Per la 16ª Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, prevista per ottobre 2023, papa Francesco ha introdotto, per la prima volta in maniera strutturata e interna al processo sinodale, di partire dal coinvolgimento del popolo di Dio.
Con una nota della Sala stampa del Vaticano del 24 aprile 2021, è stato reso noto un nuovo itinerario sinodale per la 16ª Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. La novità sostanziale è stata indicata nel “processo” – così è stato chiamato – che il Sinodo deve seguire, con tre fasi.
Lo scopo è stato così indicato: «L’articolazione delle differenti fasi del processo sinodale renderà così possibile l’ascolto reale del popolo di Dio e si garantirà la partecipazione di tutti al processo sinodale. Non è solo un evento, ma un processo che coinvolge in sinergia il popolo di Dio, il collegio episcopale e il vescovo di Roma, ciascuno secondo la propria funzione».
Nel dettaglio, si tratta di un inizio, con l’apertura del Sinodo (ottobre 2021) in Vaticano; con una fase diocesana, i cui contributi saranno comunicati alle Conferenze episcopali delle nazioni, con l’aggiunta di altri organismi (Dicasteri della curia romana, Università/Facoltà di teologia, Unione dei superiori superiore generali USG/UISG), federazioni di vita consacrata e movimenti internazionali dei laici (prima di aprile 2022).
Seguirà un consesso continentale per l’elaborazione di un Instrumentum laboris e l’indicazione dei criteri di partecipazione dei vescovi residenziali e degli altri membri del popolo di Dio.
Nell’ottobre 2023, a Roma, si celebrerà la sessione solenne del Sinodo.
Una impostazione nuova
Si tratta decisamente di un nuovo approccio, così come era stato già annunciato nel discorso di papa Francesco, il 17 ottobre 2015, in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo: «Il Sinodo dei vescovi è il punto di convergenza di questo dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa.
Il cammino sinodale inizia ascoltando il Popolo, che “pure partecipa alla funzione profetica di Cristo”, secondo un principio caro alla Chiesa del primo millennio. Il cammino del Sinodo prosegue ascoltando i pastori. Attraverso i Padri sinodali, i vescovi agiscono come autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa, che devono saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell’opinione pubblica».
Questa nuova impostazione sottolinea e garantisce maggiore partecipazione e ascolto. Mostra anche il limite dell’impostazione clericale con la quale la Chiesa tutta, ancora oggi, è organizzata.
Mentre, seguendo la dottrina del Concilio, si riconosce la dignità del battezzato, il quale è partecipe del sacerdozio comune, di fatto è negata l’esplicitazione delle funzioni di santificare, di insegnare e di governare affidata ai battezzati.
Il processo sinodale vuole essere partecipativo, ma rimane pur valido quanto il Codice nel can. 342 dichiara che il Sinodo dei vescovi è: «un’assemblea di vescovi i quali, scelti dalle diverse regioni dell’orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il romano pontefice e i vescovi stessi, e per prestare aiuto con i loro consigli al romano pontefice nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’attività della Chiesa nel mondo».
Nella catena partecipativa, sia a livello diocesano sia nazionale e internazionale, prevalgono le funzioni apicali della Chiesa (sintesi, decisioni, partecipazioni) affidati al clero nelle diverse funzioni.
Due problematiche aperte
A questo punto si innescano due problematiche; la partecipazione dei fedeli cristiani alla celebrazione sinodale; la differenza della presenza femminile-maschile.
Nella Chiesa locale la discriminazione dei fedeli cristiani è minore perché la loro partecipazione è più intensa e decisionale: si pensi ai catechisti, agli addetti ai tribunali ecclesiastici, alle Caritas parrocchiali, alle associazioni educative, ricreative, di carità.
Per accrescere la partecipazione dei rappresentanti del popolo di Dio, si possono auspicare alcuni provvedimenti fin da subito: rendere obbligatorio il consiglio pastorale, rendendo efficace quanto già previsto dal can 511: «In ogni diocesi, se lo suggerisce la situazione pastorale, si costituisca il consiglio pastorale, al quale spetta, sotto l’autorità del vescovo, studiare, valutare e proporre conclusioni operative su quanto riguarda le attività pastorali della diocesi». Quel “proporre conclusioni operative” indica un’effettiva e dignitosa partecipazione.
Lo stesso collegio dei consultori, di cui ai cann. 495 e ss., potrebbe essere pensato aperto ai battezzati, compresi uomini e donne, affidando loro impegni che affrontino questioni urgenti e strutturali della diocesi, senza doverlo lasciare strettamente congiunto con il consiglio presbiterale.
Sembrano piccoli passi, ma necessari allo spirito sinodale, espressione della comunione ecclesiale.
La stessa riflessione vale per la titolarità della parrocchia che non necessariamente deve essere attribuita a un chierico (cf. can 532) con l’impegno dell’amministrazione dei beni.
In questa direzione si affronta anche la problematica femminile-maschile.
Nel mondo civile si insiste sulla parità di genere con l’esigenza di pari presenze attive e decisionali di uomini e donne; nella Chiesa il processo di rispetto della dignità dei fedeli cristiani è in ritardo. Recentemente sono stati attivati anche nella Chiesa i riconoscimenti di alcune funzioni, ma giuridicamente tale riconoscimento è ancora insufficiente.
Immaginare un popolo di Dio che affronta i grandi problemi del mondo, tramite i propri pastori, composto per il 95% di soli maschi e chierici, per la coscienza moderna è insopportabile. Si appella alla volontà di Cristo che ha voluto gli apostoli solo maschi. Per il Dio cristiano non esistono maschi e femmine, né c’è disparità di genere.
È un problema serio che nemmeno il Concilio ha affrontato sulle conseguenze del rispetto di ogni battezzato. Per essere sinodali non si possono ridurre i fedeli cristiani al solo ascolto.
Forse un nuovo Sinodo dal tema femminile-maschile nella Chiesa e nel mondo aiuterebbe a comprendere non solo la storia della Chiesa ma anche quanto la parola di Dio e la tradizione hanno suggerito.
È bello ricordare le parole di sant’Agostino che, per l’anniversario della sua ordinazione episcopale, dichiara: «Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano» (Discorso 340), esplicitando un autentico spirito di comunione.
Viene affermato: “Nella Chiesa locale la discriminazione dei fedeli cristiani è minore perché la loro partecipazione è più intensa e decisionale” ma dove? e chi sono questi fedeli cristiani se i soli graditi a…magari da trenta anni. Grance è invece il problema della partecipazione che può rendere formale e fittizio ogni aspetto in apparenza sinodale. I convegni locali ne sono una palese dimostrazione. Manca il confronto vero anche tra i laici stessi, ecc….
Quindi il Sinodo non sarà una ‘mamma che accompagna’ come ha detto Bassetti?