gruppo di scienziati non è attratto da nessuna delle questioni più urgenti che agitano la società dell’epoca. Non si occupano di trovare nuove medicine per curare le tante malattie che fanno strage di vite umane, e neppure di scoprire nuovi metodi per aumentare la produttività dell’agricoltura e strappare alla morte i milioni di persone che soffrono la fame. Quegli scienziati straordinari si occupano di cose del tutto ininfluenti, anzi, totalmente inutili. Questioni del tipo: perché un elettrone che orbita intorno a un protone non irraggia? Oppure: perché in alcuni materiali, esposti alla luce, si produce una piccola corrente elettrica? Quella trentina di persone, che discutono accanitamente nelle loro riunioni annuali a Bruxelles, in Belgio, ragionano di cose che nessuno nel resto del mondo, tranne, forse, altri due o tre individui, avrebbe potuto comprendere.

Sono menti curiose e brillanti che stanno esplorando gli angoli più reconditi della materia e cercano di capire. Ma per farlo sono costretti a sviluppare un nuovo modo di guardare al mondo, che oggi chiamiamo meccanica quantistica e relatività. Devono cambiare il pensiero dominante. Per capire quello che succede nel mondo delle distanze più minuscole, devono fare un salto di pensiero e rompere il pregiudizio che ha guidato per millenni la nostra vita quotidiana. Devono costruire una diversa concezione della materia, di spazio, tempo e velocità. Cambia tutto, e di colpo emerge una nuova visione del mondo. In quei primi trent’anni del Novecento la scienza cambia radicalmente, ma lì per lì sembra che tutto continui come prima. Oggi però siamo a distanza di tempo sufficiente per capire cosa è realmente successo in quegli anni.

***

Guardiamo alla società odierna, e confrontiamola con quella dei nostri bisnonni. È cambiato tutto.

Anzitutto, per le tecnologie che quel nuovo modo di vedere il mondo ha permesso di sviluppare. Meccanica quantistica e relatività ci hanno consegnato una padronanza totale dell’elettromagnetismo e delle altre forze fondamentali della natura: da qui ha preso il via lo sviluppo di elettronica e optoelettronica, la diagnostica per immagini, l’informatica, le nanotecnologie, l’intelligenza artificiale e molto altro. Il mondo di oggi funziona grazie a tutto questo. Nessuna società moderna potrebbe continuare a funzionare se di colpo venisse meno la capacita di utilizzare relatività e meccanica quantistica. Computer, internet, macchine a controllo numerico, tomografi a scansione, spettroscopi di massa non sono strumenti che piovono dal cielo. Nascono tutti dal lavoro di quella trentina di persone che a inizio Novecento hanno prodotto una vera e propria rivoluzione scientifica che ha cambiato in profondità il nostro modo di produrre, comunicare e interagire fra noi.

Ma tutto questo, a mio modo di vedere, è ancora secondario. Il punto che voglio sottolineare è che, per quanto incredibili, i cambiamenti che si sono avuti sul piano materiale per le scoperte scientifiche e le grandi rivoluzioni del primo Novecento, sono nulla rispetto ai cambiamenti culturali.

Per capirlo volgiamoci indietro un attimo per dare uno sguardo a tutta la cultura del secolo scorso: Kokoschka e Fontana, Schoenberg e Berio, Freud e Jung, Joyce e Musil, Pirandello e Strindberg e così via. Ecco: in una forma o nell’altra tutta la cultura del Novecento fa i conti con quel rovesciamento di paradigma scientifico. Ancora una volta, quando cambia la visione del mondo cambia tutto: cambia la società ma anche le nostre relazioni, il rapporto con noi stessi non è più lo stesso, cambia la concezione dell’Io. La famiglia, l’amore, le nostre relazioni personali sono radicalmente diverse rispetto a quelle che vigevano nell’ Ottocento. Il cambiamento profondo che produce un salto di paradigma sul piano scientifico produce un cambiamento ancora più radicale sul piano culturale. Gli uomini si organizzano in una maniera diversa, l’umanità costruisce relazioni diverse rispetto a quelle che aveva in precedenza.

Questo è un punto fondamentale perché ancora oggi la scienza continua ancora a produrre cambiamenti. Dagli inizi del Novecento ha fatto progressi enormi e alcune delle scoperte fatte negli ultimi decenni sono paragonabili a quei cambi di paradigma di cui si parlava in precedenza. Questo è il tema che mi piacerebbe sviluppare. Il meccanismo per cui la scienza cambia la visione del mondo, è un fenomeno che è ancora in corso, ed è necessario prendere coscienza di questi cambiamenti, perché da essi prenderà forma il futuro. Passerò quindi in rassegna alcune scoperte recenti; mi soffermerò su tre, per brevità.

***

Ancora a metà degli anni Venti del Novecento Einstein, e con lui gli scienziati più rilevanti dell’epoca, riteneva che l’universo intero si limitasse alla nostra galassia, la Via Lattea. Siamo nel 1925 fino ai primi anni Trenta. Persino gli scienziati che avevano concepito relatività e meccanica quantistica avevano una visione dell’universo estremamente limitata rispetto a quella che abbiamo oggi. La nostra casa erano le stelle che si vedono in cielo. Sì c’erano anche alcune nebulose, ma allora non si sapeva che erano altre galassie. Si pensava che fossero grandi nubi di polvere appartenenti al nostro universo costituito essenzialmente dalle stelle della nostra galassia.

Oggi sappiamo che la nostra galassia, popolata da circa duecento miliardi di stelle, non è che una galassia anonima, una fra le tante, di una schiera enorme di altre galassie, almeno 100 miliardi. Le dimensioni del nostro universo si sono ampliate a dismisura e il ruolo della nostra galassia in questo immenso scenario è diventate del tutto marginale. Come se questo non bastasse abbiamo scoperto che c’è un lato oscuro dell’universo, che ci è del tutto sconosciuto e nel quale è concentrata la stragrande maggioranza della massa totale dell’universo. Materia ed energia oscura dominano la composizione del nostro universo e costituiscono il 95% circa della massa totale. È francamente imbarazzante dover ammettere la profondità dell’abisso di ignoranza nel quale ci stiamo dibattendo.

Ancora più inquietante quello che abbiamo capito della nascita dell’universo. Nel 1916 Einstein aveva sviluppato la sua teoria della relatività generale. Una descrizione elegantissima dello spazio-tempo che riempie l’universo, insieme con materia ed energia, e che descrive l’andamento di quella che chiamiamo gravità. In estrema sintesi si può riassumere così. Lo spazio-tempo è curvato da massa ed energia e questa deformazione la chiamiamo gravità.

È veramente un cambio radicale nel modo di vedere il mondo a Einstein stesso non si accorse di un dettaglio, che gli venne fatto notare da un giovane scienziato belga, fra l’altro prete cattolico. Lavorando sulle equazioni di Einstein Georges Lemaître trovò una soluzione dipendente dal tempo. Andò dal grande scienziato per cercare di capire se aveva commesso qualche sbaglio. Einstein guardò e riguardò il lavoro di Lemaître e concluse che era corretto. Non c’erano dubbi. Ma pronunciò anche una frase che rimase memorabile e cioè che i calcoli erano giusti, ma la conclusione era abominevole.

Perché ci fu questa reazione, anche un po’ disordinata, del grande pensatore? Perché Einstein era ancora prigioniero di una visione aristotelica dell’universo, cioè lo vedeva come ente eterno, essenzialmente immutabile. Le conclusioni del giovane scienziato belga facevano crollare un pregiudizio millenario. Da tempo immemorabile si era pensato che la Terra fosse al centro l’universo; poi si era collocato il Sole al centro del sistema. In seguito si vedrà che il nostro sistema solare occupa una posizione piuttosto periferica all’interno della nostra galassia. Ma questi cambiamenti, che sono stati enormi, sono avvenuti in realtà all’interno di uno schema che rimaneva immutato, quello di un universo eterno e immutabile.

Quando Einstein sviluppa la relatività generale, Lemaître trova che la struttura materiale dell’universo dipende dal tempo e Hubble, un giovane astronomo, scopre che tutte le galassie si allontanano l’una dall’altra. A questo punto non ci sono più dubbi: l’Universo ha avuto un inizio, cioè spazio-tempo e massa-energia non sono sempre esistiti. Oggi sappiamo che tutto questo è avvenuto 13,8 miliardi di anni fa. Ancora una volta siamo di fronte a un cambiamento epocale che ha trasformato un modo di vedere il mondo che durava da millenni.

***

L’Universo è una struttura materiale enorme, ha avuto una nascita e probabilmente avrà anche una fine. La teoria del Big Bang, che è stata sviluppata attorno alla metà del secolo scorso, ha raccolto una tale mole di evidenze sperimentali che, alla fine, anche le perplessità più persistenti sono state superate. Ma la cosa ancora più strabiliante è quello che si è scoperto negli ultimi trent’anni.

La teoria tradizionale sull’origine dell’universo aveva in realtà un punto debole. Le osservazioni astronomiche ci dicono che questo nostro enorme Universo si sta espandendo. Ogni galassia si allontana da tutte le altre e se si immagina di guardare il film all’incontrario, c’è un momento in cui tutto si concentra in punto, la singolarità che ha dato origine a questa grande espansione. Qual era il problema della teoria tradizionale del Big Bang? Non si sapeva quale meccanismo avesse concentrato in quel punto singolare tutta l’energia e la massa dell’intero universo.

C’era cioè il pregiudizio che il nostro universo fosse un oggetto caratterizzato da un’energia enorme. Ora bisogna considerare che un semplice cucchiaino di acqua contiene una quantità enorme di energia. Per calcolarla basta moltiplicare la massa dell’acqua per la velocità della luce al quadrato e abbiamo l’equivalente in energia. Se si considera l’energia corrispondente alla massa del Sole il numero diventa mostruosamente grande; senza considerare che bisogna moltiplicare quello che si ottiene per il numero di stelle presenti nell’universo e poi aggiungere l’energia di polvere, buchi neri e stelle di neutroni, energia e materia oscura e ogni forma di radiazione.

Insomma tutto lascerebbe pensare che nell’universo ci sia un’enorme quantità di energia che doveva essere presente già nell’istante iniziale, concentrata in quella minuscola singolarità. Decine di scienziati si sono impegnati, per decenni, a identificare ogni possibile meccanismo che avrebbe potuto concentrare in quel punto questa enorme densità di energia. Ma la soluzione sembrava sfuggire a tutte le ricerche.

Alla fine, grazie alle osservazioni effettuate a partire dagli anni Settanta, è stato possibile effettuare misure molto raffinate il cui risultato ha lasciato tutti a bocca aperta: l’energia dell’universo non è enorme, come tutti pensavano, al contrario è compatibile con zero. La più sorprendente delle soluzioni era sotto gli occhi di tutti e nessuno aveva avuto il coraggio di guardarla. Con grandissima sorpresa si è preso atto che nell’universo c’è un’enorme quantità di energia positiva, dovuta alla materia che lo compone, ma è presente anche un’enorme quantità di energia negativa.

Da dove nasce questa energia negativa? Dal fatto che lo spazio-tempo, come dice Einstein, è curvato dalla massa- energia che produce la gravità, cioè l’attrazione gravitazionale fra corpi. Il Sole deforma lo spazio-tempo circostante e la Terra gira intorno a questa buca dello spazio-tempo deformato dal Sole. La Terra è attratta dal Sole, rimane legata indissolubilmente alla nostra stella, e questo stato corrisponde a una energia di legame negativa; è come se lo spazio-tempo deformato contenesse un’enorme quantità di energia negativa che impedisce alla Terra di sfuggire al Sole. Siccome nell’universo tutto si attira con tutto, l’energia negativa legata allo spazio-tempo è mostruosa.

Quando gli scienziati si sono messi a fare la somma di questi due numeri mostruosamente grandi, l’energia positiva dovuta alla massa-energia e l’energia negativa dovuta allo spazio-tempo il risultato è stato strabiliante: compatibile con zero. Cioè l’energia totale dell’universo è nulla. E qual è lo stato caratterizzato da energia nulla? Lo stato di vuoto. Quindi la teoria che ipotizza che l’universo possa essersi sviluppato dal vuoto naturalmente, spontaneamente, senza dispendio di energia è diventata la teoria oggi dominante. L’universo è un immenso «pasto gratis».

***

Oggi pensiamo che l’universo abbia avuto un’origine puramente casuale. Uno stato di vuoto può semplicemente trasformarsi in un universo materiale. Tutto nasce da minuscole fluttuazioni, che sono caratteristiche di tutti gli stati a livello microscopico: le fluttuazioni quantistiche, che sono esattamente quelle che osserviamo nel mondo delle particelle elementari e in moltissime altre situazioni. Lo stato di vuoto può fluttuare e produrre microscopiche bollicine. Una di queste fluttuazioni, attraverso un meccanismo che chiamiamo inflazione cosmica, si può riempire di materia e antimateria e dare origine a un’evoluzione che può durare miliardi di anni. Il nostro universo è ancora uno stato di vuoto, cioè un vuoto che ha subito una metamorfosi e un’evoluzione che possiamo spiegare in molti dettagli.

Questo modo nuovo di guardare alla nascita del nostro mondo materiale, è qualcosa di assolutamente inedito. Non si era mai sentito prima d’ora che il nostro universo materiale nasce spontaneamente, per fenomeno casuale, da una fluttuazione quantistica del vuoto. Questo modo nuovo di guardare al mondo non ha cambiato nulla, per ora. Ma quando i cambiamenti sono di questa portata, forse si è già messo in moto qualcosa che produrrà cambiamenti anche culturali e di relazioni fra le persone simili a quelle che abbiamo discusso nel passato.

Il secondo esempio riguarda qualcosa di molto recente, collegato alla scoperta del bosone di Higgs nel 2012. Identificando questa particella abbiamo messo a fuoco il meccanismo che permette alla materia di aggregarsi in forme stabili. Ritorniamo, per un attimo, a quegli istanti iniziali, quando dal vuoto primordiale è si è sviluppata la microscopica bollicina che ha prodotto l’universo attuale.

La ricetta per produrre un universo è molto semplice e si basa su due ingredienti ben mescolati far loro. Se riesci a fare un impasto ben organizzato di spazio-tempo e massa-energia, quello è un universo. Ma quali sono i passaggi fondamentali per trasformare quell’oggetto incandescente dei primi istanti in galassie, stelle e pianeti? Come ha fatto la materia primordiale a organizzarsi fino a permetterci di realizzare il Duomo di Firenze o la cappella Sistina? Cos’è effettivamente la materia?

Tutto è fatto di atomi, composti essenzialmente da nuclei di protoni e neutroni, attorno ai quali orbitano elettroni legati dalla forza elettromagnetica. Per esser più precisi, poiché protoni e neutroni sono fatti a loro volta di quark e gluoni, si può dire che tutto è fatto di quark, gluoni, elettroni e fotoni. Questi elementi essenziali sono tutti elementi primordiali oppure no? La risposta è no.

Quark ed elettroni sono il prodotto di una dinamica. L’universo primordiale avrebbe potuto avere una un’evoluzione del tutto diversa da quella che ha portato fino a noi. Torniamo a quella bollicina che si espande e si riempie di materia. Supponiamo di essere lì a guardare il baby-universo che è appena uscito dalla fase inflazionaria. Cosa vedremmo? Se potessimo vedere l’universo primordiale in quei primissimi istanti di vita non riconosceremmo nulla di quello che ci è familiare.

Immaginate una sfera che ha le dimensioni di un pallone da calcio. Dopo l’inflazione cosmica il nostro universo ha un diametro di circa venti centimetri. Dentro c’è già tutta la materia e l’energia dell’universo attuale ma sotto forma di un pulviscolo, una specie di nebbia incandescente, omogenea, uniforme. Un oggetto perfetto che sembra proprio l’Essere parmenideo delle prime speculazioni filosofiche. Da qualunque direzione lo si guardi si trova la stessa densità, le stesse condizioni.

Le minuscole particelle che lo compongono non hanno nulla a che fare con le particelle che conosciamo. Sono particelle esotiche, tutte uguali fra loro, prive di massa e che si muovono freneticamente viaggiando alla velocità della luce. È una specie di mini-universo perfettamente simmetrico, ma, se fosse rimasto perennemente in questo stato non avrebbe potuto dare origine ad alcuna dinamica. Quell’oggetto perfetto poteva benissimo espandersi all’infinito e continuare a rimanere così com’era e non ci sarebbero state galassie, stelle, pianeti rocciosi, animali, uomini e così via. E invece è successo qualcosa.

***

Tutto ha a che fare con il raffreddamento che consegue all’espansione. Quando sono passati solo cento miliardesimi di secondo dal Big Bang avviene una catastrofe. Abbassandosi di colpo la temperatura per via dell’espansione, una di queste particelle che è il bosone di Higgs che abbiamo scoperto al CERN qualche anno fa, si è congelato.

Attenzione, l’universo era ancora caldissimo ma lui, per scorrazzare libero, aveva bisogno di temperature ancora superiori. Appena si è scesi al di sotto della temperatura critica, il bosone di Higgs si congela e si trasforma in un campo che occupa l’universo intero. A questo punto tutte le altre particelle cominciano a interagire con questa sottile ragnatela che ne ostacola i movimenti. Interagendo in maniera differenziata con il campo di Higgs acquistano caratteristiche diverse fra loro.

Di colpo si rompe la simmetria e la perfezione e ognuna acquista una massa caratteristica. Alcune rimangono invischiate nel nuovo campo, diventano lente e sono le particelle più pesanti. Le più leggere di tutte sono i fotoni, che lo possono attraversare senza problemi e ancora oggi viaggiano alla velocità della luce.

La differenziazione ha rotto la perfezione e questo meccanismo è risultato fondamentale per produrre materia aggregata cosi come la conosciamo. Alcune di queste particelle, quelle che interagiscono poco col campo scalare, diventano i quark i più leggeri. Loro possono aggregarsi, formando strutture a tre, triplette di quark impacchettati dalla forza forte, tenuti assieme dai gluoni formano i primi protoni.

Queste prime forme organizzate sono estremamente stabili. I protoni prodotti nei primi momenti dopo il Big Bang sono ancora qui fra noi: formano i nuclei delle mie dita e del computer che sto usando. Il protone ha una vita media mostruosa, talmente spropositata che non siamo ancora riusciti a misurarla. L’universo ha una vita di 13,8 miliardi di anni. Se anche fosse vissuto un miliardo di volte di più o addirittura un miliardo di miliardi di volte di più i protoni del Big Bang sarebbero ancora lì tranquilli e beati.

La prima struttura materiale persistente che si forma sono i protoni; poi col tempo, se ne aggiungono altre. Ancora più interessante il fatto che una particella elementare negativa, l’elettrone abbia la carica e la massa giusta per potersi aggregare a un protone e formare un atomo. Ci vorranno altre trasformazioni e un lungo periodo di tempo, ma con i primi atomi si potranno formare le stelle e in quelle immense fornaci nucleari potranno nascere i nuclei degli elementi più pesanti che daranno origine ai pianeti rocciosi come il nostro.

Con la differenziazione primordiale delle particelle elementari che acquistano masse diverse interagendo con il campo di Higgs nasce la dinamica che ha dato origine a stelle, galassie e pianeti rocciosi fino a produrre quelle forme di vita animali e vegetali che hanno portato fino a noi. Ora sappiamo attraverso quale meccanismo la materia ha preso questa bellissima struttura. Possiamo riscrivere i libri di fisica. e raccontare diversamente come mai ci sono le mele o la Venere di Milo.

***

Ma poiché gli scienziati sono menti curiose, nello stesso momento in cui abbiamo fatto questa scoperta, abbiamo cominciato a chiederci se questo meccanismo, gestito dal bosone di Higgs, sia stabile. Questo equilibrio sottile che definisce la massa delle particelle e permette l’aggregazione della materia è solido o potrebbe rompersi di colpo?

La conclusione è stata, ancora una volta, sorprendente. Si tratta di un meccanismo piuttosto robusto, altrimenti non avrebbe potuto reggere per 13,8 miliardi di anni ma non è escluso che si possa rompere. La sua stabilità non è assoluta. Se, per esempio, un qualche fenomeno cosmico sconosciuto mettesse in gioco energie mostruose da qualche parte dell’universo, quello che chiamiamo il vuoto elettrodebole potrebbe di colpo crollare. Questo campo, che sorregge come un’impalcatura la struttura materiale delle cose, potrebbe di colpo crollare.

Stiamo dicendo che l’intero universo potrebbe trasformarsi di colpo in una bolla gigantesca di pura energia. Le particelle elementari tornerebbero a costituire quel pulviscolo indifferenziato dei primi istanti incapace di aggregarsi e l’intero universo subirebbe un’immane catastrofe che lo riporterebbe di nuovo a quello stadio iniziale e indifferenziato.

In precedenza si parlava dei cambiamenti di paradigma. Riflettiamo un attimo su questo punto. Per migliaia di anni l’umanità si è vista come l’elemento più fragile di uno scenario naturale immutabile. Siamo mortali fragili che vivono la loro esistenza precaria in uno scenario naturale eterno e immortale. Non a caso Sole, Terra, Luna, stelle e pianeti sono stati divinizzati. Da questo scacco sono nate le cose più belle che l’umanità abbia prodotto: l’arte e la filosofia, la scienza e la religione. Da qui è sorta la spinta a costruire opere immortali; le imprese di Achille, che preferisce essere cantato dagli aedi per millenni anziché fare una vita umile; o le grandi piramidi, tombe di faraoni che rivaleggiano con le montagne. E così via.

Ecco oggi si scopre che quella fragilità, di cui ci siamo così tanto vergognati, al punto da costituire per noi un elemento permanente di angoscia, è un tratto comune all’intero mondo materiale. La scienza moderna ci dice che tutte le forme materiali che hanno una qualche consistenza, soffrono di questa intrinseca fragilità; non c’è niente, neanche fra le strutture più imponenti, che si può sottrarre a questa legge, a questa sorta di peccato originale.

Quali saranno le conseguenze di questa nuova visione del mondo? Ci saranno risvolti angoscianti o rassicuranti? Gli umani costruiranno fra loro legami più stretti di solidarietà e di consapevolezza o prevarranno ancora di più gli elementi di aggressività e di egoismo? Sono le grandi questioni su cui anche gli uomini di Chiesa sono chiamati a riflettere.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto